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Il rombo di un tuono ruppe il silenzio che il cielo plumbeo aveva posato sul bosco. Le alte fronde degli abeti lasciavano intravedere il colore delle nubi, che dal rosa salmone del tramonto stava velocemente virando verso il tortora. L'aria carica di umidità stava facendo arricciare prepotentemente le punte dei miei capelli, sarei tornata a casa con un cespuglio in testa. Quando la prima goccia di pioggia mi cadde sulla punta del naso, alzai gli occhi al cielo e respirai a pieni polmoni l'odore dell'acqua, prima di cominciare a correre per cercare un riparo provvisorio. Venne giù un temporale coi fiocchi, uno di quelli che ti fa penetrare il freddo fin nelle ossa. Uno di quelli belli da guardare solo se si è in casa, con una bella tazza di tè caldo e lo sfrigolare delle braci nel camino.

- Accidenti, sembra proprio non voler smettere per ora - sospirai, stringendomi nelle spalle mentre cercavo di resistere al freddo come meglio potevo. Ero all'asciutto, almeno per il momento, sotto un arco di pietra grezza alquanto massiccio. Pareva il rudere dell'arcata di un vecchio e imponente edificio. Chissà se quelle macerie erano state una chiesa, una casa... o una tomba. Dopotutto, il cimitero era poco più avanti. Continuando ad esplorare con lo sguardo quella piccola oasi, mi accorsi di un cancello in ferro battuto, dietro le mie spalle, che introduceva in un grazioso giardino di rose. Nonostante l'aspetto trasandato del rudere, quello spazio sembrava ben curato. Arrampicate alle colonne ancora in piedi, mazzolini di rose si aprivano come ombrelli dal tenue pallore, mentre a terra una viuzza sterrata serpeggiava in mezzo a cespugli di rose vermiglie. Il tetto parzialmente crollato di quell'abitazione mi permise di addentrarmi in quel giardino senza correre il rischio di essere bagnata dalla pioggia. L'atmosfera era surreale, mi sentivo una Alice un po' cresciuta in un inaspettato e umido paese delle meraviglie. Per entrare ancora meglio nella parte, slegai il nastrino con cui tenevo insieme i libri che portavo con me e lo trasformai in un cerchietto per sistemare i capelli, con tanto di fiocco. Lasciai scorrere le mani sui petali morbidi delle rose, mi feci trasportare dal loro profumo e dalla loro bellezza e iniziai a danzare, concedendomi qualche piroetta per far gonfiare la gonna del vestito. Ero talmente assorta nelle mie fantasie da non accorgermi di non essere sola. C'era la sagoma di una persona vestita di nero, lo stesso colore dell'enorme ombrello che gli copriva il volto.

- Salve, stavo dando un'occhiata a questo splendido giardino... è lei che se ne occupa? - chiesi al misterioso figuro da cui, tuttavia, non ottenni nessuna risposta. Forse avevo parlato troppo piano, forse il rumore della pioggia battente aveva coperto il suono delle mie parole. Nonostante fossi alquanto imbarazzata, decisi di avvicinarmi, facendo attenzione a non capitare nei punti fangosi del giardino, e quando lo raggiunsi mi accorsi che si trattava di un ragazzo: era alto, avvolto in un lungo mantello e aveva le dita lunghe di una mano attorcigliate delicatamente attorno a una rosa di un malsano colore. - Non è bellissima? Ho intenzione di farle tutte così... - sussurrò con un filo di voce, come se stesse parlando con quel fiore piuttosto che con me. Sembrava un vegetale di un altro mondo, era avvizzito e ricurvo, pieno di spine, e il colore dei petali era opprimente a guardarlo troppo a lungo. Una gelida folata di vento mi fece rabbrividire, e raccolsi le braccia davanti al petto per cercare di conservare il mio calore corporeo. - Brrr... - sussurrai. Il ragazzo se ne accorse, e senza alcuna esitazione mi strinse a sé. Avevo entrambe le mani appoggiate sul suo petto mentre il resto di me era avvolto nelle pieghe rosse del suo mantello, talmente lungo che il bordo in pizzo della mia gonna s'intravedeva a malapena.

- Ti piace il mio giardino? - mi chiese quando finalmente distolse gli occhi da quella rosa e mi guardò. Aveva un paio di occhi verdi che parevano smeraldi, e magari era solo una mia impressione eppure mi sembrava che un bagliore sinistro li stesse facendo brillare. E mi persi così tanto nel suo sguardo da non accorgermi che, nel suo petto, mancava un cuore che batteva. Percepivo la stessa sensazione di disagio che avevo avuto guardando quel fiore malato, perciò annuii debolmente indecisa sul da farsi.

Il Giardino Segreto di Ayato.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora