Fa male certe volte

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Il vero problema è che amare troppo non è mai un bene. Simone se ne accorge quando si rende conto che per Manuel farebbe qualunque cosa. Odia rendersi conto che è così, perchè si sente dipendente. Si sente dipendente da Manuel, da quello che significa per lui. E Manuel, Manuel invece non lo vede nemmeno. Glielo ha detto chiaro e tondo. A lui piacciono le ragazze, e in fondo sapeva che quella sera era stata solo il frutto di troppo alcol.
Sì, lo sapeva, ma aveva sperato fino all’ultimo che non fosse così, che in realtà Manuel provasse qualcosa per lui.

Aveva sperato negli sguardi, nei sorrisi, in qualche abbraccio di troppo. Aveva sperato nei tocchi fugaci, superficiali, che forse potevano significare che anche Manuel aveva bisogno di toccarlo anche solo per qualche istante. Si era illuso, e forse gli aveva anche permesso di illuderlo.

Il liquido della quinta o sesta birra gli scorreva in gola, portandogli alla memoria tutto quello che era successo da quando lui e Manuel avevano smesso di picchiarsi e basta. E pensare che era iniziato tutto perché quello stronzo aveva bisogno di soldi. Chissà dove sarebbe ora Simone se non fosse mai successo niente. Se fosse rimasto con Laura e se suo padre non fosse mai arrivato a Roma; o anche solo se Manuel non lo avesse mai baciato, se non gli avesse mai concesso una speranza, anche se effimera.

Tu per me manco esisti, l’ultima pasticca che si mischiava al sapore della vodka si era portata via anche quelle parole, ricche di disgusto, di rabbia, di rancore. E Simone si mise a ridere, perchè, cazzo, era nel fottuto nulla con una busta di plastica vuota e almeno cinque birre e una bottiglia di vodka vuota ed era ancora vivo. Perchè era ancora vivo? Che senso aveva?. Si alzò a fatica, aggrappandosi alla moto. Forse ancora non aveva fatto effetto tutto quello che si era preso; aveva ancora tempo per fare una cosa.

Manuel rientrò a casa sbattendo la porta.
“Manuel, ma che è successo?”
“E che è successo ma? Succede che quel coglione di Simone non mi risponde, e che c’ha pure ragione perchè l’ho trattato così di merda che se fossi in lui manco mi guarderei più in faccia” si passò le mani tra i capelli, camminando nervosamente per casa.

“Manuel, calmati e dimmi cosa è successo” disse, indicando il divano.
“Mi confonde” si sedette, appoggiando la testa sulle sue gambe.  “Dal primo momento a me Simone ha sempre confuso. Perchè c’è stato sempre? Non mi ricordo più come si sta senza di lui, io come faccio adesso me lo spieghi? L’ho perso, l’ho perso per sempre e non posso fare niente perchè ha ragione lui, ha ragione su tutto e io sono un egoista di merda e l’ho fatto soffrire per mesi”
“Non ti ho mai visto così, sai? Gliele dovresti dire queste cose”
“E come faccio? Non ci riesco; ogni volta mi riprometto di cominciare a parlargli, di cominciare almeno a dimostrargli quanto ci tengo. E invece ogni volta finiamo per litigare, e tutte le cose belle che gli vorrei dire me le tengo per me”

Manuel lo vorrebbe urlare a Simone che è innamorato di lui. Non lo sa come, non lo sa da quando. Ma sa che è così. Sa che è felice solo con lui, sa che sarebbe bello smettere di avere paura e che con lui non ne ha. Sa che ora, però, attraverserà un momento difficile e che l’ultima persona che vuole vicino probabilmente è lui.
“L’amore non va mai tenuto per sè” gli sussurra sua madre, lasciandogli un bacio tra i capelli.
“Eh, facile pe te ch-” un urlo molto simile al suo nome lo distrasse. Si alzò di scatto riconoscendo la voce di Simone e si affacciò alla finestra.

“Manuel” continuò ad urlare il rugbista, mentre l’altro scendeva frettolosamente le scale,
“Ma che te urli, Simò, so le tre di notte. Dove sei stato fino a mo?” sussurrò, arrabbiato ma sollevato, perché nonostante tutto era venuto da lui.
“Ti volevo dire che ho fatto come dicevi tu alla fine. Mi hai detto che per te non esisto no? Beh, ti ho preso in parola. Tra un po’ non esisterò proprio per nessuno” rise, mentre l’altro lo teneva per i fianchi.
“A Simò, che cazzo dici?” gli girò il viso verso il suo, riconoscendo con orrore gli occhi rossi tipici di quelli che si impasticcavano di brutto.
“Shh, non urlare. Mi fa male la testa, Manu” lo sentì appoggiargli la testa sul petto, mentre singhiozzava silenziosamente, come spaventato che Manuel lo sentisse.

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