Si era alla fine della seconda Guerra Mondiale: il paesaggio esprimeva l'incubo che era stato poco prima; la vasta distesa di neve, che bianca, fredda, giaceva sino all'orizzonte, esprimeva una tale desolazione nel cuore del piccolo Adrien che per un istante gli sembrò di provare quel gelo dentro di sé. Tremava: il freddo gli faceva battere i denti; sapeva che avrebbe rischiato di prendere un brutto raffreddore, era uscito correndo poco prima senza coprirsi in modo appropriato, ma le sue gambe non ne volevano sapere di muoversi. Adrien balbettò un "finalmente" e mandò un saluto alla vecchia e familiare rovina che prima era stata la sua casa. Si fece forza, cominciò a camminare verso la struttura devastata dalle bombe, poteva ancora sentirle e percepire quei boati così paurosi riecheggiare nelle sue piccole orecchie frastornate da quegli orribili suoni. In poco tempo, senza quasi accorgersene, era già arrivato: non vi era più il bel portone di quel legno color caramello che tante volte lo aveva accolto nella sua calda e confortevole dimora. Entrò, facendosi strada fra i resti della sua felicità che adesso erano soltanto delle inutili macerie colme di dolore. << Mamma, papà sono arrivato! >> gridò con entusiasmo; nessuno gli rispose ma Adrien inconsapevolmente immaginò la voce di sua madre: << Sono qui tesoro, vieni, il tacchino è pronto! >>Il bambino corse in cucina (quello che ne rimaneva) e la sua memoria rielaborò le immagini dei suoi ricordi riproducendoli nella realtà. Sua madre, una bellissima donna dai capelli corvini e dal gioioso sorriso, sedeva alla tavola imbandita dalle più prelibate leccornie: un grosso e succulento tacchino ripieno faceva da re a tutte le pietanze, le quali giravano intorno a lui come gli invitati ad un galà di corte; fra queste se ne stava quatta quatta la sua regina: la
deliziosa e meravigliosa quiche1.
L'imponente figura del padre a capo tavola, quella sera, aveva un'aria diversa dal solito; gli fece un cenno, invitandolo a sedersi alla sua sinistra. Adrien capì che era teso dallo sguardo preoccupato con cui lo fissava; le sue mani tremanti gli diedero un'affettuosa pacca, un po' impacciata.
<< Pronto? >> gli chiese il padre, recuperando un aspetto apparentemente sereno, e Adrien si fiondò insieme a lui sulle prelibatezze preparate dalla madre che non ebbe quasi il tempo di ribattere.
<< Non abbiate fretta! >> intervenne lei.
<< Valérie, non essere troppo pignola: oggi è Natale, le buone maniere possono aspettare! >> le fece un occhiolino.
<< Vado a prendere Ellien. >> disse lei, sospirando affettuosamente , e uscì dalla cucina.
Pochi minuti dopo ritornò con un fagottino fra le braccia: Adrien volle prenderla subito; con la bocca ancora sporca del ripieno del tacchino disse:<<Mamma, posso tenerla in braccio per un po'?>> e le rivolse uno sguardo così dolce che lei non poté rispondergli di no. Gli porse la sorellina e lui entusiasta l'accolse fra le sue piccole braccia, le sorrise e cominciò a canticchiarle la filastrocca che gli aveva insegnato sua madre:
<< Le ciel est noir, la terre est blanche.
Cloches, carillonnez gaîment!
Jésus est né; la Vierge penche
Sur lui son visage charmant.
Pas de courtines festonnées
Pour préserver l'enfant du froid;
Rien que les toiles d'araignées
Qui Pendent des poutres du toit.
Il tremble sur la paille fraîche,
Ce cher petit enfant Jésus,
Et pour l'échauffer dans sa crèche
L'âne et le bœuf soufflent dessus.
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Storie a quattro mani.
Short StoryQuesto libro è una raccolta di storie brevi, dal titolo si può dedurre che si trattino di collaborazioni, non vi è un tema ben preciso, ogni racconto sarà diverso dall'altro, frutto della fantasia della mia mente e della vostra. Spero che apprezziat...