C'è sempre uno scarto tra chi io sono e chi io voglio essere.
Sono stretto in mezzo al futuro e al passato. Il primo mi piega in avanti, accelera il mio passo, mi tiene alta la testa, lontano lo sguardo, e mi offre una visione così bella che sopporto con fatica la distanza, e ogni tanto, nei momenti di fatica, mi piace immaginare di essere già arrivato. Il secondo mi risucchia all'indietro, mi chiama, così io mi giro a guardarlo. Come un'ombra mi segue ovunque. Ma non è un'ombra, è pesante, è uno zaino ingombrante.
Così, tra altissime ambizioni, e vivi ricordi, le mie energie sono presto prosciugate, tira di qua, e tira di là, la mia anima nel presente si assottiglia. Dove gli altri vivono il presente, io vedo il marchio di ciò che è stato, o l'assenza di ciò che dovrebbe esserci. Non so come faccio ad ingannare gli altri, a far credere loro che io sia felice, perché la verità è che non sono che un fantasma tra due mondi.
Una grande responsabilità pesa sulle mie spalle. Quando faccio una pausa dai miei lavori, quando mi distendo un attimo, o faccio merenda, o vado una giornata al mare, mi sento come un capitano che, dopo aver studiato la strategia dei nemici e compreso il loro punto debole, vedendo che i propri alleati stanno subendo molte perdite, e sapendo che non rimane molto tempo, nel mezzo della battaglia abbandona il campo per andare a giocare a carte. Come l'unico bravo interprete in un convegno internazionale che se ne va e lascia gli interlocutori nell'incomprensione.