"I remember our first kiss, the butterflies, I know you felt them too.
I can still taste your lips, that night I wrapped up all my love in you.
But deep inside I always knew the sadness around you was deadly.
I must hate myself 'cause I also knew one day you'd destroy me."
(Madina Lake - In Another Life)
22 Febbraio 2013 - 18:30
Ero in edicola oggi quando ho visto questo quadernetto rosso; l’ho guardato, mi ha guardato, ho pensato Perchè no? e l’ho comprato.
Inizierò a scrivere qui tutto quello che mi porto dentro: amicizie, amori, disavventure, famiglia, scuola, disavventure, le cose che mi piacciono, quelle che preferirei non aver mai conosciuto, disavventure.
Inizio a odiare questa parola perchè sembra seguirmi come un’ombra e se la mia vita potesse riassumersi con una parola sarebbe proprio quella: disavventura.
Un po’ come quando ti addentri nella savana e stai quasi per essere sbranato da un leone perchè non hai fatto conto che ci fosse anche lui lì, nel bel mezzo.
Io sono in mezzo a un branco di leoni ogni giorno.
Ringrazio il Cielo, e quel Dio che non mi accetterà mai, che con me ci sia Andrea, o la mia vita sarebbe persa.
Grazie Andrea, ti amo.
Non siamo particolarmente sdolcinati noi, – e come potremmo se non possiamo neanche tenerci per mano in pubblico come tutte le coppie normali? – ma l’importante è sapere che insieme stiamo bene e tutto il resto non conta.
Nessuno sa di noi, né la mia famiglia né i miei amici, nessuno sa di me, ma ho tante di quelle cose dentro che se non le scrivessi qui, probabilmente, finirebbero per esplodere in fiumi di parole che nessuno mi ha mai sentito pronunciare.
I miei genitori non sono razzisti – mia madre almeno, su mio padre ho ancora qualche dubbio -, ma i miei coetanei sì. Maledetti.
Io dovrei confidarmi con loro, ma cosa riceverei in cambio? Insulti, sberle, tanti pugni, probabilmente, e tanti di quei calci che non riuscirei neanche più ad alzarmi da terra. Come se quelli che già ricevo non fossero abbastanza.
È bastata una sola volta che alcuni ragazzi della mia scuola mi vedessero con Andrea che hanno iniziato a torturarmi. Devo stare zitto e rassegnarmi, anche se non ce la faccio più, o lo diranno a tutti. Sarebbe insopportabile.
La mamma non fa che chiedermi cosa siano i lividi che ho in faccia, o perchè le magliette siano macchiate di sangue, e io non so più quali scuse inventarmi. Lo stesso vale per Andrea, ma lui ha capito - dopo un po’ che ho evitato di rispondergli o di incontrarlo, quando ero ridotto a uno straccio – e ora non mi fa più domande, mi abbraccia in silenzio, mi bacia e allora tutto passa.
Cosa farei senza di lui?
All’apparenza, va tutto bene; ho una bella famiglia, un gruppo di amici con cui uscire il sabato sera, voti alti a scuola, ma in realtà tutto quello che desidererei è essere accettato.
Vorrei uscire di casa senza che nessuno mi guardasse schifato se dicessi di essere gay; vorrei camminare per mano con Andrea e baciarlo come quando siamo soli; vorrei che la mia vita continuasse come sempre, invece di rivoltarmi come un calzino, ogni giorno, per il timore di essere scoperto.
Se tutti sapessero non avrei nessun amico, la mia famiglia non mi parlerebbe più, le persone mi guarderebbero con disgusto e mi etichetterebbero con nomi e insulti che non sto neanche qui ad elencare per la loro crudezza.
Vorrei avere ancora otto anni; allora avrei iniziato a scrivere qui sopra solo per divertimento:
Caro Diario, ciao sono Giorgio e ti scrivo perchè mi va. Ho i capelli biondi paglierino – così mi dice sempre la mamma, anche se non so quale sia il significato di “paglierino” – e gli occhi azzurri cerulei – e anche questo non so che cosa voglia dire! – e ho tanti amici che mi vogliono bene. Ti va se ti parlo un po’ di loro?
E invece sono qui a scriverti per necessità; impazzirei, altrimenti.
Beh! Sì, quella lì sopra era la descrizione di me che davo sempre alle scuole elementari, ma anche se gli amici oggi sono aumentati non mi va di parlartene, o ne uscirebbero solo parole ipocrite almeno quanto tutte le loro.
Andrea. Ho bisogno di Andrea. Per me é come l’aria. Se non ci fosse, morirei.
Tra cinque giorni parto in gita con la scuola, andiamo a Firenze hanno detto i professori. Non ci voglio venire ho risposto.
I miei hanno firmato l’autorizzazione e pagato la quota; così mi aspetta una “meravigliosa” settimana con i miei finti amici, ma senza il mio Andrea.
Motivazione? Non vuoi mai andare da nessuna parte figlio mio! Vai, divertiti e scopa un po’! Trovati una bella ragazza, ora che ne hai l’occasione!
Testuali parole di papà. Sarei voluto scoppiare in lacrime davanti a lui e alla mamma e dirgli che sono un fottuto frocio, che la ragazza non l’avrò mai, ma non gli ho detto niente e sono uscito a prendere una boccata d’aria.
Così, ho visto questo quadernetto in edicola e l’ho comprato; devo sfogarmi ho pensato e così eccolo qui, tra le mie mani, mentre scrivo delle mie gesta eroiche in un parco lontano da casa, non sia mai che possano vedermi!
Sto aspettando Andrea. Ha detto che sarà qui alle sette, ma lo so che non è mai puntuale. Fa niente. Lo amo anche per questo. Con lui c’è sempre da stupirsi.
Già lo vedo arrivare, con il suo sorriso bellissimo sulla carnagione olivastra, i capelli neri, scompigliati davanti agli occhi azzurro-cielo e le chiavi dell’auto nella mano che alza per salutarmi da lontano. Bellissimo, ovunque vada, qualunque cosa faccia.
Neanche mi ricordo più come ci siamo incontrati. Forse in una di quelle pazze serate in discoteca dove, solitamente, mi dispero davanti al bancone del bar. Però, è come se ci fosse stato da sempre; è lui che mi dà la forza per andare avanti. é il mio tutto.
Se leggesse ora mi direbbe “Giò, sei un depresso! Ma talmente dolce che si ti baciassi ora mi verrebbe la carie” e sorriderebbe con i suoi denti perfettamente bianchi.
Ma che carie e carie se è l’invidia di ogni dentista!
Se invece qui a leggere ci fossero mio fratello e mia sorella maggiori – perchè ne ho anche una più piccola, ma lei a leggere imparerà ancora tra qualche anno – direbbero di tutto e di più, gridandomi in faccia più di quanto farebbe papà.
Voglio bene ad entrambi, ma sono maledettamente omofobi.
Come l’ ho scoperto?
Un giorno eravamo tutti e tre sul divano, io in mezzo a loro per tentare di tenerli divisi – o avrebbero sicuramente fatto a botte quei due pazzi – Martina a sinistra e Lorenzo a destra, con le gambe sdraiate sul tavolino di cristallo, che se li avesse visti la mamma avrebbe sicuramente ucciso entrambi all’istante.
Io avevo il telecomando in mano e continuavo a cambiare canale senza sosta, in cerca di qualcosa che piacesse a entrambi - visto che ogni cinque secondi era un “lascia qui” da parte di una e un “cambia” da parte dell’altro - quando ci siamo imbattuti in quello spot che la Rai manda in onda da un po’ di tempo contro l’omofobia. Inutile dire che sono schizzati a sedere all’istante, gridando “Che schifo!”, “Ma sono diventati tutti scemi? Ma dov’è che sono uguali a noi quelle checche di merda?”, “Cambia canale o rompo la TV, non voglio vederli neanche quegli scherzi della natura!”, senza sapere che uno di quelli che loro tanto odiavano era seduto proprio in mezzo a loro. Mi sono fatto prendere dalla rabbia e ho scagliato il telecomando per terra, gridando loro di girare dove volessero e me ne sono andato in camera mia, sotto i loro sguardi sorpresi. Spero ancora che pensino che il mio nervosismo fosse dovuto al fatto di dover cambiare canale costantemente.
Oh! è arrivato Andrea. Che bello che è oggi, con quei jeans aderenti e il giacchino di pelle nera. Mi sta salutando da lontano come fa sempre e io ho una voglia pazza di corrergli incontro e baciarlo, ma non posso. Sto per rompere la penna per trattenermi, davvero, e mi dovrò anche mordere a sangue le labbra per non sorridere della sua preoccupazione, quando mi chiederà cos’è quel nuovo livido sotto l’occhio sinistro. Già lo vedo il suo volto che cambia espressione mentre si avvicina.
Vado! Voglio stare con lui quanto più posso; mi fa dimenticare i miei problemi almeno per un po’ perchè se ho lui, ho tutto. Anche se rischio di esplodere come un vulcano per tutto quello che vivo ogni giorno. Se ho lui, posso rimandare lo sterminio di massa per un po’.
25 Febbraio 2013 - Ore 15:00
Oggi, Andrea è venuto a prendermi da scuola perchè staccava prima dal lavoro e voleva passare la giornata con me. Appena l’ho visto ho seriamente rischiato l’infarto; bello com’è, appoggiato alla sua Mercedes – che poi non è neanche sua. È di suo padre, ma questi sono dettagli – circondato da alcune ragazze che cercavano di fargli il filo, mentre lui non le degnava neanche di uno sguardo.
Mi ha visto, mi ha sorriso e mi è venuto incontro. Mi girava la testa e sembrava che il mondo si fosse fermato all’improvviso. O che avesse iniziato a girare al contrario.
È venuto a prendermi da scuola solo pochissime volte e, ogni volta, me lo ha fatto sapere con un messaggio in cui mi diceva di uscire dal cancello posteriore, quello dove c’è meno gente.
Quindi, è stata una sorpresa bellissima. Ma quanto lo amo?!
Siamo andati a casa sua - l’appartamento dove si è trasferito da poco per stare da solo - e abbiamo pranzato con le ottime lasagne di sua madre. Solo lei sa di noi. Ha scoperto che suo figlio è omosessuale quasi per caso e lo ha accettato subito, senza fare alcun compromesso. È stata la prima e unica persona a cui mi ha presentato e ne sono stato felicissimo. Io adoro lei e lei adora me.
Non potrei chiedere di meglio.
Dicevo che abbiamo pranzato, ma velocemente – come sempre – perchè volevamo passare quanto più tempo insieme possibile. La scusa che ho rifilato a mia madre? Rimango a dormire da un amico. Tanto, domani è domenica. Non ha avuto niente in contrario; dopotutto siamo in sei in famiglia e, se qualcuno si assenta durante i pasti, vuol dire meno fatica e meno persone da accontentare. Anche se io, Anna e papà ci accontentiamo di qualunque cosa – Anna mangia ancora omogeneizzati e, quindi, non è certamente un problema - sono Martina e Lorenzo a fare gli schizzinosi.
Io e Andrea abbiamo fatto l’amore. Come sempre è stato meraviglioso e stancante, tanto che ora sta facendo il bell’addormentato accanto a me. Spero che non si svegli mentre scrivo o non saprei cosa dirgli. È ancora più bello mentre dorme; forse perchè non fa una delle sue solite battutine stupide o perchè mi sta incollato letteralmente alla schiena, con un braccio abbandonato sulla mia vita, il viso tra le mie scapole. Mi fa il solletico a ogni respiro.
Gli ho detto di Firenze e ha fatto la faccia di un cane bastonato, come se per me non fosse già difficile andarci per forza, ma poi mi ha sorriso e mi ha dato un bacio sulla fronte, come fa sempre quando vuole tirarmi su di morale. “Va bene Amo’, vai e divertiti” mi ha detto. Poi, mi ha scompigliato i capelli con la mano e ha aggiunto: “Ma non troppo o quando torni facciamo i conti!”. Ho riso e l’ho abbracciato.
Se c’è lui, tutto il mio mondo, da bianco e nero, diventa colorato, come se mi gettasse un barattolo di vernice addosso. Ora che ci penso, una volta lo ha fatto davvero. Era il mese scorso, o meglio l’anno scorso, visto che era ancora il duemiladodici, e stavamo verniciando le pareti di casa sua – quella dove viveva con sua madre intendo – perchè ci voleva proprio una mano di fresco, o almeno così aveva detto Concetta, la mia cara “suocera”.
Insomma, eravamo là tutti e due con i pennelli in mano a pitturare questa benedetta parete bianca, lui meglio di me perchè è un artista e anche perchè è una decina di centimetri più alto. All’improvviso, mi ha guardato in modo strano. Io gli ho chiesto: “che c’è?” e lui mi ha passato il pennello sui jeans scuri. Sul sedere per essere proprio precisi.
“Così ti mimetizzi con il muro ed evito di fissarti” mi ha detto. Io avrei voluto tanto mollargli un ceffone su quella sua faccia da schiaffi, ma è entrata Concetta e mi ha chiesto se stessi provando a diventare un camaleonte. Lui ha riso come un cretino e quando se ne è andata mi ha detto che in realtà era tutta una scusa per farmeli togliere. A fine giornata, i miei jeans erano bianchi come il muro e in lavatrice; io invece avevo una delle sue tute – troppo larga – indosso. Era riuscito perfettamente nell’intento.
Oggi è un bellissima giornata perchè la potrò passare tutta con lui; al diavolo cosa ne pensano gli altri. Ho spento il cellulare. Potrebbe anche morire qualcuno, ma non mi interessa se sono con Andrea; finché lui è vivo, tutti gli altri possono anche morire.
Si sta per svegliare. Lo capisco perchè si muove inquieto prima di aprire gli occhi, un po’ come un gattino che fa le fusa sulla mia schiena. Sta per venirmi un attacco di ridarella; odio soffrire il solletico. Dove lo nascondo, ora, questo quadernetto? Me lo porto sempre dietro ormai, spero che non se ne accorga nessuno. Ah, ho trovato! Nella tasca interna del giubbotto! Ma… Dov’è? Ci sono tanti di quei vestiti sul pavimento! Vabbè, ora lo nascondo sotto il materasso Lo sposterò dopo. Andrea è così dolce quando si sveglia!
27 Febbraio 2013 - 21:10
Sono solo nell’appartamento di Andrea; è il momento perfetto per scrivere un po’. Il mio amore è andato a prendere sua madre che lo ha chiamato al telefono poco fa. Ha detto che voleva stare un po’ con me e con il suo figlioletto che non vede mai; e anche se lei al telefono non lo poteva vedere, il suo figlioletto ha fatto uno sbuffo che non finiva più. Mi fa sempre sorridere quando fa così.
Quella donna è una santa. Perchè anche mia madre non è così? Sia chiaro: voglio bene a mia madre e lei non ha pregiudizi di alcun tipo, ma se le dicessi di avere un fidanzato invece di una fidanzata, penso che non mi parlerebbe per almeno un mese.
Così infantili! E poi dicono che nel duemilatredici ognuno può essere quello che vuole. Noi non potremmo essere quello che vogliamo neanche fossimo nel duemilacentocinquantaquattro.
Ho già detto che adoro Concetta? È lo stereotipo della mamma italiana lei; sempre dietro ai fornelli e sempre apprensiva con il figlio, forse perchè lo ha dovuto crescere tutta sola, chissà - ma dolce e comprensiva con chiunque. Non avrei potuto chiedere suocera migliore. Grazie Concetta; grazie ancora cento volte per aver messo al mondo una persona così stupenda come Andrea.
Sento la serratura scattare, segno che sono arrivati. Andrea ha voluto chiudere a chiave quando gli ho detto di volerli aspettare qui. “Non si sa mai!” ha detto, con quella dolcissima apprensione che riserva nei miei confronti. E poi si lamenta di sua madre. Sono tali e quali quei due.
Sento già il profumo della buonissima peperonata di Concetta e, sicuramente, non c’è solo quella in serbo per la cena di stasera. Quando mangiamo tutti e tre insieme è come se fossimo una vera famiglia, migliore della mia. Qui non devo portare nessuna maschera; non ho omofobi da combattere intorno a me.
Spero che non faccia domande sul mio occhio nero; sarebbe l’ennesima stupidaggine che devo raccontare. Non a lei; non potrei. Mi si stringerebbe troppo il cuore.
1 Marzo 2013 - 00:00
È mezzanotte, ma nessuno è ancora a letto. Tutti i miei compagni di classe fanno su e giù dalle camere delle ragazze ed è strano che nessuno sia ancora andato a cercarli. Meglio così.
Sono a Firenze da ieri e già mi manca da morire Roma. La prossima volta strapperò l’autorizzazione prima di portarla a casa; stanne certo papà, non mi costringerai più a partire.
Voglio vedere Andrea. Gli ho parlato al telefono fino a poco fa, ma non è abbastanza.
Mi ha detto: “Hai adocchiato qualche ragazzo più bello di me?” e io gli ho risposto che nessuno è più bello di lui per me. Nessuno sarebbe mai come lui, nessuno riderebbe come ha riso lui dopo quella mia risposta. Andrea è unico. È l’Unico.
Spero che questa settimana passi in fretta perchè sono qui da sole ventiquattro ore e mi sembra sia passata un’eternità. Firenze è bellissima, ma preferisco Roma. Voglio bene ai miei amici, ma amo da morire Andrea. Come posso stargli lontano?!
Spero solo che portare qui questa specie di diario non sia stato un errore; se qualcuno lo trova sono fottuto. Letteralmente. Per fortuna sono in camera con Enrico, uno dei miei amici idioti che trascorre il tempo passando dal letto di una ragazza a quello di un’altra; così non è mai qui e io sono libero di scrivere. Ogni volta che apro questo quadernetto e impugno la penna è come se mi togliessero un peso dal cuore.
L’unica nota positiva della gita? Qui non ci sono quegli odiosi bulli che mi riducono sempre a uno straccio; almeno i miei lividi possono guarire in pace.
Abbiamo camminato in lungo e largo oggi e mi fanno male i piedi.
Sarà meglio dormire, tra poco i proff passeranno a controllare le camere e saranno cazzi di Enrico se lo trovano da qualche parte a festeggiare. Non me ne importa; così come agli altri non importa di me. Sembra che siano tutti amici per convenienza. Anzi, se lo beccano tanto meglio.
Buonanotte.
5 Marzo 2013 - 08:13
Finalmente sono tornato da Firenze, non vedevo l’ora.
Oggi non sono andato a scuola, così come nessun altro delle quarte. Chi sarebbe così idiota da andarci?
Andrea è a lavoro e, al momento, non posso vederlo, anche se sto morendo dalla voglia di specchiarmi nei suoi meravigliosi occhi azzurri.
Gli ho comprato un souvenir; spero che gli piaccia. Qualcosa di piccolo naturalmente, ma è per fargli capire che è stato sempre al centro dei miei pensieri durante questi giorni.
Questa sera festeggeremo il compleanno di Anna; fa tre anni la mia sorellina. È l’unica della famiglia a cui tengo veramente, l’unica che mi mancherebbe se me ne andassi.
Mamma si sta dando da fare in cucina e Martina e Lorenzo sono stati costretti ad aiutarla; io sono stato esonerato perchè siamo arrivati all’una di notte da Firenze e così mi hanno lasciato “dormire”. Sono al piano di sopra, ma riesco comunque a sentire gli sbuffi insofferenti di Lorenzo; è più grande di me di un anno e continua a comportarsi come se ne avesse dieci in meno. Tina invece sta aiutando di buona lena. Le piace cucinare e addobbare; dopotutto, Anna è la sua consanguinea preferita. Lei è la preferita di tutti. Anch'io lo ero, finché Lorenzo e Martina – a dieci anni il primo e l’altra a dodici – hanno deciso di fare squadra comune contro di me. Motivi sconosciuti, ma grazie comunque.
Sarebbe meglio che scendessi a badare ad Anna che sta piangendo per qualcosa. Non so perché, ma sono l’unico che riesce a calmarla. Forse perchè non sono l’unico stronzo di questa casa?
Voglio vedere Andrea, è stata una settimana lunghissima senza lui.
Non so se riuscirò a sopportare tutte le angherie dei miei parenti questa sera. Perchè le feste di compleanno dei più piccoli devono essere sempre qualcosa di così espansivo?
1 Aprile 2013 - 19:30
È uno scherzo, ditemi che è uno scherzo.
Mia madre ha scoperto tutto, è stato il pomeriggio più brutto della mia vita; purtroppo, quando l’ho trovata con questo quadernetto in mano non si è alzata in piedi a gridare: “Pesce d’Aprile!” e a mostrarmi le pagine vuote. No, lei lo ha letto. Beh, solo la prima pagina certo, ma ciò è stato sufficiente per farle sapere che sono gay e sono fidanzato con un certo Andrea che ti ha deviato la testa!, o almeno così ha detto la mamma. Stronza. Andrea è la cosa migliore che mi sia capitata in diciassette anni di vita, non osare mai più dire una cosa del genere.
Le ho strappato il quadernetto di mano appena sono entrato in camera, maledicendomi per non aver chiuso a chiave anche solo per andare in bagno. Credo di aver iniziato a urlare proprio quelle cose perchè poi si è messa a urlare anche lei e io ho pianto.
Martina e Lorenzo hanno sentito tutto dal piano di sotto e sono saliti. C’era anche Anna in braccio a Tina. Mi ha visto piangere e si è messa a frignare anche lei. Mamma mi ha fatto un sacco di domande: Perchè non me lo hai detto?; Quando è cominciato tutto?; Chi è che ti ha fatto questo?; Chi cazzo è questo Andrea?; Gli altri lo sanno?; Che dirà la gente di noi, te lo sei chiesto?
Ecco perchè non te l’ho detto mamma. Ecco perchè.
Sto piangendo. Non ho smesso un minuto da quando ha iniziato a urlare e con lei Martina e Lorenzo. L’ultima cosa che ha detto mio fratello è: “Fai schifo!”. Poi, è uscito dalla camera e si è portato con sé la mamma e le mie sorelle.
Faccio schifo? Io, faccio schifo? Tu fai schifo, brutto idiota! Perchè mi odiate tutti? Cosa vi ho fatto di male? E perché quelle facce sconvolte? Sono io che sto soffrendo, maledizione! Dovreste starmi vicino invece di attaccarmi! Siete o non siete la mia famiglia?
Voglio Andrea! Ne ho un disperato bisogno, ma Lorenzo si è preso il mio cellulare - non ha password e non potrà farci niente - e non posso chiamarlo.
Non posso uscire di casa o mi vedranno.
Sono solo.
Aiuto.
8 Aprile 2013 - 16:01
Devo fare i compiti, ma non ne ho voglia, non dormo da tre giorni e ho due occhiaie così profonde da sembrare un panda. O un bambino del Terzo Mondo. Non che la mia situazione sia molto diversa. Ormai, l’unico pasto che faccio è la colazione – perchè la preparo da solo e sono il primo ad uscire di casa - a quanto pare non si preoocupano nenche più di darmi da mangiare.
Ieri, Lorenzo ha preso la patente, con un anno di ritardo, ma non so per quale motivo. Ha detto che da domani mi accompagnerà a scuola lui – non so ancora come, ma nella nostra scuola si è sparsa subito la voce su di me e ora i bulli sembrano essere raddoppiati – perchè è meglio così ha detto.
Non lo ribadisco ad alta voce, ma gli sono grato che si comporti da fratello almeno là, anche se mi viene il dubbio che glielo abbia ordinato papà; mi lascerebbe volentieri in mezzo alla strada se no. Incredibilmente, papà è l’unico che l’abbia presa bene – oltre ad Anna si intende, ma lei non sa neanche cosa significhi gay quindi non credo che si possa contare.
Credevo che sarebbe stato lui a prenderla in modo peggiore. Invece, il giorno del fattaccio, quando sono sceso a cena e ho trovato Lorenzo e Martina che gliene stavano parlando freneticamente, mentre mamma dava da mangiare ad Anna con uno sguardo mortificato, lui non si è scomposto per niente.
“Mio figlio può essere quello che vuole” ha detto con uno sguardo serio ai miei fratelli maggiori. Poi, si è voltato e mi ha sorriso mentre io rimanevo fermo sulla porta della cucina, con le lacrime agli occhi. Mi ha ridato il cellulare e ha detto solo che gli piacerebbe conoscere Andrea perchè sono comunque suo figlio e vuole sapere chi frequento. Grazie papà, te lo farò conoscere presto, così vedrai quanto è gentile e buono, dolce e comprensivo. È perfetto Andrea; è perfetto così com’è.
Per quanto riguarda i pasti, dicevo, la mamma li prepara, certo, ma Martina e ancor di più Lorenzo ci pensano a spazzolare via anche la mia razione; Tina un po’ meno perchè dice di tenerci alla linea.
Mi dispiace che non mi possiate accettare così come sono - ho detto loro questa sera. - Io vi ho accettato sin da subito. Anche se mi torturate ormai da diciassette anni, ho sopportato sempre tutto perchè siete i miei fratelli e vi voglio bene. - Mi hanno guardato mortificati, ma non hanno risposto nulla. Sono andato via in lacrime e ho chiamato Andrea, cinque minuti dopo era sotto casa mia. Solo papà è sceso a conoscerlo e hanno fatto subito amicizia. Non sono mai stato così felice e triste contemporaneamente.
Non vedo l’ora che arrivi il mio compleanno, non manca molto. Così farò diciotto anni e me ne andrò a vivere da Andrea. Lascerò la scuola – liceo scientifico o meno lo frequentavo solo per compiacere i miei, ho sempre odiato la matematica – e mi troverò un lavoro. Se la mia famiglia non mi vorrà vedere tanto meglio, spero solo che papà e Anna vengano lo stesso a farmi visita ogni tanto. Non ce la faccio più, ho fatto uno di quei coming out disastrosi che mi segneranno a vita, i miei amici non vogliono più vedermi, persino i professori mi guardano in modo diverso. Non so quanto resisterò.
25 Aprile 2013 - 00:23
È il mio compleanno da ventitrè minuti e io sono a casa di Andrea, ho chiesto a papà di rimanere due giorni qui e mi ha detto di sì. Tanto meglio così; meno mi hanno in casa e meglio stanno; non mi avrebbero comunque fatto una festa grande come quella di Anna. Ora, il mio ragazzo è sotto la doccia e così ne approfitto per scrivere un po’.
Ha lavorato tutto il giorno, ma ha comunque trovato un po’ di tempo per me; cerca di esserci di più da quel brutto 5 Aprile.
Lui mi ha detto che sua madre e i suoi amici lo hanno subito accettato quando ha fatto il suo coming out, ma è dura comunque perchè anche gli sguardi degli estranei fanno male. Se sono quelli della tua famiglia è anche peggio, Andrea.
Siamo stati insieme tutta la serata. Mi ha coccolato e riservato mille attenzioni e a mezzanotte in punto se ne è venuto fuori dalla cucina. Io ero in camera, bello spaparanzato sul letto con una delle sue tute sopra, giusto per essere elegante – con una bottiglia di vero champagne, non uno spumante di quelli che cercano di imitarne il sapore - e una scatolina piccola piccola, tutta blu. Mi ha porto un calice e abbiamo brindato, poi mi ha dato il mio regalo; l’ho aperto e mi sono messo a piangere. Indovina un po’? Due preziose fedine dorate se ne stavano all’interno, con i nostri nomi incisi a dirci che eravamo uno il mondo dell’altro. Me l’ha messa al dito come si farebbe a un matrimonio ed è stato un po’ come se ci stessimo sposando anche noi; una cerimonia intima e privata che possiamo regalarci solo noi due, perchè il mondo non ci darà mai il permesso di farne una vera. Non accetteranno mai l'amore tra me e Andrea, malgrado si dica che l’amore è universale e non conosca limiti. Allora perchè due ragazzi non si possono amare? Abbiamo forse fatto un peccato capitale o infranto uno dei dieci comandamenti per meritarci tutto questo? Abbiamo ucciso qualcuno o rubato qualcosa?
Ciò che unicamente chiediamo è di poter trascorrere tutta la nostra vita con la persona che amiamo, come qualsiasi altra coppia, perchè come una qualunque persona innamorata io amo Andrea, lo amo tantissimo.
Mi ha messo la fedina al dito, dicevo, e io l’ho messa a lui. Gli ho detto Ti amo e lui ha risposto Anche io e si è commosso mentre io già piangevo come un bambino. È stato bellissimo, grazie Andrea, anche se te l’ho già detto un sacco di volte, grazie ancora.
27 Maggio 2013 - 17:17
Finora, non è successo niente di particolarmente eclatante. I miei fratelli e mia madre mi ignorano come al solito; Anna piange e strilla perchè non vogliono farla stare con me; i bulli mi tormentano e Andrea si preoccupa. O almeno così pensavo, le sorprese sono sempre dietro l’angolo.
Oggi sono tornato a casa con il corpo coperto di lividi. Mi girava la testa e appena sono entrato nell’ingresso sono svenuto davanti agli occhi di Martina che stava scendendo le scale. Ricordo soltanto le sue urla e i suoi capelli biondi sul mio viso mentre si abbassava a controllare che non fossi morto, mamma e papà che mi correvano incontro e Lorenzo che non riusciva a frenare il pianto isterico di Anna. Quando mi sono ripreso ero in camera mia e c’erano loro intorno al letto con delle facce tanto preoccupate che sembrava avessero pianto tutti per ore. Mamma e Tina mi hanno abbracciato; poi, Anna si è arrampicata sul letto e non si è separata da me fino a dieci minuti fa.
Papà ha sospirato con sollievo e Lorenzo mi ha sorriso per la prima volta dopo dieci anni. Mi sono sentito così amato che sono scoppiato un'altra volta a piangere e, probabilmente, se non fosse stato per la situazione già di per sé abbastanza grave, Lorenzo mi avrebbe dato della checca isterica. Non sono isterico, ma mi fa male che la mia famiglia debba per forza vedermi stremato prima preoccuparsi di me. Mi sono asciugato e le lacrime e ho abbracciato la mamma, ma lei si è bloccata perchè mi ha visto tossire. Sì, ho tossito, tossito e tossito ancora. Poi ho sputato sangue. Devono essere stati tutti quei pugni nello stomaco che mi hanno dato a ricreazione.
Oggi non mi hanno permesso di uscire. Voglio vedere Andrea, ma sono prigioniero nella mia stessa casa. Ho anche chiesto a papà se potesse farlo venire qui, ma ha detto che era meglio di no, che per lui non ci sarebbero stati problemi, ma che ci sarebbero stati per gli altri tre.
Mi scoppia la testa e mi fa male la pancia, sono pieno di lividi. Andrea ti prego, chiamami al cellulare, ho finito il credito e non riesco ad alzarmi dal letto. Voglio sentire la tua voce, o finirò per impazzire.
10 Giugno 2013 - 16:35
Finalmente la scuola è finita e non dovrò più sopportare di essere malmenato ogni giorno. Sono talmente pieno di lividi e abrasioni da sembrare irriconoscibile. Oggi hanno voluto darci dentro perchè era l’ultimo giorno, così mi hanno gonfiato di botte per bene. Inutile dire che, quando sono arrivato a casa, mi hanno guardato tutti sconvolti, ma nessuno si è alzato per aiutarmi o medicarmi le ferite. Magari papà lo avrebbe anche fatto se ci fosse stato; odio il fatto che lavori fino a tardi, non sa quale aria tesa si respiri qui dentro. E dire che fino a quando non entro io in una stanza qualsiasi, sembra andare tutto bene. Sono un appestato da tenere in isolamento, hanno paura che li possa contagiare. Vorrei tanto sbattere la testa contro il muro e farmi venire un trauma cranico, per poter dimenticare tutto. Non cambierebbe niente però, ne sono sicuro; potrei anche scordarmi di Andrea e io non voglio che succeda per nessun motivo.
Da due giorni non mi risponde al cellulare però. È strano. Mi ha solo mandato un messaggio Ti richiamo io, stai tranquillo Amo’, e non si è fatto più sentire. Spero che sia tutto apposto, che non sia successo qualcosa, o sarebbe l’ennesima ferita che riceverei.
12 Giugno 2013 - 20:30
Finalmente Andrea mi ha chiamato. Sono stati quattro orribili giorni in cui mi sono fatto divorare dall’ansia. Mi ha telefonato stamattina; aveva una voce stanca e affaticata, come se non dormisse da giorni interi. Io gli ho chiesto Andrea, cosa c’è che non va? Che è successo? Poi l’ho sentito piangere e ha detto “vieni” e io ho afferrato subito le chiavi dell’auto di papà e sono sceso al piano di sotto. C’era solo Lorenzo in casa; io non ho la patente.
Gli ho detto È l’ultimo favore che ti chiedo; poi, fai pure finta che io non sia mai esistito; lo accetterò. Ma ora muovi il culo e accompagnami o giuro che ti riempirò la faccia di pugni e ti legherò al sedile della macchina per farti guidare.
Mio fratello mi ha guardato come se fossi rincoglionito; gli ho lanciato le chiavi e mi ha accompagnato da Andrea. Era sulla porta del suo appartamento il mio amore e gli sono subito corso incontro, fregandomene che Lorenzo ci stesse guardando, disgustato.
Aveva una faccia distrutta, i capelli neri in disordine, la barba corta non rasa e due occhiaie che erano peggio delle mie. L’ho abbracciato e lui ha abbracciato me; stava piangendo come un bambino.
Andrea non piange mai. Giò, non so più cosa fare! mi ha detto e io mi sono sentito morire dentro pur non conoscendo il motivo di quella maledetta frase.
Avrei preferito non saperlo neanche dopo. Siamo entrati a casa sua, gli ho detto di fare una doccia mentre gli preparavo qualcosa da mangiare; poi, avremmo parlato con calma.
Non ho mai preparato una pasta alla carbonara più buona. Peccato che Andrea non l’abbia assaggiata proprio. È tornato in cucina, i capelli in ordine e la barba fatta, ma le stesse occhiaie e lo stesso sguardo mortificato. Si è seduto a tavola, davanti a me e davanti alla pasta che si stava raffreddando senza che lui l'avesse degnata di uno sguardo. Mi ha guardato, si è passato una mano tra i capelli e mi ha preso le mani tra le sue. Non aveva la fedina al dito.
“Mia madre ha il cancro” ha detto e io sono rimasto fermo lì, a sussurrare No. No. Stai scherzando! No, non è possibile! Devo averlo ripetuto almeno cinque volte perché, poi, ha smesso di ascoltarmi e io ho smesso di parlare.
Siamo stati tutto il pomeriggio in ospedale.
Concetta ha uno di quei mali che vengono fuori solo all’ultimo minuto e non si possono più curare. Lei, con tutte le persone che hanno fatto del male al mondo; proprio lei. Lei che ha sempre amato suo figlio e si è fatta in quattro per dargli tutto. Lei sola. Lei che mi ha visto per la prima volta e mi ha sorriso con tutto il viso, con quegli occhi azzurri come quelli di Andrea e con i denti perfetti. Lei che mi ha voluto bene come una mamma; forse più di una mamma.
Non se lo merita questo. Quello che sto passando io in confronto è uno scherzo. L’omofobia, gli insulti, i silenzi, le botte sono nulla davanti alla morte; una morte certa da cui nessuno la potrà salvare.
Le sono stato vicino tutto il giorno con gli occhi lucidi, come farò da qui fino alla fine. Non ho pianto; non posso farlo perchè piangerebbe anche Andrea che sta per perdere la sua unica famiglia. Io gli devo dare forza. Concetta lotta e dà forza a entrambi, ma sa già che non ha speranza e perciò me lo ha affidato a cuore aperto.
Non posso piangere o questo specchio rotto che è la mia vita cadrà a terra in frantumi.
19 Luglio 2013 - 23:11
Sono stati dei giorni infernali questi, tra l’ospedale e la casa, la casa e l'ospedale. Le condizioni di Concetta non hanno fatto altro che peggiorare e lei si è spenta piano piano, sempre con quel bellissimo sorriso sul volto, la stretta della sua mano che diventava sempre più debole. È morta tre giorni fa. Concetta, la mamma che ho sempre desiderato e che ho goduto così poco. Sono egoista a dire questo; Andrea è quello che ne sta soffrendo di più, non io. Anche se le voglio un bene dell’anima chi sta peggio è lui.
Anche Andrea si è spento. È diverso, magro, sciupato, la barba incolta, gli occhi spenti; il sorriso assente dal suo viso. Quando è morta noi eravamo lì ed è stato orribile. Stavamo conversando, o almeno io tentavo di raccontare qualcosa a quella povera donna che non riusciva neanche più a parlare, ma mi ascoltava con un sorriso triste sulle labbra. Io le stringevo una mano e Andrea le stringeva l’altra, muto, silenzioso e sconsolato, con le lacrime agli occhi come sempre.
Io non ho pianto. Ci ha stretto un poco le mani. Lei che neanche riusciva a muoversi, ci ha guardati con amore e Andrea ha iniziato a sussurrare in modo sconnesso: "No… No… Ti prego mamma, no!"
Io non sapevo cosa stesse succedendo. Si è voltata verso di me e io l’ho fissata senza sapere cosa dirle, io che per un mese intero ero stato l’unico a parlare. Lei mi ha guardato, mi ha sorriso e mi ha mormorato: "Grazie!"
Niente più che un sussurro semplice, fievole, leggero.
Poi, Concetta ha chiuso gli occhi e se ne andata. Andrea ha iniziato a strillare come un matto mentre io cercavo di trattenere le lacrime; ha chiamato le infermiere, i dottori, ma non c’era più niente da fare.
Andrea è cambiato. Non mi sorride più. Non mi guarda più. È il fantasma di quello che era e io sto per arrendermi, ma devo farcela, o soccomberà anche lui. Se lui cade, lui mia speranza e ancora di salvezza, cadrò anche io.
Lo specchio si è rotto in mille pezzi. Chi li raccoglierà ora?
2 Agosto 2013 - 15:16
Oggi, ero al parco e ho incontrato quei maledetti che a scuola mi hanno riempito di botte per un anno intero; hanno rifatto la stessa cosa e adesso mi fa male dappertutto. E dire che ero uscito a prendere una boccata d’aria.
Andrea ha detto che saremmo stati un po’ insieme proprio oggi. Si sta riprendendo, ma con lentezza infinita. È diventato magrissimo e mi fa preoccupare, anche se non dovrei dire così perchè quello veramente tutto pelle e ossa sono io. Non posso farci niente, però; il cibo è l’ultimo dei miei pensieri in questo periodo. So già che probabilmente non verrà; mi sembra che la nostra relazione si stia consumando senza alcun rimedio e ho paura.
Devo fare qualcosa prima di scomparire.
3 Agosto 2013 - 15:32
Andrea ha detto che si vuole trasferire a Torino da suo padre, quello con cui non parla da quando aveva più o meno cinque anni. Ho pianto, mi ha abbracciato e mi ha baciato. Abbiamo fatto l’amore. Mi ha detto “Giò, sei troppo magro, stai scomparendo…”. Mi ha passato la mano sui lividi, sul mio occhio nero e sul labbro rotto, sulla schiena scarna e ossuta e io mi sono stretto a lui per quella che sapevo già essere l’ultima, magica volta. Gli ho detto tra le lacrime Non mi lasciare! Se cadi tu cado anch'io. Te lo ricorderai? Lui, però, si é rialzato. Perchè io sono ancora per terra?
Mi ha baciato dolcemente sulle labbra e, poi, sulla fronte, per calmarmi. Poi, mi ha guardato con i suoi meravigliosi occhi azzurri e mi ha detto “Dormi”. Mi sono addormentato tra le sue braccia, sul divano incellofanato del suo appartamento, dove eravamo stati un’unica cosa insieme, tra gli scatoloni già pronti per il trasloco.
7 Agosto 2013 - 19:02
È arrivata la fine. Lo sapevo. La mamma mi guarda, preoccupata, ogni giorno; papà mi chiede cosa c’è che non va; Anna piange cercando di attirare la mia attenzione; persino Martina e Lorenzo si comportano da bravi fratelli maggiori. Mi chiedono gentilmente di mangiare; mi dicono che ho il viso scavato e le occhiaie profonde, i capelli di un biondo spento, la carne assente sotto la pelle; mi ripetono di dormire perchè sono notti intere che non lo faccio; mi esortano a ridere o per lo meno a sorridere, anche a piangere se lo volessi.
Io non ci riesco. Tutto quello che riesco a fare è scrivere qui, perchè è tutto finito ormai. Tra quattro giorni Andrea parte e io non lo vedrò più, niente ha più senso senza di lui, senza il suo amore.
Nessuno mi capisce, nessuno.
Ha detto che mi vuole incontrare, che ci vediamo al parco domani mattina.
Oggi, sono uscito di casa camminando come uno zombie; ho osservato la palazzina dove si trova la mia casa; è alta dieci piani; é anonima, grigia. Chissà cosa si prova a volare giù da lì; la brezza che si avverte sulla pelle, la forza di gravità che ti sbatte contro l’asfalto e poi più niente.
Chissà.
9 Agosto 2013 - Non so che cazzo di ora sia.
Oggi, Andrea mi ha lasciato.
Tante parole, rabbia e frustrazione, sofferenze e ferite mai rimarginate, amore spento e amore malcelato; ma tutto il resto non conta.
La vita fa schifo.
10 Agosto 2013 - 23:54
Mancano pochi minuti all’ora del decollo, prima di spiccare il volo e liberarmi di tutto.
Ho ancora i lividi sulla pelle che non sono guariti bene, le parole di Andrea nelle orecchie, gli occhi pieni di lacrime.
Questa pagina è tutta bagnata, maledizione.
Me ne vado, me ne vado davvero questa volta. Volete sapere perchè? Non ce la faccio più.
Sono omosessuale e nessuno mi capisce!
Vi lascio questo mio diario aperto qui, sul tavolo della cucina, sappiate che vi ho sempre voluto bene nonostante tutto. Grazie papà, tu che mi hai sempre accettato per quello che sono; non sai quanto te ne sarò sempre infinitamente grato, anche se domani non sarò più qui. Grazie mamma, tu che mi hai sempre preparato da mangiare, anche se quando arrivavo a sedermi a tavola trovavo il piatto invariabilmente vuoto. Io lo so che lì dentro c’era qualcosa che avevi preparato con tutto quell’amore che non sei riuscita a trasmettermi. Grazie Anna e scusa se non potrò essere presente a tutti i tuoi prossimi compleanni, se non ti potrò prendere in braccio e farti sorridere quando piangi; grazie perché, in questa famiglia, sei quella che ha sempre tenuto di più a me; cresci sana e forte, non farti piegare come me. Grazie Martina, sei stata la miglior sorella maggiore che avessi mai potuto desiderare anche se mi hai fatto male per non avermi mai accettato apertamente; so che dentro lo avevi fatto o, almeno, lo spero visto che, ogni volta che sono stato male, sei stata sempre la prima a soccorrermi e a non staccarti dal letto dove ho riposato fino alla scorsa notte. Insonne, come molte altre. Grazie Lorenzo, anche tu il miglior fratellone che avessi mai voluto avere; lo so che non sei così, che ti fai solo trascinare dalle emozioni; lo so, perchè a scuola mi hai difeso, non hai lasciato che nessuno si avvicinasse a me quando mi eri vicino; hai sempre avuto un occhio di riguardo per il tuo fratellino maltrattato, perchè solo tu potevi riuscirci veramente a farmi sentire da schifo. Va bene lo stesso, grazie di tutto.
Sto piangendo lo sapete? Ma va bene, è l’ultima pagina che questo suicida scrive; l’ultima pagina per dire addio.
Addio anche a te amore mio. Addio, Andrea. Grazie anche a te.
Fategli leggere tutto questo per favore, appena trovate il diario, è importante. Cercatelo prima che parta per Torino; andrà via tra tre giorni. Fategli leggere tutto per dirgli quanto è stato importante per me, quanto veramente lo ho amato E tuttora lo amo; ancora adesso, fino all’ultimo respiro.
Sono caduto come l’ultimo pezzo su una scacchiera; aspettavo solo il tuo scacco Andrea e, ora, sono giù nel burrone. Va bene. Va bene così perchè adesso me ne andrò. Dio, quanto mi manchi Andrea! Anche se mi hai lasciato solo ieri, mi chiedo perché. Io che ti ho dato per intero il mio cuore, tutto il mio corpo, tutto il mio tempo, la mia devozione. Io che ti sono stato vicino quando Concetta, la mia adorata suocera – ho sempre amato chiamarla così e, quando glielo dicevo, lei rideva tutta contenta con quel suo sorriso identico al tuo, meraviglioso – se ne è andata via, e ora la raggiungerò, stanne certo. O forse no.
Com’è che dicevano? I suicidi non vanno in Paradiso.
E i finocchi bruciano all’Inferno.
Sicuramente, sarà un posto più caldo che qui. Siamo in piena estate, ma io ho tanto freddo; tra un po' arriveranno i pinguini a farmi compagnia.
Beh, é ora di andare. Adesso scoprirò com’è buttarsi giù dalla palazzina; deve essere folle, incredibilmente bello, almeno quanto il mio Andrea. Grazie a tutti. Questo sarà l’ultimo brivido della mia vita; volerò via dalla sofferenza che mi porto dietro. Finalmente.
Addio.
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Unchanged
Short StoryGiorgio ha un diario dove scrive di tutte le sue battaglie quotidiane. Infatti, ogni giorno deve combattere contro i pregiudizi della gente, contro i calci dei bulli , contro la ferita che lascia nel suo cuore l'amato Andrea, contro la sua famiglia...