di botta

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solitudine.
estate.
Due termini che alla mia tenera età dei dieci anni viaggiano a braccetto con un sorriso stampato sul volto e in sottofondo una canzone di max pezzali.
L'essere obbligata a stare giorni interi con persone narcisiste,antipatiche le quali ti escludevano e, quelle rare volte che ti intromettevano in un discorso, era per sfotterti nel vero senso della parola,senza lasciare nessun sorriso se non mille paranoie su ogni centimetro del proprio corpo.
Avevo solo dieci anni eppure quei quattro mesi che ognuno collega alla felicità estrema,alla spensieratezza, all'allegria,per me erano il vero e proprio inferno.
Purtroppo,destino tanto amico,che come ben si nota, mi ama estremamente,vuole che il mio inferno sia proprio il posto di lavoro dei  miei genitori, di conseguenza non potevo fuggire ed ero pur sempre troppo piccola per restare da sola a casa fino a notte fonda.
Ringrazio solo Dio che fortunatamente prima dei di questa età le mie amiche,oltre a mia sorella,erano due ragazze e passavamo la giornata con i bambini come se fossimo delle babysitter quasi esperte quasi nate per tenere nelle mani un piccolo fagiolo, nonché unə neonatə.
Poi all'estate del 2016 ( se possono permettermi, un bel numero di merda) si aggiunge altra gente al nostro quartetto,da quattro ne diventammo quindici (se la mia mente non m'inganna) ; in poche parole un gruppo formato dalla generazione Z del momento che viveva in quel parco così bello dall'esterno,ma così brutto all'interno: era decisamente una maschera verde,oppure una di quelle torte che sembra rappresentare un oggetto talmente tanto realisticamente da non volerci credere che invece tutto è commestibile, decisamente una bruttissima illusione.
Ritornando al discorso iniziale,il gruppo si allargò e tutto fu in discesa.
Per avere dieci anni ed essere piena di gente attorno a me erano poche le volte che mi ritrovavo in compagnia e stavo bene,si possono letteralmente contare sulle dita di una sola mano.
Ero così abituata a passere le giornata tra i bagni in piscina,senza nessunə attorno, mentre giravo su me stessa e giocavo da sola ad un qualcosa che inventavo su due piedi giusto per crearmi e illudermi di poter godere di un po' di allegria
Il mio posto preferito erano le scale,in particolari quelle adiacenti al bar.
Scale sotto lo sguardo di tuttə.
Stare seduta la equivaleva al stare al centro di un palco con trentatré luci addosso che ti illuminavano tanto da scioglierti la pelle.
Eppure nessunə si è mai accortə dei miei occhi piccoli e rotondi lucidi,pieni di acqua salta che scendeva piano piano sulle guance,sorpassavano le labbra,e certe volte attraversavano anche la maglietta e fermarmi su di essa.
Eppure mai nessunə si è resə conto del mio sguardo triste mentre guardavo,giocavo e contavo le mie dita,come se fossi dentro ad un loop
Eppure mai nessunə ha notato il mio corpino curvy tremare mentre la mia mente era annebbiata dalle paranoie che quei coglioni,i quali reputavano i miei migliori amici, mi provocavano.
Le mie estati per due anni (e fortunatamente solo due) si era incupate, erano diventate nere,un nero di pece,un nero dove non c'è fondo,dove non c'è luce ed io,in un certo senso,mi ero stancata di trovarla
Pertanto ero una bambina ingenua,cocciuta ma pur sempre buona con un cuore disposto ad amare tutto ciò che gli capitasse sotto gli occhi,anche un cestino ribaltato.
Vedevo del bene in quelle persone e cercavo di convincermi che fosse tutto uno scherzo anche se la mia mente sapeva che non c'era proprio traccia,manco negli angoli,di una pura ironia
E Dio mio forse se sono sopravvissuta a tutto questo è anche grazie al ristorante dei miei genitori,a quella cucina,dove insieme a mia zia cucinavo prima dell'apertura oppure alla sala dove insieme alle varie cameriere,tra cui mia madre,apparecchiavo con un sorriso sincero le tavole,come se quel che mi costringeva a vivere quell'incubo fosse ciò che mi rendesse felice.
Devo ringraziare anche i bambini.
Se oltre il ristorante era felice era anche grazie a loro,ai loro sorrisi alla loro bontà e alla loro voglia di avermi vicino; gli unici a sopportarmi.
I loro corpicini così soffici da sembrare delle nuvole dove volevo affogare,mi portavano fuori dalla realtà, un benessere nel malessere. Erano la mia bolla.
Non faccio una colpa a mia sorella,aveva solo dodici anni ed era giusto che almeno lei tra le due si godesse l'estate
È giusto che non è riuscita a vedere il mio sguardo perso tra la gente
Era semplicemente accecata dalla felicità
Non c'era un equilibrio: il destino ha voluto che lei ne avesse tanta ed io niente.











-me🤸
Lo so che è triste e lo so che sembra anche "surreale" quasi finto che io a soli 10 anni provassi ciò però se dico inferno mi riferisco al significato letterale, denotativo
Mi riporto anche tutt'oggi i loro commenti, semplicemente ci rido sopra mandandoli mentalmente a fanculo e spero che anche voi fate ciò,perché è ciò che dovete fare
non lasciatevi guidare da persone esterne che di te forse,con tanto di arrotondamento per eccesso,capiscono solo l'unghia
solo voi conosce il vostro vero io,solo voi sapete come state al 100%,solo boi avete il diritto di giudicarvi
Tutte le critiche non le dovete sentire,non sono ciò che vi farà e fa bene,e non sarà ciò che ci porterà lontano
Dare ascolto alle critiche negative equivale al nascondere se stessə al mondo; equivale al provarci in piccola parte delle pura felicità
Mi scuso ovviamente per gli errori grammaticali e per l'uso sbagliato del neutro💗

non ho un cazzo da fare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora