Prologo

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Ero senza parole, la voce non riusciva ad uscire fuori, non c'era nulla che potessi fare per sforzarla. Guardavo il ragazzo davanti a me con gli occhi sbarrati dal terrore. Non erano le sue ali a spaventarmi, né quella cicatrice sul suo occhio, era il suo viso. Era divertito dalla mia reazione.

Dalla mia paura.

"Oh andiamo, cosa ti aspettavi? Non potevo lasciare che andassi via, non che tu potessi farlo, ma avresti provocato più danni del previsto."

Avendo visto ciò di cui era in grado, sapevo che stava continuando a sbeffeggiarmi. Stava ridendo di me e di tutti i miei tentativi, a partire da quando feci finta di non averlo mai visto e mai sentito. Ma lui sapeva di ogni singola volta, e il sorriso arrogante che portava ora era lo stesso di tutte quelle volte. E' sempre stato un gioco e non avevo mai avuto chance di vincere.

"Non è corretto." Sbottai di colpo, cercando di riprendere un briciolo di controllo. La cosa sembrò attirare la sua attenzione dato che la sua faccia si fece più seria. Alzò un sopracciglio con aria interrogativa, e a giudicare dal suo sguardo stava solo aspettando per poter ridere ancora di me.

"Non ho mai avuto una chance di vincere contro di te, non hai... giocato secondo le regole giuste." Era patetica come ultima linea di difesa, ma era tutto quello che avevo. La mia gamba ferita non mi consentiva di muovermi a tal punto da scappare da lui, ma pur essendo in ottime condizioni mi avrebbe comunque trascinata in questo posto, ancora. E solo dopo aver espresso il suo disappunto e avermi umiliata di nuovo, avrebbe aspettato così impazientemente per farmi nuovamente a pezzi.

"Eh?" sembrò sinceramente confuso. Portava un'espressione quasi normale sul suo viso, ora era corrucciato mentre mi guardava. Poi lo vidi: un accenno di sorriso che pian piano si trasformò in una risata. Era una di quelle che non vorresti mai sentire, una che riesci a ricordare anche dopo vari anni per l'umiliazione subita. Una che ti lacera al ricordo.

"Le regole? E quali, le mie? Tu non hai mai avuto posto in questo gioco, sono io che ho deciso di giocare con te. Sei il mio giocattolo."

Le mie spalle si abbassarono in segno di resa e stanchezza. Ero esausta, mi sentivo umiliata e il dolore fisico era ormai insopportabile. Sapevo di aver provato il possibile e per questo sperai in una morte veloce.

Non mi fu concessa, mi fu concesso un destino ben più peggiore.

Si inchinò al mio livello, inclinando la testa fino a che i suoi occhi non incontrarono i miei. Lentamente portò la sua mano al mio viso e iniziò ad accarezzarmi lentamente la guancia, mandandomi una serie di brividi gelidi per la schiena.

"Credimi, il tuo inferno è appena iniziato." 

Winged Despair. (Dark Story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora