10 Giugno.
Giorni di assenza: sette.
Sette giorni che Simone se ne era andato. Era già lontano, lontano da Roma. Ha lasciato un buco, peggio di una buca per le varie strade della città. In realtà Manuel sapeva benissimo che il buco sarebbe diventata una voragine, scavata ben bene come un puntello dentro il petto. Ci stava scavando come lo scultore più abile di tutto il mondo antico, moderno, futuro, togliendo la pietra, scalfendone e smussando gli angoli. Cosa restava? L'impressione era quella di un marmo intaccato e spezzettato, tutta la materia era finita per terra, con il centro ridotto a una sola cavità aperta, due braccia di marmo circondavano il resto. Incompleta, abbastanza inutile anche definirla opera. Il cellulare era rimasto fermo sul letto, non si illuminava, non scattava nessuna notifica, di marmo come la sua essenza. Forse era quella la cosa con cui doveva venire a patti.
Simone gli aveva detto che sarebbe partito e non sapeva quando sarebbe tornato. Devo andare da mia madre, ha bisogno di me.In realtà non sapeva nemmeno lui perché si fosse sentito così inerme quando glielo aveva detto. Manuel non sapeva il perché delle schegge di marmo che lo avevano investito come tante sassate.
Ma ce sentiamo sì?
L'unica cosa che Simone aveva fatto era stato un accenno di sorriso, trasportato dal vento romano.
Certo, te scrivo.
Lo aveva sentito incerto, ma non pensava non si sarebbe fatto sentire per una settimana. E soprattutto, non pensava che la mancanza potesse superare quella famosa volta di un giorno e mezzo. Manuel aveva aperto il cassetto della scrivania, la mano gli stava già tremando ma la tenne ferma con l'altra. Il polso si piegò a recuperare il vecchio taccuino nero, intonso come una reliquia. Forse una delle poche cose che il ragazzo, riusciva veramente a conservare e a non rovinare. Il tempo divora le cose, come dicevano gli antichi. Però lui non ci credeva a quelle fregnacce, a lui scrivere era sembrata sempre una cosa così viva, pulsante, intrisa di soddisfazioni, di flussi che scorrevano liberi, come il sangue nelle vene, come l'acqua che cadeva dal cielo sui tetti delle case. E allora, Manuel apriva quel taccuino e cominciava a muovere la penna, buttava giù, sfogava, svuotava la testa che non doveva pensare, ogni frustrazione, scriveva di cose che capiva, altre sembravano più un gioco con i fili della sua coscienza, funambolica, in bilico, altre ancora erano solo un flusso di verità scomode.
- -
20 Giugno.
È già più di due settimane, l'ultimo messaggio è finito con un 'ci sentiamo, Manuel'.
Il suo 'Non sparire' è stato visualizzato, l'indomani, ed è stato lasciato senza risposta.Simone sta bene, Manuel. Sta bene, senza di te, la verità è che sta anche meglio.
Manuel riprese il taccuino sotto le mani, aveva strappato una pagina accartocciandola, quella aveva incontrato il cestino, mancandolo di poco.
Sai che sei davvero bravo, Manuel?
La voce del suo professore riecheggiava ogni tanto, tra le orecchie che fischiavano, coperte da un frastuono simile a passi invisibili mentre camminava, dal rombo di un motore.
Se sono così bravo, perché mi sento così una merda?
Perché suo figlio se ne è andato così, ah sua madre si... Ma uno non se ne va così senza spiegare. Me lo sa dire lei, professò, che senso ha scrivere cose se poi non le leggerà mai?Ed ecco che scriveva di getto, l'inchiostro macchiava il foglio, e gli usciva una cosa che avrebbe fatto pienamente competizione con la metafisica di Montale. Com'era, "spesso il male di vivere ho incontrato"? Manuel pensava che se in quel momento la macchina del tempo fosse esistita, si sarebbe preso un caffè con quel poeta e magari i famosi Ossi di Seppia, li avrebbero scritti insieme.
Manuel tremò un po', il pollice sfogliava le prime parole incise, con quella calligrafia piccola che gli era sempre sembrata un codice cifrato. La verità è che un po' tutto - in quel periodo - lo buttava giù. Scrivere, non era fortunatamente una di quelle cose. Certo, aggiustare moto, lo rendeva soddisfatto, si sentiva utile. Ma una moto non aveva un'anima, non aveva una bocca, non aveva delle braccia, non aveva la voce di Simone.
Eccolo lì, il tremolio nelle mani, gli occhi che si serravano, la mascella contratta.
STAI LEGGENDO
Poesie di speranza
Poetry- Per te ho scritto questa cosa, ma non so se la leggerai mai Simone. Non lo so, non so come mandartela, potrei copiartela via messaggio, ma non renderebbe mai così com'è nata. E soprattutto la leggeresti Simò? Te frega ancora qualcosa? - Manuel ha...