L'ultima notte dell'anno

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«Che ci fai qui fuori da sola? Mancano dieci minuti a mezzanotte.»

Regina non si voltò nemmeno, lo sguardo rivolto al suo albero di mele, per la precisione al ramo che qualche anno prima era stato reciso dalla stessa donna che adesso le stava accanto. Il melo era guarito, ma sul legno erano ancora evidenti le zigrinature lasciate dalla sega elettrica.

«Potrei chiederti la stessa cosa.»

Sentì il profumo di Emma invaderle i sensi, dolce e delicato, e se la ritrovò accanto.

«Non ti trovavo.»

«E perché mi cercavi?»

Era cresciuto un sottile strato di muschio sul ramo mozzato. Faceva risaltare i segni curvi lasciati dalla potatura.

«Perché tutta la nostra famiglia è lì dentro, pronta per festeggiare.»

Regina inarcò un sopracciglio.

«La nostra?»

Con la coda dell'occhio vide Emma sorridere.

«Per quanto tu non voglia ammetterlo è la nostra famiglia Regina, ne fai parte.»

Regina si girò verso di lei, cercando di nascondere il sussulto del suo cuore. Non era sicura di riuscirci con Emma. Lo Sceriffo riusciva a leggerle dentro come nessuno aveva mai fatto, ed era terrificante. E bello. Dannatamente bello.

«Sono sempre stata sola» ribatté. Anche perché far parte della famiglia di Snow non era mai stato nei suoi progetti. Certo, ora era diverso. Ora c'era Emma, che continuava a sorriderle, a guardarla negli occhi.

«Lo so» disse lo Sceriffo, e se anche Regina non avesse saputo nulla di lei, se l'avesse incontrata per la prima volta in quell'istante, avrebbe visto in quello sguardo quanto fosse vero. Quanto Emma la capiva, nel profondo, come nessun altro. «Anch'io, finché un ragazzino di dieci anni non mi ha portato qui.»

Regina sentì un angolo delle proprie labbra incurvarsi verso l'alto.

«L'inizio del mio incubo.»

Emma abbassò lo sguardo e Regina tornò a guardare l'albero, chiedendosi se non avesse esagerato. Emma la capiva al volo, ma, spesso, lei non riusciva a comprendere le emozioni dello Sceriffo. Sembrava fatta d'acciaio, indistruttibile, eppure a volte bastava una parola sbagliata per ferirla profondamente.

«Solo perché avevi paura» sussurrò Emma, interrompendo le sue elucubrazioni. Regina rimase in silenzio. Sapevano entrambe che Emma aveva ragione, non c'era bisogno di dire altro. «Non mi dirai che sei ancora arrabbiata» chiese d'un tratto la Salvatrice, facendo un cenno verso il melo. Regina non perse l'occasione di lanciarle uno sguardo di fuoco.

«Certo che sì, l'hai distrutto.»

Emma sospirò.

«Non esagerare, l'ho solo potato.»

«L'hai distrutto.»

«È più forte adesso.»

Regina esitò, sorpresa e colpita.

«E tu che ne sai? Sei diventata un'esperta?» le domandò con un accenno di scherno nella voce.

«Sono un'esperta di cose distrutte.»

Regina tornò a guardarla, gli occhi accarezzati dalla fioca luce della luna che sembravano illuminarsi del suo bagliore argenteo. Emma la vide rabbrividire, le braccia strette in un abbraccio solitario. Il vestito rosso che indossava, per quanto fosse meraviglioso e adatto, probabilmente, alla serata degli Oscar, era decisamente inappropriato per l'inverno gelido di Storybrooke. In un secondo si tolse la giacca per poggiarla sulle sue spalle, ignorando l'aria fredda che filtrava attraverso trama del suo maglione bianco. Regina inarcò un sopracciglio.

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