A scuola parlavano sempre di come sarebbe stata la vita dopo la maturità: una buona università, una laurea e lo stesso lavoro per il resto della vita.
Io non sapevo ancora cosa fare della mia vita, avevo preso il corso di psicologia e, forse, mi sarei laureata in essa. Ma non era poi tanto sicura... I miei genitori avevamo progetti su progetti per il mio futuro. Mio padre era un avvocato di grandissimo successo, mia madre una dottoressa. Il suo lavoro l'assorbiva completamente facendole trovare a malapena il tempo di stare con noi. Io non volevo una vita così, avrei voluto qualcosa di meglio, fare ciò che mi piaceva senza dover trascurare per forza, un giorno, i miei figli adolescenti e con tanta voglia di gridare al mondo quanto faceste schifo.
Era il 2013 e la scuola sarebbe iniziata quella mattina stessa e io, come al solito, non ne avevo assolutamente voglia. Odiavo essere fissata a scuola, specialmente perché non truccata come il resto dell'intero liceo che sembrava tanto una sfilata di carnevale Veneziano.
Arrivai nel cortile della scuola appena in tempo per sentire la preside Wilson parlare agli studenti dell'ultimo anno che, come sempre, parlavano tra di loro senza degnarla nemmeno di uno sguardo. Nonostante fossero solo le otto del mattino, i miei coetanei apparivano pieni di energia. La preside infuriata per la loro poca considerazione urlò: "Attenzione ragazzi, per favore!"
Iniziavamo decisamente male.
Oltre 50 paia di occhi si posarono su di lei, non molto contenta di essersi sgolata per richiamare la loro attenzione.
"Quest'anno sarà molto duro, bene che lo sappiate fin da subito. Gli esami di maturità non sono lontani come molti di voi stanno pensando. L'intero anno scolastico sarà un esame di maturità e se io o i vostri insegnanti non vi reputeremo in grado di affrontare la vita fuori di qui allora ripeterete l'anno..." Non riuscivo più ad ascoltarla, senza contare che tirava vento e faceva abbastanza freddo, anche se eravamo solo metà settembre.
Gli occhi della preside si posarono su di noi ad uno ad uno.
Per prima guardò una ragazza coi capelli rossi, probabilmente tinti, per niente intimidita dal suo sguardo. Forse starete pensando che chi meglio della figlia di un avvocato e di una dottoressa di successo potesse reggere uno sguardo simile? Beh, se si trattasse di me forse vi sbagliereste. Non ero io quella ragazza. E nemmeno quella avanti, con dei strani capelli neri-blu e gli occhi truccati a panda. Io ero l'ultima della fila, quella coi pantaloni grigi e una maglietta decisamente troppo larga per la sua taglia. Capelli castani, mai tinti in vita mia e soprattutto non avevo intenzione di farlo. I miei capelli ondulati e arruffati mi piacevano così com'erano.
Ma forse, ero l'unica a pensarla così...
"Adesso tutti in classe, su su su!" Batté le mani talmente forte che ci le stava accanto aveva seriamente rischiato di perdere l'udito.
I corridoi della scuola erano sempre tristemente bianchi e uguali, senza nessun cambiamento se non qualche quadro vecchio e brutto sparso qui e là.
La mia classe era sempre quella, così come il mio posto. Nessuno l'avrebbe toccato, tutti credevano avessi la lebbra o chissà quale altra malattia contagiosa. E io, come al solito, ero la prima ad entrare in classe.
"Dammi un abbracciò, immediatamente!" sobbalzai a sentire quella voce così calda ma soprattutto così familiare. Quasi mi vennero le lacrime agli occhi.
"Eliot!" Esclamai buttandogli le braccia al collo e stringendolo con tale entusiasmo che rischiai di soffocarlo.
"Okay okay, scricciolo, così mi ammazzi"
Risi.
"Mi sei mancato così tanto che.....non lo so, sono passati anni? Quanti esattamente???"
"Anna, sono passati solo tre mesi da quando ci siamo visti l'ultima volta" rise, come se tre mesi fossero pochi.
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My best almost friend- il mio quasi migliore amico.
RomanceAnna è una ragazza di quasi 18 anni, senza amici eccetto uno. Ad affrontare insieme a lei tutti i problemi tipici dell'età c'è lui, Eliot. Un ragazzo che conosce fin dai tempo dall'asilo. Mischiato all'amore per la musica e al grande sogno di dive...