Troppo silenzio assorda

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Mi sveglio di soprassalto. Sudata.
Un peso alla bocca dello stomaco, opprimente; un senso di apnea di cui presto individuo la causa. Non è, come avevo temuto in un primo momento, un quanto mai prematuro attacco di cuore, è Conan, il gatto rosso a forma di vitello che condivide il mio appartamento insieme al fratello Kila, il quale ha mantenuto, forte del suo carattere polemico, la sua forma felina.

Si è acciambellato sulla mia persona con tutto il suo amore. Nove chili di amore, con esattezza. A quel punto mi sveglio, non poco stizzita, mentre lui mi guarda con sospetto. Sento spostare una sedia in cucina. Il divano che si assesta. La porta di casa che vuole aprirsi. Solita storia. Guardo l'ora sul cellulare: sono le tre. Mai che fossero le una, che so, anche le due mi andrebbero bene. Macché, figurati, sia mai. Sempre a metà nottata. Scalzo il gatto dalla mia persona e lui si lascia scivolare come morto sul fianco, guardandomi con sufficienza. 

Scivolo fuori dal letto, consapevole che tutti gli spigoli di casa mi stanno aspettando. Mi avvio verso la porta di camera, primo spigolo, quello del letto. Poi tocca al mobiletto di mia madre.
Mi arrendo e accendo la luce; anche stavolta non sono riuscita a dimostrare ai miei gatti che anche io vedo al buio. Mentre mi avvio verso il bagno la sedia della scrivania arretra con un movimento casuale.

Esco dal bagno, mi avvio verso la cucina. Seduta sulla sedia c'e una signora corpulenta, uno sguardo sereno e gentile, sebbene un po' smarrito. 

"Buonasera", dico

"Buonasera signorina - fa lei timorosa- lei è la tenutaria?!" Ci metto un istante a rispondere, non è che alle tre di notte abbia questa prontezza...mi ci vuole una mezz'oretta buona. É che loro hanno poco tempo, ma soprattutto diverse identità temporali

"Sì, cara Signora" mi guarda imbarazzata. Si guarda intorno un po' nervosa; esamina attentamente il tavolo, poi mi dice con un sorriso incerto 

"Mi scusi davvero signorina, mi rendo conto che le parrà inverosimile, ma ecco vede io ero in camera mia quando ho sentito un rumore, così sono uscita sul ballatoio con la candela per vedere cosa fosse, e devo essere sincera, mi è sembrato di aver sceso le scale, ma non ho ricordo di come sia giunta qui. Temo di poter essere sonnambula. Sono mortificata, ma le assicuro che non sono una malintenzionata" si ferma a prender fiato e mi guarda un po' spaurita. 

Sorrido rassicurante "ma certo signora, un caffè?! Del te?! " 

La signora espira rumorosamente come liberata da un enorme peso "Grazie grazie, un tè andrà benissimo. Senta, non mi giudichi troppo sfrontata ma...lei qui è la sola proprietaria? Voglio dire.." 

Capisco cosa vuole dire. L'ho capito quando ho visto il suo abbigliamento. Quando le epoche si sovrappongono è sempre complicato. Ormai sono diventata maestra nell'antica arte della menzogna.

"Oh, no certo" la signora pare sollevata

"Certo, mi scusi che domanda sciocca, sa l'ansia mi ha reso timorosa" le do corda mentre il bollitore brontola sul fuoco

"No, non si preoccupi, la domanda è lecita, dato la situazione. Io vivo qui con il mio consorte, ma egli è in viaggio di affari e io bado alla casa e ad i servitori" la vedo contenta. Quando c'è un uomo sono sempre contente. Si sentono al sicuro.

"Crede che abbia sognato sì?! Siamo molto lontani da casa mia?" 

Eccoci. 

"Dove si trova la vostra abitazione?!" chiedo dolcemente

"Oh, non posso aver camminato tanto. Io ho la mia villa qui, negli Hamptons" risponde sicura

Ecco, appunto. "Ma certo, che sciocca". Pure stranieri adesso. Ed io in geografia ero una frana. Oddio, l'aria da americana benpensante la aveva eh. Guardo l'orologio. Manca poco. 

"Beh, adesso beva un bel te caldo, poi uno dei miei servitori la accompagnerà a casa" noto che il suo sorriso si fa incerto, succede sempre verso la fine. Notano il tavolo che, sebbene non lo sia, sembra metallo. L'orologio alla parete che sembra sciogliersi. Il mobile moderno con piano in acciaio e coltelli colorati e le sedie stilizzate e non certo di legno. Poi notano il lampadario e, per ultima, me. Pigiama di felpa con pantaloni, capelli corti rosso fuoco. Ciabatte con strani disegni. 

"Oh, no, non si preoccupi. Non sono un bandito, non sono una folle e lei si trova al sicuro. Vede, cara, lei è qui mentre aspetta il momento" mi guarda con crescente timore 

"Lei mi ha detto di ricordarsi di aver sceso le scale" annuisce incerta.

"Poi si è trovata qui" ancora annuisce "quel che non si ricorda è che probabilmente è scivolata ed ha battuto la testa, il collo o altro ancora". 

Lascio che il silenzio la conduca dove deve. Sgrana gli occhi e si ferma senza respiro, sembra una bambola...poi mi guarda. Adesso è solo occhi. 

"Io...io sono...morta?". La guardo. 

"Morta morta? Ma non è possibile io...scendevo le scale..." guarda davanti a sé concentrata "adesso mi ricordo! Si era aperta la finestra e pioveva e io...pioveva" prosegue ora mormorando "pioveva e il pavimento era bagnato e sono scivolata" mi guarda attonita 

"E sono morta così? Sono semplicemente scivolata?" annuisco piano "e allora come..cosa faccio qui? Hai detto che aspetto, ma aspetto cos..." finalmente capisce.

"E tu chi sei" mi chiede "un angelo?"

Sorrido. 

"Niente di più lontano cara. Io sono una persona, come lei, che ha avuto la malaugurata sorte di avere qualche decimo in più, come mi piace dire, quindi diciamo che per questo motivo mi è stato gentilmente chiesto, sempre se così vogliamo dire, di tenere compagnia a chi capita nei paraggi mentre aspetta. Cosa non lo so. Ad un certo momento il mio gatto arriva, miagola e voi, beh semplicemente sparite".

"E chi glielo lo ha chiesto?"

"Oh in realtà nessuno me lo ha chiesto in modo esplicito. Arrivate, sostate e andate. Spesso siete tristi e confusi. Altre volte non mi vedete. Altre cercate di afferrarmi, come fossi un fantasma" 

Sorrido di nuovo.

"E non avete paura?"

"Voi ne avevate quando vi siete ritrovata qui?"

"Sì moltissima!!!"

"Ecco, io all'inizio avevo sempre paura. Poi ho capito che avevate più paura voi è che io potevo fare qualcosa. L'unica cosa antipatica è che arrivate sempre di notte, e così io dormo molto poco".

"Poverina! E riuscite a riposare lo stesso?" chiede premurosa.

Arriva Conan il ciccione e mentre miagola io dico sorridendo "Sì, perché alla fine ho scoperto che troppo silenzio assorda". Il bollitore fischia e lei è andata. Mi piaceva. Guardo Conan e gli faccio una linguaccia 

"Quelli simpatici li potreste lasciare qui un po' di più"

Mi guarda con un' espressione eloquente 

"Umani, limitatevi ad essere carini e coccolosi, lasciate le faccende da grandi ai grandi "

Se ne va con la sua camminata dondolante alla John Wayne ed io bevo il mio caffè in compagnia del mio libro, aspettando il prossimo. Sperando di poter semmai riposare almeno un paio d'ore prima della mattina

Spiriti e vecchie candeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora