Jimin si chinò a raccogliere la bottiglietta d'acqua lasciata per terra, stappandola e bevendola.
Sì passò poi una mano fra i capelli, che di quei tempi erano biondi, e lanciò un'occhiata di sbieco a Jungkook.Il maknae era accasciato per terra, la schiena contro la parete, un leggero fiatone, gli occhi grandi e scuri fissati sulle sue mani.
Erano dentro lo studio da tutta la giornata, ma si erano rivolti a malapena la parola.
Era raro che capitasse: solitamente, i due si trovavano sempre bene insieme, e in qualche modo finivano per parlare di qualcosa, qualunque cosa.Oppure, almeno si trovavano vicini: Jimin si avvicinava sempre al più giovane per infastidirlo, perché trovava divertente il modo in cui si ritraeva quando gli era fin troppo vicino, oppure i tentativi dell'altro di ricambiare i suoi flirt, finendo entrambi per uscirne imbarazzati.
Quel giorno, invece, non c'era stato nulla di tutto ciò.
«È tardi. È meglio andare.» il primo ad interrompere il silenzio fu Jimin, che recuperó il suo cappello e afferrò una mascherina nera.
Jungkook non gli rispose.
Spostò lo sguardo sulle finestre dello studio: fuori stava diluviando, la pioggia batteva contro i vetri e rendeva la vista di Seoul una massa sfocata di luci indistinte.«Jungkook.» lo chiamò nuovamente Jimin, stavolta con più fermezza.
Se l'altro non si fosse mosso, nemmeno lui avrebbe potuto farlo: erano soliti andarsene insieme, e per questo avevano solo un'auto ad aspettarli.
Gli altri se n'erano già andati da tempo.«Jungkook!»
«Vai pure, hyung. Rimango qui.» gli rispose finalmente il più piccolo.
Peccato che quella risposta, a Jimin, non piaceva per niente.«Che significa "vai pure", è tardi!»
«Non importa.»
«Sono rimasto qui per te! Per risolvere le cose! Ma non mi hai rivolto nemmeno mezza parola!» sbottò infine, incrociando le braccia al petto.Jungkook si voltò a guardarlo.
Storse il naso, infastidito, alzandosi in piedi ed infilando le mani nelle tasche gigantesche dei suoi pantaloni altrettanto giganteschi.
Jimin lo aveva sempre trovato adorabile, ma adesso lo avrebbe volentieri scrollato nonostante tutta la sua adorabilità.Jimin amava Jungkook con la stessa appassionata meraviglia che trovava nelle piccole cose: ogni mattina, riscoprirsi innamorato di Jungkook era una sorpresa, a volte più dolce, altre più dolorosa - soprattutto perché Jungkook non ricambiava.
«Non ti ho chiesto io di rimanere.» replicò ora il più giovane, seccamente.
Era vero, Jimin lo sapeva.
Ma sapeva altrettanto bene che Jungkook non gli avrebbe mai rinfacciato una cosa del genere, se fosse stato bene.«Dimmi cosa c'è che non va.»
«Non c'è niente che non va.»
«Sono giorni che sei scontroso, soprattutto con me. Oggi hai risposto male perfino a Namjoon hyung. Quindi, dimmi cosa c'è che non va, andiamocene da qui, e torniamo a casa.»Jimin era sempre stato bravo a fare parlare i suoi compagni.
Jimin sapeva ascoltare.
Sapeva comprendere.
Sapeva abbracciare con delicatezza e con dolcezza ogni anima fragile, sapeva custodirla.
Jimin sapeva come prendersi cura degli altri.
Ma Jungkook, in quel momento, non ne voleva sapere.Si impuntó, la lingua che spingeva l'interno guancia, lo sguardo che non incrociava quello del suo hyung.
«Non ho niente da dirti.»
«Jungkook.»
«E che palle, basta! Se hai tanta voglia di attenzioni, vatti a buttare tra le braccia di Dogeon e lascia in pace me!»Jimin sgranò gli occhi, ferito.
Dogeon era un suo vecchio compagno di scuola, delle medie, che per quel mese si era fermato a Seoul e che aveva incontrato qualche sera, uscendo a bere qualcosa.
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On a rainy night ~ jikook
Short StoryCosa è successo tra Jimin e Jungkook in quella notte di pioggia? - oneshot