capitolo 25

1 0 0
                                    

Corsero per tutta la sera, mettendo più distanza possibile tra loro e la stazione di servizio. Non sapevano nemmeno quanti chilometri avevano macinato in quelle ore, tuttavia, comunque la mettessero, sembravano sempre troppo pochi. Mantennero la direzione giusta per gran parte del percorso, continuando a seguire l'autostrada. Ma, quando ormai le ombre si facevano sempre più lunge, e la luce del giorno scompariva a poco a poco, decisero di fare una piccola deviazione. Si diressero verso una collinetta  sormontata da una piccola casa di compagna, a poche centinaia di metri di distanza dalla strada principale. Raggiunsero il riparo di fortuna al tramonto, poco prima che il sole scomparisse oltre l'orizzonte. La casetta, alta un piano soltanto, aveva tre stanze, un soggiorno - cucina e due bagni. Era abbastanza grande da accoglierli tutti. Una volta messi da parte gli zainetti e le armi, Emilia e Steven serrarono tutte le tende. Arold e sua moglie si occuparono di rafforzare le porte, mettendo dietro di esse mobilie varie.
"Ok, così dovrebbe reggere."
Sospirò Clara. Sul suo volto scorrevano spesse gocce di sudore, le quali finivano col cadere sul pavimento producendo un lieve suono, triste e monotono. Prima che potesse dire altro, cadde sulle ginocchia. Il marito le corse incontro.
"Hey amore va tutto bene. Adesso ti porto in camera, così potrai riposare."
Arold cinse il corpo di sua moglie, sollevandola da terra. Poco dopo, scomparvero in una delle tre camere.
Emilia e Steven li seguirono con lo sguardo, poi andarono a sedersi su un divano logoro. Più che sedersi, ci ricaddero sopra, dal momento che le loro gambe non erano più in grado di reggere il peso del corpo. Ogni singolo muscolo era indolenzito, ogni fibra del loro corpo gridava pietà. Il punto è che, durante la corsa, non si resero veramente conto di quanto dolore provassero, poiché la paura di essere raggiunti dalle creature era ben più grande del dolore fisico.
"Non ce la faccio più!"
Urlò Emilia. Il suo grido colse tutti i presenti alla sprovvista. Arold si affacciò dalla porta della sua camera, convinto che qualcuno avesse emesso un grido di terrore. Aiden Incrociò lo sguardo della ragazza.
"Che c'è?"
Chiese lei inalberata. Le sembrava di aver colto un giudizio negativo nello sguardo di lui, ma non era così in realtà.
"Nulla nulla."
Rispose il ragazzo sulla difensiva.
"Non ti stavo mica giudicando. Anzi, tutto il contrario."
Emilia si voltò verso Steven.
"Oddio quanto vorrei che ci fossero mamma e papà."
"Non penso sarebbe una buona idea." Disse il fratello.
"Come?"
"Sai, magari loro sono riusciti a raggiungere un luogo sicuro. Non auguro a nessuno di ritrovarsi nella situazione in cui ci ritroviamo noi. In effetti, forse è un bene che non siano qui anche loro."
Emilia non seppe cosa rispondere all'inizio. Poi un dubbio si insinuò in lei.
"Sei sicuro che ce l'abbiano fatta?"
La domanda colse Steven alla sprovvista. Lì per lì non seppe cosa rispondere, ma poi Aiden lo salvò da una desolante scena muta.
"Non possiamo averne la certezza. Ma non possiamo avere la certezza neanche del contrario. Immagino che dobbiamo aggrapparci alla speranza che loro siano in condizioni migliori, e che magari un giorno li possiamo ritrovare. . .Forse anche noi riusciremo ad essere finalmente in condizioni migliori."
Aiden accennò un sorriso timido verso Emilia, la quale ricambiò. Intanto, Hattie sorrise a sua volta.
"Aiden ha ragione."
Esordì, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo.
"Questa è la situazione, e fa schifo. Ma se siamo arrivati fin qui, forse non tutto è perduto. Per adesso abbiamo dato prova che, uniti e concentrati, possiamo farcela."
Detto questo, Hattie si diresse verso le finestre, scostandole leggermente.
"Nulla in vista, forse stanotte riusciremo a dormire sonni tranquilli. Tuttavia, rimangono i turni di guarda come al solito. Adesso vado a riferirlo anche ai due sposini. Per quanto riguarda voi, fareste meglio a riposarvi per adesso."
La donna indicò i tre ragazzi, poi le due stanze oltre il corridoio di legno.
Emilia fece uno sforzo immane per rialzarsi dal divano. Ormai si era abituata ai cuscini, che, sebbene vecchi e logori, fornivano comunque un supporto. Con una lungo lamento di stanchezza, seguito da un sonoro sbadiglio, la ragazza si diresse verso una delle due camere. Senza curarsi di chiudere la porta, cadde sul letto e li rimase distesa. I due ragazzi, dal salotto, riuscivano a vedere le sue scarpe che sporgevano dal materasso.
Aiden si mise a sedere sul divano, accanto a Steven.
"Hey." Disse Quest'ultimo.
"Hey." Rispose l'atro, arrossendo.
"Ecco io. . . Non ho avuto il tempo di ringraziarti. . .per quello che hai fatto oggi alla stazione di servizio."
Steven arrossì a sua volta.
"Oh figurati, non è stato niente."
"Non è vero. Tu sei l'unico ad aver notato che stavo malissimo. Stavo per svenire. Era un attacco di panico bello e buono quello."
La sua voce aveva assunto un tono serio, ed il suo sguardo lo era ancora di più. Steven assunse la stessa espressione ricomponendosi un po'.
"Hai ragione, so che per te è stato un momento terribile. Vederti in quelle condizioni mi ha spaventato molto, avrei fatto qualsiasi cosa pur di aiutarti."
In effetti, dopo che Aiden era riuscito a scappare dalla stazione di servizio, Steven aveva notato che qualcosa non andava bene. Mentre tutti erano occupati a riprendere fiato, Aiden si era seduto sull'asfalto, colpito da violenti tremori. Il suo corpo non gli obbediva, piccole e rapide convulsioni lo tormentavano, mentre il respiro iniziava a mancargli. Il suo volto, da roseo che era, aveva assunto un colore pallido e malato, mentre sudore freddo lo ricopriva dalla testa ai piedi. Non appena Steven si rese conto delle sue condizioni, si precipitò in suo soccorso.
" Ed io avrei fatto lo stesso, se fossi stato tu al posto mio." Disse Aiden, sorridendo.

Successivamente, senza alcun preavviso e senza alcun motivo apparente, dal momento che non era una situazione particolarmente romantica, Steven si sporse in avanti e lo baciò. Non fu un bacio particolarmente lungo, neanche particolarmente passionale o speciale. Fu un semplice momento di gioia che Steven cercò di afferrare, alla cieca, ignaro della reazione che Aiden avrebbe potuto avere. Quest'ultimo, una volta che Steven si staccò dalle sue labbra, lo guardò senza dire nulla. Non sapeva bene neanche lui cosa fosse realmente accaduto. Gli era parso come un fulmine a ciel sereno, che colpisce senza alcun preavviso e senza alcuna ragione apparente, ma che lascia un ricordo indelebile nell'animo. I due si guardarono per qualche secondo, uno incredulo e rossissimo in volto, l'atro quasi pentito di ciò che aveva fatto, non vedendo alcun tipo di reazione dall'altra parte. Altri secondi interminabili passarono nel più completo silenzio. L'aria era immobile e tesa, ma, finalmente qualcosa in loro due scattò. Finalmente, il vero bacio arrivò, colpendo entrambi con la forza di un uragano, il calore di un'immensa scintilla e la violenza di un'onda che si infrange su alte scogliere. Le loro labbra si unirono in un unico elemento, i loro corpi entrarono in contatto l'uno con l'altro. Steven, rapito e soggiogato dalla meraviglia del momento, passava le sua mani sulla schiena di Aiden, tra i suoi capelli e nell'incavo del collo. La stanza pareva vorticare, allargarsi e restringersi senza controllo alcuno, mentre i battiti dei loro cuori iniziavano a rincorrersi fino a diventare un tutt'uno. Infine, quando si allontanarono leggermente l'uno dall'altro, rimasero ad osservarsi. Sorrisero, si distesero sul divano e si addormentarono.

2067Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora