12.

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Mahmood

Il cellulare di Riccardo prende a squillare insistentemente, mentre siamo ancora nudi sul pavimento. Lui mugugna infastidito senza dare il minimo accenno di volersi muovere.
All'ennesimo squillo lo supplico di rispondere. Mi guarda e dal suo sguardo preoccupato capisco subito chi lo sta cercando.

«Va da lei.»

Mi guarda interrogativo, probabilmente temendo che stia per allontanarlo per l'ennesima volta da me.

«Se facessi ore di viaggio per fare una sorpresa al mio ragazzo e questo sparisse senza darmi spiegazioni non la prenderei benissimo.»

Riccardo si avvicina, mi dà un bacio sulla guancia. Amo la sua tenerezza, mi fa venire voglia di tenerlo tra le mie braccia, al sicuro.

«Non voglio litigare con te un'altra volta.»

La sua voce è incrinata e mi fa sentire in colpa per il comportamento che ho avuto prima.

«Non litigheremo. Prima ho esagerato, capisco perfettamente che lei è la tua ragazza. È giusto che tu vada a parlarle.»

«Non ti dà fastidio?»

Sto per dirgli di no, ma preferisco essere sincero con lui.

«Sì, mi dà fastidio, ma devi farlo. Prometto di non arrabbiarmi.»

Lui mi abbraccia, sento il cuore esplodermi.

«Baciami ancora» gli ordino con dolcezza.

Questa volta è un bacio lento, delicato che non ha niente a che fare con la passione e la rabbia di prima. È un bacio carico di sentimento e di paura.

Quando lui esce dal camerino, io rimango fisso a guardare il soffitto sopra di me. Non so cosa accadrà da qui in poi, non so quale siano le intenzioni di Riccardo.

Non abbiamo mai parlato apertamente di noi; non so neppure se esiste un noi.

Quando esco dal camerino il teatro è ormai deserto, mi accorgo che sono le 3:00 di notte. Mentre mi dirigo in hotel il freddo mi punge la pelle. Ho bisogno di dormire.

Quando arrivo in camera mia, non riesco a chiudere occhio, anche il solo stare fermo a letto mi è impossibile; una smania mi divora. È l'incertezza del domani che come una spettro si fa strada nella mia esistenza.

Penso di aver vissuto la settimana più intensa della mia vita: i miei sentimenti per Riccardo, le litigate, il sesso, i baci appena accennati, il Festival, la nostra canzone, la gente che ci ama, le risate...

Ma quando andremo via da qui che cosa succederà?

Continuo a vagare per la stanza, mi accendo una sigaretta e mentre aspiro quella sostanza amara per poi buttarla fuori dai polmoni, mi rendo conto che oltre all'incertezza, a divorarmi è il pensiero che Riccardo stia facendo l'amore con lei. Il pensiero delle mani di Riccardo su di lei, proprio in questo momento, in cui io sono qui solo, senza di lui.

Un senso di nausea mi assale, i pensieri mi tormentano implacabili, crudeli. Afferro un foglietto di carta, lasciato lì abbandonato sul comodino chissà da quanto, e d'istinto scrivo.

"È da tanto che non mi succede nient'altro che avere la paura di perderti da un momento all'altro.»

La prima volta che ho sentito queste parole cantate da Michele Bravi, Riccardo era al mio fianco, ricordo di averlo guardato e di aver pensato che quelle parole mi risuonavano nella testa da molto tempo prima che le avessi sentite.

Nascondo il bigliettino nella mia agenda nera e mi sdraio a letto. Non chiudo occhio.

Sta iniziando a rischiarare quando qualcuno bussa alla mia porta, infastidito mi infilo al volo una maglietta bianca e vado ad aprire scalzo sentendo il gelo del pavimento.

Quando apro la porta Riccardo è dinanzi a me, addosso ha lo stesso vestito celeste di ieri sera.

È venuto a dirmi che mi odia, che vuole stare lontano da me.

Arretro, facendolo entrare.

«Scusa se ti ho svegliato alle 6:00 del mattino, ma non ce la facevo più.»

Sorrido amaramente.

«Non mi hai svegliato, perché non sono riuscito a chiudere occhio.»

Riccardo si avvicina.

«Puoi abbracciarmi?»

Sbuffo.

«Richi dimmi perché sei qui, non iniziare.»

Mi guarda, i suoi occhi sono tristi.

«Ho lasciato Martina. Io mi sono accorto che...non la amo più.»

Rimango sorpreso, non mi aspettavo che mi dicesse questo. Temevo che fosse venuto per dirmi che qualsiasi cosa ci fosse tra noi dovesse finire qui.

«E come stai?»

«Sto bene, è solo un po' strano, credo. Mi aspettavo di stare peggio... le voglio bene, ma non aveva più senso stare insieme.»

Lo attiro tra le mie braccia, lasciandogli un bacio sulla fronte, mi stringe forte «ci sono io con te, piccolo mio.»

Ci mettiamo sotto le coperte, nessuno dei due dice più una sola parola. Rimaniamo stretti finché entrambi scivoliamo in un sonno profondo.

NUDO CON I BRIVIDI ~ Mahmood e Blanco~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora