Avevano vinto.
Tutto aveva vorticato prepotentemente attorno a Riccardo: le luci dell'Ariston, il suono degli applausi del pubblico, le parole di Amadeus, Elisa, Gianni. Poi ogni pensiero era tornato al proprio posto e la consapevolezza l'aveva centrato in pieno. Avevano vinto.
La corsa verso sua mamma, l'abbraccio con Alessandro, cantare di nuovo la loro canzone; quelli erano tutti ricordi che, freschi e al contempo confusi, riempivano la sua mente mentre guardava gli altri festeggiare ed era impegnato a essere lui stesso il centro dei festeggiamenti. Si sentiva cosciente di quello che gli stava succedendo, stava vivendo appieno il momento.
Da tutta la sera lui e Ale venivano chiamati da chiunque passasse vicino, entrambi venivano accolti con parole di congratulazioni e calorose pacche sulle spalle che spesso diventavano abbracci. Tutti cercavano un loro sguardo, quasi tanto spesso quanto lui cercava quello del suo compagno di viaggio. Non sapeva se Alessandro fosse conscio quanto lui di tutto quello che stava succedendo, se stesse cercando di imprimere ogni singolo istante nella sua memoria; dopotutto, una vittoria l'aveva già vissuta.
Avevano festeggiato dietro le quinte, a cena, sui tavoli, sullo stesso balcone dal quale qualche ora prima della finale avevano salutato i fan. Riccardo aveva scattato parecchie foto, molte le aveva fatte Alessandro, innumerevoli altre erano già sui telefoni e sulle storie dei loro amici e del loro team. Sapeva che non avrebbero dormito nonostante in programma avessero l'ospitata a Domenica In e qualcuno gli avesse già accennato qualcosa riguardo a Che tempo che fa. "Ma non hanno già il Papa come ospite?" aveva chiesto confuso ad Alessandro, e poi ancora: "Quindi potrò sedermi nella stessa poltrona di Sebastian Vettel?".
La notte diventava sempre più lunga e quando, incespicando leggermente nei suoi passi, Riccardo entrò nella camera d'albergo constatò dalle prime luci dell'alba che era già mattina.
"Ale ma è febbraio" disse piano, guardando fuori dalla finestra.
Alessandro lo guardò confuso, forse un po' stanco. Ovviamente era stanco, ma nonostante ciò gli rivolse uno sguardo dolce, cercando di capire. "Certo che è febbraio."
"Allora siamo in inverno" ribatté Riccardo, "siamo in inverno e quindi l'alba arriva più tardi. Che ora abbiamo fatto?"
Alessandro rise. Non avevano bevuto poi così tanto; per lui era passato abbastanza tempo dall'ultimo bicchiere cosicché i pensieri avessero già acquisito un flusso più o meno normale. Riccardo d'altro canto, bloccato sia da Alessandro stesso che dai suoi genitori, poteva ancora dirsi quasi sobrio a metà nottata e in quel momento i suoi ragionamenti non erano poi lontani da quelli che avrebbe fatto normalmente.
"Sono le sette e dieci più o meno, direi che abbiamo fatto tardi."
Riccardo lasciò stare la finestra e il panorama che gli offriva e si girò verso Alessandro e la stanza. La sua stanza. Aveva lasciato che il più grande lo guidasse e quando Alessandro aveva tirato fuori la chiave elettronica per entrare l'aveva seguito in silenzio, come aveva già fatto svariate volte.
"Hai sonno?" gli chiese Alessandro, ancora immobile di fronte a lui.
"Sì, ma no" fece un pausa e poi proseguì, "no, ho appena vinto Sanremo, non voglio dormire."
Ancora una volta era Riccardo, lo stesso che d'estate si lamentava perché il sonno gli portava via troppo tempo e quindi tirava avanti finché non crollava. E Alessandro, ogni volta, lo doveva portare dal divano al letto, dal tavolo al letto, dal pavimento al letto. Solo che questa volta nemmeno lui aveva sonno. Chiese a sé stesso cosa volesse fare e sapeva che se fosse stato solo la risposta sarebbe stata pensare. Non gli sarebbero rimaste poi tante altre opzioni, forse quella di un giro per Sanremo. Però non era solo: Riccardo era ancora di fronte a lui, per metà perso nei suoi pensieri.
"Che coincidenza, anche io ho appena vinto Sanremo! Ti va di non dormire insieme?"
Riccardo rise e sembrò bastargli quello per uscire dal labirinto della sua mente. Si buttò sul letto fatto al suon di "Non ho sonno ma i miei muscoli gridano pietà, sto diventando vecchio come te."
Alessandro segui l'esempio del più piccolo, aggiungendo una gomitata per l'oltraggio appena subito. "Divertente, molto divertente."
"Lo so che lo è."
Riccardo era steso sulla schiena, un'ottima posizione da cui guardare il soffitto niveo; Alessandro era steso sulla pancia con il volto appoggiato contro il braccio, un'ottima posizione dalla quale guardare Riccardo. Forse l'aveva guardato un po' troppo intensamente perché lui si girò.
"Quale vittoria preferisci?" chiese Riccardo piano. Vide l'espressione confusa dell'altro e si affrettò a specificare un poco, "se ti chiedessero di scegliere tra il 2019 e il 2022 quale vittoria sceglieresti?"
Alessandro era sicuro che gliel'avrebbero chiesto prima o poi, magari a qualche Talk Show oppure davanti a una penna e un pezzo di carta, così da pubblicare la sua risposta su qualche rivista. Sapeva però che Riccardo non aveva le stesse intenzioni di un conduttore, o almeno lo sperava con tutta l'anima. Voleva che fosse una domanda spontanea, la cui risposta sarebbe stata custodita gelosamente nella mente dell'altro. Voleva che, se gliela avessero fatta di nuovo vicino a Riccardo, lui si infastidisse un poco, perché era la sua domanda. Sperava che volesse scoprire i lati più nascosti di lui, a partire proprio dalla sua vittoria preferita.
Era domenica, la prima dopo Sanremo, l'ennesima passata con Riccardo, e per la prima volta Alessandro ammetteva a sé stesso che avrebbe dato tutto pur di avere la conferma che tutto ciò che si era tenuto dentro in quei mesi era reciproco, che anche Riccardo pensasse a lui non come a un amico.
"Questa" rispose Alessandro, "decisamente questa, perché non sono solo."
Promise a sé stesso che avrebbe usato tutto il coraggio e tutta l'adrenalina che gli correvano in corpo per dire ciò che sentiva realmente se solo ne avesse avuto l'opportunità. Qui e ora. A Sanremo, a Riccardo.
"E non ti pesa il fatto che mi dovrai sopportare fino a maggio, fino all'Eurovision?"
Ci volle un attimo di riflessione per dirlo, ma alla fine lo fece: "Non approfittarti delle mie parole per tentare di tuffarti nell'oceano un'altra volta ma ti sopporterei per molto di più."
"Per quanto di più?"
"Anche per una vita. Magari in un bilocale a Milano, abbona un cane se vuoi." Verità e scherzo, tanta verità e un cuscino di salvataggio in caso stesse fraintendendo tutto.
"Mi sono sempre piaciuti i bassotti."
Dio, era una tortura. Ed era un rischiatutto. Se avesse sbagliato, avrebbe cercato di rimediare spiegando.
Alessandro si spinse un poco verso Riccardo, circondando la sua vita con il braccio destro. Aveva una paura dannata di rovinare il ricordo di quella notte per sempre e aveva paura di rovinare un'amicizia, ma era stanco di sbagliare sempre aspettando.
Riccardo però fu più intraprendente.
Prima che Alessandro potesse realizzare ciò che stava succedendo Riccardo aveva premuto forte le labbra contro le sue, tremando un po'. Un bacio casto, appena titubante, carico di risposte a domande che Alessandro si faceva da mesi e che Riccardo non sapeva di avere.
Si strinsero a vicenda, rassicurandosi, e quando il bacio terminò Riccardo nascose il viso nell'incavo del collo dell'altro. Non capiva tutto, ma stava bene ed era abbastanza. "Ale però non lasciami, okay?"
Alessandro in tutta risposta lo strinse più forte, sperando di poter trasmettere le parole ancora non dette.
"Forse un po' di sonno ce l'ho" disse timidamente Riccardo.
Avrebbe fatto ridere, ore dopo, la domanda avete dormito stanotte?
━━━━ dall'autrice
Paragrafi lunghi e riferimenti alla Formula 1 che spero qualcuno capisca (if so, hit me up!), direi che sono proprio io. Questi due mi hanno rubato il cuore – Mahmood me l'aveva già rubato tempo fa – e ho scritto tutto ciò di getto, senza dargli particolari riletture.Alla prossima,
K. <3
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La notte più lunga della nostra vita
FanfictionLa notte dopo aver vinto Sanremo è lunga, non c'è dubbio.