Questo testo risale al 2017, ho deciso di continuarlo anni dopo. Buona lettura.
Pioveva a dirotto da giorni, era imminente l'arrivo dell'autunno.Non erano solo gli alberi dai colori rossastri, era l'accorciarsi delle giornate, l'inizio della scuola e il clima, sempre più freddo e scuro. Il sole non scaldava più le mie guance, mi ricordava la sua presenza solo con un flebile bagliore.La città aveva perso quel fascino che si crea nelle piú calde giornate d'agosto, quando è vuota e camminando nelle strade senti solo il tuo respiro.Il tempo delle vacanze era scorso rapido, gli amori estivi erano finiti e la gente si riversava nelle città, con una malinconia celata da un illusorio ottimismo nei confronti dei mesi successivi.
Era l'alba, non avevo dormito.C'erano dei pensieri che non me lo permettevano, non riguardavano belle cose.Ascoltai un po' di musica cercando di distrarmi, ma non mi aiutó.Non sapendo cosa fare mi alzai e bevvi un caffè.Guardandomi allo specchio, vidi i miei occhi spenti, neri e tristi,i capelli anch'essi neri e lisci.Mi sedetti alla scrivania, iniziai a disegnare, a fare qualche schizzo, ma le immagini che mi tornavano alla mente mi ricordavano brutti avvenimenti, e raffigurarli non mi avrebbe aiutato.Ritornai a letto.Ero triste, e non era quella malinconia passeggera che mi coglie talvolta, era un senso di vuoto di cui ormai da mesi non riuscivo a liberarmi e rendeva ogni giornata un supplizio, mi impediva di dormire e di sfuggire dalla realtà, ogni cosa che facevo mi ricordava ciò che era successo. Avrei voluto sfogarmi ma ogni volta che provavo a parlare mi agitavo al pensiero, neanche Grace sapeva...
Mi alzai, dalla sala proveniva un aria gelida, quelle che si sentono nelle giornate di pioggia, il freddo entra in profondità, come se avessi il corpo trafitto da mille lame.
Rabbrividii e chiusi la porta della stanza.Lentamente andai in direzione della scrivania, c'era sopra il mio quaderno, i miei schizzi erano confusi, calcati, come se cercassi di sfogare la mia rabbia su un foglio di carta, un tentativo prevedibilmente fallimentare e frustrante.Tolsi la vestaglia, sentii un ondata di gelo percorrermi il corpo.Per un'ora sarei dovuta essere a scuola.Mi vestii, misi un po' di mascara e uscì. L'aria pungente del mattino mi destò dal mio torpore, alzai il cappuccio della felpa e infilai le cuffie, without me di Eminǝm mi tranquillizzò.
Respirai l'aria dell'autunno, aria fredda, aria umida.Mi ricordava alcuni momenti dello scorso autunno, mi ricordava la mia serenità, quando ancora nulla era accaduto.
Arrivai a scuola, entrai nel cortile.
I soliti muri graffitati, il solito odore di erba, la solita musica, la solita gente.Un tempo mi sembrava tutto così splendido, ma ora era banale e insignificante.Seduta sugli scalini c'era Grace, stava fumando insieme a due ragazzi.
"amore ciao" mi disse sorridendo, mi abbracciò, uno di quegli abbracci profondi che ti fanno sentire in pace per qualche secondo, ti fanno dimenticare tutto, che emanano amore.
Ne avevo bisogno, di Grace, dei suoi abbracci, avevo bisogno che mi stesse vicina, ora più che mai.
Il nostro rapporto non era definito, era confuso e selvaggio, per questo funzionava .
La osservai, aveva uno sguardo preoccupato anche se tentava di mascherarlo.
Io ero cambiata dall'ultima volta, ero pallida e le mie occhiaie erano fin troppo segnate, mi sporgevano le ossa, avevo quello sguardo, quello che lei riconosceva sempre, che gridava aiuto, e io sapevo, che lei era unica, lei mi capiva.
Notai che i suoi occhi erano lucidi, l'azzurro chiaro mi ricordava un ghiacciaio, ma lei era anche piena di amore, aveva un ardore, era speciale.
mi strinse a se come se fossi stata una creatura rara e delicata.
"ti va se facciamo un giro?entreremo più tardi".
Annui in silenzio.
Grace era più alta di me, e quando mi abbracciava mi sentivo al sicuro, sentire il suo lento respiro, il suo profumo al miele, quasi impercettibile.Mi calmava e rendeva tutto perfetto per qualche attimo.
Iniziammo a camminare, ascoltando un po' di musica.
"Mi sei mancata"
"anche tu" mi tolse la cuffia e mi cinse da dietro, mi girai a guardarla, sentivo la sua dolcezza, era perfetta, sensibile e comprensiva.Voleva aiutarmi, ma neanche lei sapeva come venirne a capo.
Raggiungemmo un parco, era grande, con una moltitudine di alberi, le foglie erano spostate da un vento leggero, c'era odore di pioggia, mettemmo le felpe a terra e ci sdraiammo sul prato, mi accese una sigaretta.
E restammo li, ad ascoltare i nostri respiri, il battito dei nostri cuori e a goderci quel momento, dove eravamo solo noi due, i nostri sentimenti e i nostri pensieri.
Si girò verso di me, inizio ad accarezzarmi i capelli
"sei stupenda"
sorrisi, ci avvicinammo, i nostri nasi si toccarono, mi guardò negli occhi, e io vidi i suoi, erano occhi tristi, e profondi, quello che aveva passato, era racchiuso nel suo sguardo, bastava solo osservare.
"è ricominciato tutto vero?" mi chiese.
Tremai, non era per il vento o per l'erba umida, era una sensazione forte, era un vuoto, come se tutto ciò che era successo fosse stato amplificato da quella frase, è ricominciato tutto, tremai di nuovo.
"amore, hai freddo?" mi strinse a se
"Io, n..."
non trattenni le lacrime, senti il suono delle mie parole spezzato dal pianto e scoppiai.
"Perché piangi?"
"Io" mi asciugai gli occhi"io non riuscivo più a tenermi ogni cosa dentro, non sai quante volte mi sono negata il pianto per apparire forte.Quante volte sono stata schiava della mia mente, io non posso decidere, mi sento così priva di vita.Vorrei uscir...." chiusi gli occhi, e scesero altre lacrime, fredde e umide, quelle lacrime erano i miei fallimenti, i crolli e tutto ciò che non riuscivo a sfogare, inumidivano il mio viso, cadevano sull'erba e si mischiavano alla rugiada.Erano mattoni, che portavo nel cuore, erano un peso di cui lentamente mi liberavo.E Grace mi accarezzò le guance e scaldò le mie mani gelide,
lei stette con me quando nessuno si era mai curato di aiutarmi,
mi liberò il cuore da un po' di dolore rendendo la mia esistenza meno infernale.