è dietro le lacrime di Afrodite che si celano le calendule.

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Rimasi impallidita, arpionata, annichilita dal tuo gelo; dalle tue mani, dalla tua barba brizzolata, dalla tua voce abominevole.

Dinanzi alle hako del Yoshiwara,
il mio cuore trema.

Il gufo grida incessante kôtokokko, kôtokokko, ma tu fingi di non udirlo, ed io mi chiedo quando arriverà il momento, quando? Quando, prego agli dèi? Quando i fanciulli moriranno? Quando il grande lago se li mangerà tutti quanti?La risposta è nell...

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Il gufo grida incessante kôtokokko, kôtokokko, ma tu fingi di non udirlo, ed io mi chiedo quando arriverà il momento, quando? Quando, prego agli dèi? Quando i fanciulli moriranno? Quando il grande lago se li mangerà tutti quanti?
La risposta è nello stomaco del gufo? Nei tuoi occhi sfregiati? O nelle mie guance incavate dalla grande madre?

Mi stendo a terra e mi abbraccio forte le ginocchia: incarno la posizione patetica che una donna patetica dovrebbe assumere, mentre percepisco come il freddo sia venuto a trovarci fin dentro casa; il naso mi cola anche fra le tue braccia.

Non so come allontanarlo.
Non so come allontanarti.

Ricordo che il primo dolore mai provato, fu l'amore per te, assieme alla consapevolezza che noi tenevamo l'uno all'altro, ma non ci tenevamo stretti.
Il secondo dolore invece, fu scoprire di amarti ancora. Ancora adesso, mentre i tuoi polpastrelli viola mi circondavano le orecchie. Ancora adesso, mentre senza fiato lacrimavo.

Non ascoltare.
Non ascoltare.
Non ascoltare.

Era un sussurro.

Poi premesti affondo, dolorosamente, ed io non esistevo più. Né quando i bambini cattivi venivano rapiti, né quando il lago se l'inghiottiva.
Volevo essere una bambina.
Volevo essere rapita.
Volevo essere digerita.

Digerita assieme al mio amore, così che potessi morire con lui.
Ed invece vivo ancora per te, se vivo ancora.

Nascosta, così che le nuvole non possano vedermi.
Umiliata, così che l'odio per me stessa potesse dilagare.
Oltraggiata, così che non cercassi nemmeno più di parlare.

È doloroso, fa male, in modo tangibile, in una lingua che parla.
L'alfabeto del lutto è quello che fui costretta ad apprendere; che s'aggira in tutto il mio corpo quando son desta, e maciulla il mio spirito quando invece cedo alla grande luna.
La pelle mi si sfoglia come se dei petali stessero lottando per aprirsi, e ho supposto fosse per via del dispiacere, tuttavia quando mi tendesti la mano come un ramo d'ulivo per spazzar via il pianto, finisti col dire "È dietro le lacrime di Afrodite che si celano le calendule", ed improvvisamente l'orrore divampò in me. Lungo le mie viscere. All'interno del cuore.
Sei l'urlo di una stagione morta che cerca ancora di uccidersi, e non fai altro che seminare zizzania negli angoli mal smussati della mia mente.
M'hai fatto dimenticare
e allo stesso tempo rinunciare
ai miei stessi desideri.

Il mondo, oltre i suoi occhi tristi e appannati, appariva sgargiante.
Era tutto un colore, un'oscillazione, un respiro.
Appariva stupendo, e lontano.
Il mondo, oltre quei suoi occhi nostalgici, appariva irraggiungibile.
E quello stesso mondo, oltre i miei occhi, adesso appariva finto, sterile, asettico. Una manciata di capelli tirati alla base della nuca e serviti su di un cucchiaio storto. Era questo, il mio mondo.

E adesso che il mio unico scopo è quello di fermentare secondi, e i tuoi polpastrelli non premono più sui miei timpani, stamane ho udito il gufo cantare tototò, tototò! E mi chiedo... si, mi chiedo, mio Buddha, se questa sia la mia ora. Mi chiedo se sarò io ad essere masticata.

Mi chiedo se per il gufo le calendule siano indigeste, e se anche il mio amore, lo sia.

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Kôtokokko: "il bambino sta morendo!"
Tototò: "l'uomo sta morendo!"

Si dice che il gufo venga a spaventare i ribelli, con la minaccia di rapirli.

stamane ho udito il gufo cantare kôtokokko, kôtokokko!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora