Prologo

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Vi siete mai abbandonati ad un emozione?

Sembra una domanda banale, forse fatta così un po' soprappensiero ma, vi siete mai abbandonati completamente ad un emozione?

Io ho sempre pensato di sì ma sbagliavo.

Succedono cose nelle nostre vite, cose che potremmo dopo un attenta analisi definire scatenanti che ci permettono di far mente locale su fatti e decisioni che pensavamo fossero insignificanti; come perdere l'autobus alla mattina ,non avere più il caffè  nella dispensa o aver finito il dentifricio.

Si, sono cose irritanti e dannatamente frustranti, sopratutto quando sei in ritardo... ma non è questo il punto; non facciamo caso a queste piccole seccature, perché diciamocelo lo sono, il fatto è che viviamo la vita in un perenne loop disordinato e frenetico, ci accorgiamo a malapena dei nuovi brufoli che ci ricoprono la faccia alla mattina per il semplice fatto che siamo abituati a vederli, quindi quando ci guardiamo allo specchio non vediamo altro che la stessa immagine senza nessun altro difetto percettibile perché non ci saltano all'occhio.

Insomma per dirla come si deve... viviamo con i paraocchi e in molte situazioni non sappiamo nemmeno come ci siamo capitati.

Io, non so spiegare davvero come sono arrivata a questo punto.

Quella mattina non avevo voglia di andare a scuola, era una di quelle giornate dove non hai bisogno di niente e di tutto, di compagnia ma anche di stare isolata da tutti.
Non hai voglia dalle domande e dagli sguardi dei tuoi amici che scannerizzano ogni tuo atteggiamento per ricavare delle informazioni per capire cosa ti sta passando per la testa.

Quella mattina non avevo le forze per affrontare nulla di tutto ciò.

Appena finito di fare colazione con pancake e sciroppo d'acero ,che per la precisione solitamente la mia porzione mattutina è 70% sciroppo e il  restante 30% pancake giusto perché non è mai abbastanza quel viscoso nettare color ambrato.

Corsi a prepararmi per la giornata di "scuola" non mi ci volle molto Indossai i miei adorati jeans strappati a vita alta una maglietta bianca a righe nere che arrivava giusto a coprirmi l'ombelico ma che mente mi muovevo lo scopriva leggermente.
Mi truccai appena appena come ogni mattina, ombretto chiaro  con una leggera sfumatura di nocciola che partiva dalla piega dell'occhio accentuandola fino a poco sotto il sopracciglio, mascara, con quello abbondavo sempre, mi piace avere le ciglia lunghe  che rendono i miei occhi azzurri ancora più grandi e avvolgenti.
Il trucco mattutino si conclude sempre con un po' do matita sotto gli occhi e burro di cacao sulle labbra.
Quella mattina mi feci le trecce lasciando qualche ciuffo di capelli a contornarmi in visto.

Dopo una veloce sistemata alla stanza che consisteva nel "rifare il letto" tirando fino al cucino il piumone che come ogni mattina era mezzo penzolante sul pavimento, appoggiando in ordine sparso i pupazzi  che tenevo sul letto per bellezza,ogni sera li facevo cadere sulla pedana prima di andare a dormire e ogni mattina li riposizionavo sul letto creando una sorta di finto ordine che faceva contenta mia madre, mentre io ero contenta di non sentirla blaterare le stesse cose ogni mattina come una vecchia cassetta inceppata.

Ultima controllata allo specchio
non si sa mai che in quei 30 secondi la mia fantastica acconciatura fosse stata stravolta dall'intensa attività motoria del rifacimento mattutino del letto.
Prendo lo zaino che tengo sempre sulla sedia vicino alla finestra e la giacca e mi avvio verso le scale per uscire di casa.

Mentre scendevo l'ultima rampa di scale saltando gli ultimi tre gradini con un atletico balzo in avanti, nell'ingresso risuonò forte il mio batter di piedi contro il pavimento come se fosse stato un colpo di petardo, sordo e fulmineo che ruppe per pochi istanti il silenzio della stanza, fu allora che sentii mugugnare mamma.

Camminai verso la porta del salotto mentre lo zaino che portavo sulle spalle tintinnava ad ogni mio passo, erano tutti i ciondoli e i braccialetti con piccoli campanelli attaccati alle cerniere del mio vecchio zaino di scuola.

Ogni estate infatti ne compravo uno insieme al mio migliore amico Noah per sigillare il passaggio di un altro anno passato insieme e l'inizio delle vacanze.
I bracciali erano tutti diversi  ed erano speciali, ognuno di loro era il ricordo di un posto che avevamo visitato insieme, un nostro viaggio un'avventura.
Io e Noah eravamo inseparabili, lo conoscevo dalle elementari ed eravamo inseparabili.
Vivevamo esattamente a 326.5 passi di distanza "lo so perché li avevamo contanti insieme".
E quel tintinnio ad ogni passo me lo faceva sentire con me anche se non lo era.

Mamma era in salotto sdraiata sul divano, sembrava stremata, come se il suo corpo non avesse più forze.
Nell'ultimo periodo aveva fatto i doppi turni in ospedale e rientrava sempre molto tardi.

Spesso la mattina infatti la trovavo addormentata sul divano, non aveva nemmeno la forza di togliersi dai piedi le scarpe, la scorgevo li, consumata da una giornata infinita di lavoro.
Quando capitava di vederla li mi avvicinavo a lei,le baciavo la fronte e la coprivo con una piccola coperta che  tenevamo ben piegata sul bracciolo della poltrona vicino alla finestra.

Quella mattina però la vidi arrotolata dentro la coperta con la schiena rivolta verso l'esterno del divano,abbracciata ad un cuscino  con il viso nascosto da piccole ciocche di capelli color nocciola.
Facevano comunque travedere  i segni di lacrime sottili che poco prima  che si addormentasse le avevano rigato incessanti il viso.
Rimasi qualche istante sulla porta prima di dirigermi verso la porta d'ingresso.

< ti voglio bene mamma > dissi prima di chiudermi la porta alle spalle e lasciarla dormire sul divano ancora con le scarpe ai piedi.

< ti voglio bene mamma > dissi prima di chiudermi la porta alle spalle e lasciarla dormire sul divano ancora con le scarpe ai piedi

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