Giorno uno

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Mario guarda il messaggero senza fiato, non vuole credere alle sue orecchie. Il guerrigliero davanti a lui è palesemente stravolto e ha gli occhi di uno che vorrebbe soltanto puntare la pistole alla testa. L'ufficiale è abbastanza certo che non lo faccia solo perché quel proiettile potrebbe colpire un federato. "È certo?" Il soldato annuisce e aggiunge "l'ho visto con i miei occhi. Vorrei chiedere il permesso di raggiungere la prima linea di difesa, voglio morire il più vicino possibile ai miei amici e commilitoni se possibile". Mario sospirando annui e lascio andare il ragazzo. Lo osserva andare via di fretta e raggiungere il suo cavallo che brucava tranquillo nei giardini esterni del castello, divenuta la base dei ribelli di Montichiari. Continuo a guardarlo mentre lo spronava e si allontanava il più possibile, come posseduto dal demonio. Ma lui lo capiva, alla fine il suo paese era caduto e probabilmente era l'ultimo del suo gruppo.
Si diresse velocemente verso i giardini del palazzo e trovo il comandante intento ad osservare il paese appoggiato sulle mura. Sospirando si avvicino e chiese parola. Girandosi, colui che tutti chiamavano Cerbero, gli disse che poteva. Mario inizio subito a parlare, non cercando nenanche di indorare la brutta notizia "Sirmione e Desenzano sono cadute ieri notte. Siamo stati traditi da Claudio, il secondo comandante di Desenzano. A quanto pare ha eliminato entrambe le alte sfere dei ribelli della zona nella notte e permesso ai federati di attaccare nel caos più totale... erano già spacciati in partenza, ora stanno chiudendo i conti nella città vecchia di Sirmione e nel municipio di Desenzano. Sono le ultime che sappiamo, l'attacco alla nostra linea di difesa avverrà probabilmente domani mattina, oggi si concentreranno sui rastrellamenti". Durante tutto il rapporto si avvertiva il rammarico nella sua voce. Non poteva credere nel tradimento, non dopo tutto quello che la loro organizzazione aveva passato. Cerbero rimase in silenzio, ma si vedeva che ribolliva di rabbia. Le difese reggevano bene ovunque e gli alleati erano alle porte, il fiume Po presto sarebbe stato superato soprattutto dopo la presa di Cremona... come poteva Montichiari cadere, insieme al suo aeroporto, e compromettere tutto? Ma se lo aspettava. I ribelli erano tanti ma quelli veramente addestrati pochi, principalmente ex poliziotti e carabinieri. Gli altri erano civili armati alla bell'e meglio come lui. Lui stesso non avrebbe mai creduto due anni prima di diventare uno dei più importanti ufficiali della rivolta bresciana, artefice della rivolta di Cremona e del prossimo crollo del fronte federato del Po. Non si sarebbe mai aspettato che all'inizio della ribellione, per la morte del suo capitano, lui si sarebbe trovato a proteggere la stazione di Brescia dalla polizia militare della Federazione. L'aveva difesa talmente bene da meritarsi il nome Cerbero tra i soldati che lo avevano accompagnato. Lui aveva difeso i cancelli della città come solo il protettore della porta dell'ade avrebbe potuto fare.
e adesso, cosi vicini alla fine di questo incubo, doveva diventare tragica la situazione? Cerbero cerco di calmarsi e rispose come neanche lui pensava di poter fare "accogliamoli come solo gente della bassa sappia fare" si giro ancora verso il paesaggio lasciando si sasso Mario. Il suo secondo è un alpino catturato durante la conquista del nord Italia e liberato proprio dai ribelli dal carcere di Brescia. Quando si era trovato a dover prendere ordini da quel ragazzo di neanche venticinque anni si era alterato, si aspettava che in quanto militare avrebbe comandato lui l'unita ma a Cremona aveva dovuto ricredersi, il ragazzo ci sapeva fare. Si era impegnato talmente tanto che non solo era riuscito a far ribellare la città distraendo i conquistatori dal fronte. Era pure riuscito a comunicare agli alleati il giorno in qui la città sarebbe insorta permettendogli di assaltare la città in quel momento e di creare una testa di ponte.
Ora osservava Cerbero guardare il suo paese e dire "non ci sarà aviazione, è troppo impegnata a cercare di riconquistare le postazioni perse al fronte e, per quanto in mano nostra, gli interessa ancora il nostro aeroporto e non intendono bombardarci. In questo momento gli serve che la città e le sue strutture siano quantomeno decenti per i soldati e i rifornimenti. Voglio muri, trincee, qualsiasi cosa che li rallenti per le strade del paese. Dove puoi costruisci dei fortini tra le case e crea delle trappole esplosive. Manda gli ultra nazionalisti e i fanatici nelle cascine che abbiamo fortificato. Dovranno perdere tempo, fare imboscate e cercare di disturbarli il più possibile. Avverti Castigliane che noi combatterono fino all'ultimo, se vuole arrendersi non sarò io a biasimarlo d'altronde non siamo minimamente pronti a combattere da quel lato e le difese da qui a Desenzano crolleranno presto. Dannazione a noi, come abbiamo fatto a non pensare che Desenzano e Sirmione potessero cadere? La maggior parte delle nostre difese sta a sud. Ma niente va mai da piani no? ordina ai gruppi a sud di prepararsi una via di fuga nel caso sia troppo tardi per noi" Mario si concesse un sorriso tirato e fece per andarsene ma si fermo "signore, scusi ma lei? Dovrebbe andarsene serve ancora alla ribellione e a Marco. Lei serve ancora all'organizzazione". Il ragazzo si concesse un sorriso e rispose senza spostare lo sguardo dal suo paese che lentamente si stava svegliando, ancora ignaro delle brutte notizie. Penso anche a Marco che a Brescia gestiva tutti i fronti della ribellione, probabilmente appena saputa la notizia si sarebbe spostato sulle montagne e li avrebbe continuato a combattere e, come da ordini, avrebbe dovuto farlo anche lui insieme agli altri ufficiali superiori "chi vuole è libero di scappare, non costringerò nessuno a restare ovviamente... e come tutti sono liberi di andarsene. Io sono libero di restare qui e morire insieme al mio paese". Mario si pietrifico sul posto. Si preparo a ribattere, a fare lunghi discorsi per convincerlo ma il ragazzo alzo la mano per fermarlo "non intendo andarmene, io sono qui perché voglio essere qui, vicino al posto che mi ha cresciuto e di cui conosco ogni via. Ho imparato a guidare qui, ho preso la prima cotta, festeggiato con amici fino all'alba e ho fatto scout. Qui c'è stata tutta la mia vita e appena sono tornato ho deciso che la mia vita finirà qui. Ora, puoi cercare inutilmente di convincermi o puoi andare a dare i miei ordini e preparare le difese". L'alpino, sconfitto senza aver potuto pronunciare una parola, si allontano colpito da una profonda tristezza e rassegnazione. Quando Cerbero fu solo, il ragazzo fu pieno di ansia e di paura. Aveva si deciso di morte ma il dopo lo tormentava. Era credente, pensava che dopo ci sarebbe stato qualcosa ma cosa? L'inferno? Il paradiso? O il nulla? Scaccio quei pensieri dalla sua testa e strinse i pugni. Ora non era il momento di aver paura della morte.

Mario aveva tutt'altro pensieri rispetto al suo comandante. Diede gli ordini a tutti e aiuto per buona parte della giornata i lavoratori ma poi, come tutti i guerriglieri, torna a casa per riposare. Si siede nella piccola stanza che si era abituato a chiamare casa e si apre una birra gustandosela. Rimane pensoso lì, solo e al buio immaginandosi cosa sarebbe successo domani. Probabilmente avrebbero dovuto attuare quel piano che non avrebbe mai voluto attuare. Intanto, dietro di lui, l'orologio in cima al campanile di Montichiari segna che la mezzanotte è arrivata.

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