Parte 1

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Manuel sbuffò per l'ennesima volta, tenendo il cellulare in bilico tra la spalla e l'orecchio, mentre rispondeva alla chiamata di Chicca che, ne era sicuro, non gli avrebbe risparmiato una delle sue strigliate.
"Ma quindi ce vieni?" gli chiese, con un tono che lasciava presagire che non avrebbe accettato di certo un 'no' come risposta. Peccato che Manuel non avrebbe cambiato idea.
"No, Chì, nun ce vengo. Ma che ce vengo a fa'?!"
Chicca sbuffò all'altro capo del telefono e Manuel ebbe leggermente paura, ma a lei non lo avrebbe mai detto.
"Ce sta' Simone e-"
"E tanto piacere, manco me parla in sti' giorni" borbottò il ragazzo, interrompendola.
"E statte zitto e famme finì", sbottò infatti quella, per poi concludere "Ce sta' Simone e ce sta' pure Riccardo"
Manuel cambiò subito espressione alla ricezione di quell'informazione.
"E chi l'ha 'nvitato a quel pinguino, scusa?"
Chicca ridacchiò del tono irritato del ragazzo "L'ha invitato Giulio, visto che è amico suo"
"Ma Giulio nun se li po' fa du' cazzi suoi ogni tanto?"
Stavolta Chicca rise apertamente, "Certo che sei scemo. E poi Simone nun te parla perché sei 'n cogl-"
Non fece in tempo a finire la frase, che Manuel la interruppe di nuovo: "Ma se po' sape' perché Giulio vuole accollà sto' Riccardo a Simone?!"
Il silenzio di Chicca dall'altro lato gli fece capire che la ragazza stava contando mentalmente fino a dieci per non scendere di casa e andare a picchiare il suo interlocutore.
"Perché" cominciò, col tono calmo di chi in realtà nasconde una rabbia crescente "A Riccardo, Simone piace e Simone è single fino a prova contraria, e questo perché tu sei un coglione", calcò appositamente l'ultima parola, stizzita perché l'altro l'aveva interrotta di nuovo.
"No, ma prego, continua pure ad insultarmi, che tanto nun so' n'essere umano pur'io" la riprese lui, canzonatorio, pur sapendo che Chicca avesse perfettamente ragione.
"Manuel, stamme a sentì a me. Stasera tu vieni a sta' cazzo de festa, te metti pure caruccio, magari na' camicia e te levi quelle canotte da spacciatore nei vicoli. Poi chiedi scusa a Simone, ammetti d'esse stato n'coglione e te diverti pure. E non è un suggerimento, è n'ordine."
Quando parlava così, Chicca somigliava spaventosamente a sua madre e si chiese davvero come avesse fatto a starci insieme senza accorgersene. Tuttavia, dopo la loro rottura, aveva ritrovato in lei una confidente e un'amica che non si sarebbe mai aspettato. Inoltre, Chicca non sbagliava mai, quindi si ritrovò a borbottare un "Vabbeh" poco convinto, perché tanto lo sapeva da quando aveva accettato la chiamata in entrata: Chicca poteva sempre fargli cambiare idea, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Erano le ventuno e trenta, e Manuel si stava guardando allo specchio di camera sua poco convinto, passandosi le mani sul tessuto della camicia bianca già perfettamente liscio.
"Me' paro un pinguino pur'io, mo" borbottò, con un sopracciglio alzato. A lui, le camicie eleganti non piacevano, lo facevano sentire stupido e quindi di rado ne acquistava. Infatti, spulciando nell'armadio, l'unica camicia che aveva trovato era stata quella del matrimonio di una vecchia cugina, avvenuto ben tre anni prima. Era vero che non l'aveva messa così tanto, quindi era praticamente nuova, ma c'era anche da dire che aveva messo su un po' di massa muscolare in quei tre anni di adolescenza e quindi adesso il tessuto gli aderiva addosso, limitandogli i movimenti. Almeno i jeans gli piacevano, non erano troppo stretti e ci si sentiva a suo agio. Sospirò tirando leggermente i lembi della camicia: stava per cambiarsi e mandare al diavolo le raccomandazioni di Chicca di quella mattina.
Però, proprio in quel momento, sua madre si ritrovò a passare davanti alla sua stanza e si fermò a guardarlo, appoggiandosi allo stipite della porta con le mani giunte e un grande sorriso.
"Ma guardate! Quanto sei bello, mannaggia a te!", fece qualche passo in camera e Manuel si voltò a guardarla, con ancora quell'espressione incerta sul viso.
"Nun te sembro n'pinguino conciato così?"
Anita addolcì lo sguardo, mentre posizionava le mani sulle spalle del figlio e lo guardava attraverso lo specchio.
"Sei bellissimo, Manuelito mio"
Manuel alzò gli occhi al cielo a quel nomignolo, salvo essere tradito dal sorriso che si formò inevitabilmente sulle sue labbra, perché sua madre lo faceva sorridere sempre; e fu allora che Anita accostò il viso al suo, continuando a guardarlo attraverso la superficie riflettente. Manuel fece caso forse per la prima volta a quanto i suoi occhi somigliassero a quelli della madre, nel taglio e nel colore, tranne per le sottili lineette che a malapena si notavano intorno a quelli della donna.
"Non lo so chi è sta' persona su cui vuoi far colpo, ma secondo me vestito così 'o stenni" e gli fece pure l'occhiolino, così da non lasciare alcun dubbio sul fatto che invece sapesse perfettamente di chi stavano parlando. A Manuel si mozzò il respiro per un attimo, mentre sua madre gli premeva le labbra sulla guancia in un bacio affettuoso e poi andava via, sempre con il suo gran sorriso sulle labbra. Solo allora, Manuel riprese a respirare. Non aveva parlato di Simone a sua madre, ma era incredibilmente ovvio che, invece, lei lo sapesse già.
Si passò di nuovo le mani sulla camicia, leggermente più convinto di prima e sconvolto dal fatto che avesse pure le guance rosse, per via della conversazione appena avuta con la madre. Annuì a se stesso guardando il suo riflesso e poi, rincuorato, afferrò il giacchetto appeso al gancio sul muro. Prese il portafogli, il cellulare e si avviò alla porta.

Tra Twister ed ItacaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora