Da quando Simone e Manuel avevano iniziato a frequentarsi, l'armadio del primo aveva iniziato a svuotarsi in maniera consistente.
Il punto era che il moro sapeva fin troppo bene chi fosse il ladruncolo che sgraffignava sempre dal suo guardaroba.Suddetto ladruncolo, per giunta, era seduto sul suo letto scompostamente e lo guardava con un'espressione angelica di chi deve chiedere un favore, fin troppo simile a quella supplichevole del gatto con gli stivali in Shrek.
Sospirò, già rassegnato, "Sì" si limitò a dirgli.
Manuel, però, aggrottò le sopracciglia, "Ma nun t'ho detto niente" obiettò, confuso.
"Mi devi chiedere qualcosa. Io lo so, tu lo sai. Ed in più sappiamo entrambi che faccio schifo a negarti qualcosa. Quindi sì."Ci fu qualche istante di silenzio, "Se te chiedo 'n viaggio a Montecarlo, quindi me ce porti?"
Simone gli lanciò un'occhiata bieca, "Se fosse nelle mie possibilità economiche, ti direi di sì. Per il momento accontentati di qualcosa che rientri nelle mie finanze, cortesemente."
Una risata, "Simò, ma come parli?"
Un sorriso, "Fatti i cazzi tua."E rimasero lì, a guardarsi negli occhi, a sorridersi.
A dirla tutta, Simone si sentiva un po' scemo a guardare il più grande e sentire il cuore esplodere e le ginocchia tremanti. Si sentiva come un vitellino che muoveva i primi passi."Comunque, cos'è che ti serviva?"
"Se m'aiuti pe' 'sto compito de fisica, che te giuro nun c'ho capito 'n cazzo."
Il moro avrebbe solo voluto schiaffarsi una mano sulla fronte, "Manu?"
"Eh?"
"Il compito è domani. Alla prima ora."
"Davvero?"
"Davvero."Ci fu qualche istante di silenzio, in cui Manuel si fermò a guardare il vuoto, come se avesse preso in considerazione l'idea di manipolare il tempo stesso. Poi, scrollò le spalle, "Ma te m'aiuti 'o stesso, vé?"
Sospirò, "Certo che ti aiuto."
"E se nun me ricordo qualcosa, me fai copia'?"
Simone alzò gli occhi al cielo, cercando di trattenere una smorfia divertita al tono melenso del suo ragazzo, "Se serve, ti faccio copiare, sì. Ma voglio comunque che studi oggi, perché, se mai ci spostassero da una parte all'altra della classe, voglio che tu riesca a prendere un bel voto comunque."Il maggiore aveva un sorriso così luminoso che avrebbe potuto illuminare tutta Roma, se solo avesse voluto, "'O sai che sei er mio ragazzo preferito, vé?"
Il più alto inarcò un sopracciglio, "Ci sono altri tuoi ragazzi, perché?"
Una scrollata di spalle ed un sorriso che suo padre avrebbe chiamato paracula, "No" rispose con semplicità, "Ma anche se ci fossero, il mio preferito saresti comunque tu."Non riuscì a non ridere. Non riuscì a non baciarlo.
Simone si ritrovò a sovrastarlo sul letto, mentre gli baciava il collo, mentre le mani avevano superato lo strato di vestiti, toccando la pelle bollente.
Quegli abiti che aveva indosso gli stava enormi.
Non riuscì a non ridacchiare, contro la pelle del suo collo.
Manuel, che aveva già intrecciato le gambe intorno al busto dell'altro, si scostò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, guardandolo dubbioso, "Che c'è?" gli chiese, piano, mentre lo avvolgeva anche con le braccia.C'era questa cosa abbastanza buffa, che il maggiore perdeva tutta la sua aria da stronzo, quando facevano qualcosa di anche solo vagamente sessuale.
Sembrava che si aggrappasse a Simone con tutte le sue forze, quasi con paura che gli scivolasse dalle mani. Quest'ultimo la trovava una cosa molto dolce, in realtà, ma cercava, con i gesti, di fargli capire che non se ne sarebbe andato per niente al mondo.Il moro mantenne un sorriso divertito, ma scosse la testa, "Niente, sta' tranquillo."
"Ma mo vojo sape'" protestò, con lo stesso tono di un bambino capriccioso.
"È che ci navighi, nei miei vestiti. Sei buffo."
"Nun so' buffo. Me stanno benissimo, 'e cose tue. Che poi ormai sono mie."
"Scusami tanto, ma questi pantaloni e questa felpa sono proprio miei. Ti potrei pure dire dove li ho comprati."
"Simo, ma noi semo comunisti. Dovemo divide'."Simo non riuscì a non ridere, di cuore, "Quindi ciò che è mio è tuo e ciò che è tuo è mio?"
Manuel annuì con convinzione, "Esatto."
"E tu me lo presti il motorino, domani?"
"Preferirei de no. Te porto dove vòi, ma me viene l'ansia che te schianti contro 'n artro cassonetto."
Il più alto sorrise, "Non sono nella posizione di darti torto."
Ed il maggiore cercò di stemperare la malinconia nei suoi occhi, "Cioè che c'hai paura che nun me faccia più scopa'?"
"Manu, non resisti neanche mezza giornata."Un luccichio divertito nello sguardo, una domesticità nei gesti che avrebbe scaldato il cuore a chiunque, "Vòi scommette'?"
"E cosa ci mettiamo in palio?"
"Nun 'o so. Te che vòi?"
"I miei vestiti."
"I nostri vestiti, semmai."Lì, avviluppati in quell'abbraccio tutto gambe e braccia, sentivano i loro cuori così vicini che avrebbero potuto fondersi in uno. Ma erano cose esagerate da dire per chi ha una relazione solo da qualche mese.
E così Simone continuò a parlare d'altro, "Manu, io ti amo, ma i miei vestiti di stanno enormi" mormorò, per poi depositare un bacio sul suo naso.
"T'ho già detto che me stanno benissimo."
"Hai le maniche della mia felpa arrotolate e poco ci manca che ti arrivi alle ginocchia" gli disse Simone, anche se suddetta felpa era sollevata, perché lui voleva passare le mani in quella pelle bollente.
"Mo ginocchia me sembra 'n po' troppo, però" obiettò Manuel in un borbottio, che però il minore ignorò, continuando la sua filippica.
"Ed il fondo delle mie tute è consumato, perché ti stanno lunghe e ti arrivano a sotto i piedi."
"Ma mica è colpa mia se pari 'n grattacielo, Simò" esclamò a quel punto il più basso, gonfiando le guance indispettito."Metti i vestiti della tua taglia e siamo apposto."
"È che nun c'hanno il tuo odore" confessò il maggiore, alla fine. Aveva le guance leggermente arrossate per l'imbarazzo di quelle parole fin troppo dolci per i suoi standard e lo sguardo puntato ovunque tranne che negli occhi di Simone, che erano sempre così meravigliosamente espressivi ed affettuosi da farlo sentire amato come mai in vita sua.Ed in quel momento, gli occhi di quest'ultimo erano anche confusi, con tanto di sopracciglia aggrottate ad accompagnare il tutto, "In che senso non hanno il mio odore?"
"Te sei quasi sempre raffreddato, nun pòi capi'" farfugliò ancora più in imbarazzo Manuel."Tu prova a spiegarmelo e magari ci arrivo" rispose con un tono estremamente calmo il moro, per poi cercare di stemperare la tensione, "Anche quando ti spiego matematica me la vivo così, però poi spesso capisci."
"Me dovrei offende'?" borbottò il più basso.
"Nah. Sto solo espondendo i fatti. Ora mi spieghi cosa intendi?""Ch'è bello sta' co' 'e cose tue, Simo. C'hanno er profumo tuo e me sembra de portarte sempre co' me. A volte, quanno so' triste e magari pure solo, me li metto e sto mejo" gli confessò Manuel, con le guance in fiamme dall'imbarazzo.
E Simone, davvero, non ce la fece a non sciogliersi come gelato al sole. Baciò delicatamente ogni singolo centimetro del suo viso, mentre un sorriso permeava sulle labbra, "Ti amo, Manu."
"T'amo anch'io, Simò. 'O sai" rispose il maggiore, mentre faceva collidere le loro labbra.
E divenne tutto lingua e saliva e mani. Ed amore.Fu quando si staccarono che Manuel riprese a parlare, "Mo, però, de 'sta cosa che t'ho detto fa' finte de niente" borbottò.
"Posso dirti una cosa anch'io?" gli chiese allora il moro, che riprese a parlare solo quando lo vide annuire piano, "Le notti in cui non ci sei, dormo sul tuo cuscino."
"Pure se c'hai er raffreddore?" chiese il più basso, con un tono di voce quasi infantile.
Non poté che sorridere intenerito, carezzandogli una guancia, "Pure con il raffreddore. Anche se è meglio quando il mio naso funziona a dovere."Ripresero a baciarsi, a stringersi, ad amarsi.
"Manu?"
"Mmh?"
"Puoi mettere i nostri vestiti quanto ti pare."🍕🍕🍕🍕🍕🍕
giuuu8 te la dedico
Il mondo alla fine ha bisogno di un po' di dolcezza.
Pure io.Biscottini a tutti,
Gaia
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Vestiti || Simuel
FanfictionUna semplice os un pochino fluff Dove Manuel ha il vizio di rubare a Simone i vestiti e dove quello non riesce mai a dirgli di no.