Nelle prime conversazioni in cui si conosce una persona, io lascio che siano gli altri a parlare. Me ne sto tranquillo, fisso i loro occhi, forse anche troppo; sorrido, annuisco, mostro che capisco, ma intanto sbircio e studio ogni loro movimento; non metto in questione i loro ragionamenti, li lascio fare i loro salti e le loro acrobazie; sono per loro il tappeto più morbido. Non mi espongo, prima di non averli ben inquadrati, nella loro morale, nelle loro motivazioni, nelle loro credenze. A volte però intuisco subito una positiva affinità, e avanzo con decisione nel dialogo, mi comporto come se fossimo già amici per diventarlo veramente.
I miei primi giorni di lavoro come supplente alle scuole elementari. Percepisco molti occhi che si posano su di me con scetticismo, che sembrano dire: "Ma sarà competente?". Mi sembra di udire sussurri di malelingue non appena volto le spalle a una collega. La mia mente non la smette di criticarmi: questo l'hai scritto male, questo non dovevi dirlo.