PROLOGO

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"Non so come dovrei cominciare questo diario e, in tutta sincerità, non mi andrebbe nemmeno di farlo

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"Non so come dovrei cominciare questo diario e, in tutta sincerità, non mi andrebbe nemmeno di farlo.

L'idea di mettere per iscritto pensieri, che non sono chiari nemmeno nella mia testa, non mi entusiasma, ma tutti continuano a ripetere che potrebbe aiutarmi e io non posso aggiungere la domanda "E se l'avessi fatto...?", alla lista infinita di cose che già mi chiedo giorno e notte.

A volte vorrei solo chiudere gli occhi e addormentarmi senza il terrore che, al risveglio, anche l'ultimo pezzo di me sarà svanito, ma credo comunque che tra tutte le cose che potrebbero andare perse, vorrei almeno sapere come mi chiamo, quindi sarà da qui che comincerò:

Il mio nome è Sarah.

Ho ventuno anni e vivo a New York, ma sono cresciuta a Londra e, circa due mesi fa, ho avuto un incidente.

Non so bene cosa sia successo. A quanto pare ero sola, in quel momento, e quindi magari è stata colpa mia e merito quello che mi sta accadendo.
Forse ho attraversato la strada distrattamente. Forse correvo e non ho visto l'auto che mi è venuta addosso, non lo so... l'unica cosa certa è che mi sono addormentata, quel giorno, e non mi sono svegliata per quasi tre settimane.

La prima cosa che ricordo da quella volta è una sensazione che non mi ha più lasciato: il terrore perché, nonostante gli sforzi, il tempo passato a ripetermi che andrà tutto bene, le medicine che continuo a prendere e che mi danno la nausea, non ricordo nulla.

Non so chi sono.

I dottori dicono sia una cosa temporanea, ma più passano i giorni e più temo che questa sarà la mia vita per sempre: fatta solo di domande e mai di risposte.

Tutto quello che so di me mi è stato raccontato.

Dopo il mio risveglio, Hannah e Jonathan, i miei genitori, mi hanno parlato per ore, dicendomi tutto ciò che dovrei conoscere, amare, odiare... ed è strano. Spesso non so definire i miei sentimenti, ma se qualcuno mi chiedesse cos'ho provato durante quei giorni di continui racconti, potrei rispondere con certezza: niente.

Dovrebbe essere scioccante, giusto? Ascoltare decine di storie su quella che dovresti essere e non provare nulla. Ma è come se fossi intrappolata in un sogno verso cui sarebbe stupido prestare troppa attenzione; come se fossi sospesa, a metà tra la vita e la morte, in attesa di un cambiamento che non sono certa arriverà e non so se posso continuare ad aspettare.

Non so se posso ma so anche che devo...

Anche se non voglio devo continuare ad aspettarla perché senza di lei in realtà io non esisto, io non sono..."


Vedo la penna rotolare all'interno del diario e sento le dita intorpidite, la mano tremolante. Il letto diventa all'improvviso scomodo, duro, freddissimo. Le coperte viola non riscaldano più. La luce accesa sul comodino balbetta flash di un colore indefinito davanti a me. Bianco? No, forse rosso, o verde...

Strofino gli occhi per mettere a fuoco la stanza che appare sfocata, ma un brivido graffia la schiena e il solito bruciore mi avvolge le tempie, penetrando fino al cervello. Non capisco più dove sono, chi sono...

Io non esisto. Io non sono.

Rumori striduli rimbombano nella testa, mischiandosi alle note ormai deformate di New York che suona attraverso il cellulare. Un lampo mi acceca e voci senza volto strisciano nelle mie orecchie sussurrando parole incomprensibili tra cui capisco solo: "Non esisti. Non sei mai esistita."

«SMETTILA, BASTA!» grido quando la gola si chiude. Appoggio i piedi a terra per scappare dagli artigli che mi stritolano i polmoni, ma un fuoco implacabile spacca le ossa e ruba tutto il mio equilibrio.

Ombre informi mi passano accanto mentre mi schianto sulle ginocchia trascinando le coperte del letto.

Provo ad aggrapparmi al comodino per rimettermi in piedi e fuggire, ma nonostante gli sforzi mi ritrovo sempre qui, a terra, da sola, spezzata in due da pensieri, ricordi che non vogliono tornare ma di cui non riesco neppure a liberarmi.

Io non esisto.
Non sono lei, ma nemmeno io.
Non esisto.
Non sono mai esistita.

«Basta!» supplico con le guance e il cervello in fiamme.

Basta, penso ancora mentre mi rannicchio sul pavimento senza forze.

Poi una voce seguita dal silenzio e, ancora una volta, il buio.

Sempre e solo buio.


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