Perché è così difficile vivere il presente, concentrasi esattamente sul momento che si sta vivendo?
Ogni volta che fisso il vuoto vorrei non pensare a niente, ma i miei pensieri prendono il sopravvento e non riesco ad avere il controllo su di loro.
Oggi ho letto Freud, mi incuriosiscono molto le sue teorie, ho deciso così di approfondire ed iniziare a leggere libri al riguardo.
È vero che stando soli si vive il dolore al cento per cento, infatti, forse, è per questo che quando non ho nulla da fare i miei pensieri vanno subito al cibo.
Cercano qualcosa per farmi distogliere l'attenzione dal dolore, e per me, questo qualcosa, è il cibo.
In verità credo sia un pò un controsenso, perché abbuffarmi mi da piacere, ma non un piacere permanente, si tratta di un piacere momentaneo, che dura qualche minuto.
Poi il dolore ritorna, più forte di prima.
Ho fatto caso che solo dopo essermi abbuffata, riesco ad esprimere ciò che provo, riesco a piangere, la conosco bene quella sensazione, la brutta sensazione che provi dopo averlo fatto.
A pensarci mi sembra di impazzire, mi sento intrappolata in una gabbia, mi sento soffocare e l'unico modo per liberarmi è piangere, piangere come una disperata.
Perché non riesco a piangere prima di abbuffarmi?
È come se non bastasse.
Perché ho bisogno di abbuffarmi per poi esplodere?
Perché proprio il cibo deve essere la mia valvola di sfogo? E per qualcun altro no? Perché sono così attratta dal cibo quando sto male?
Il cibo inganna, ti illude, sai bene che non può risolvere i tuoi problemi, ma comunque continui a rivolgerti a lui ogni volta che ne hai bisogno.
Perché il cibo dà piacere?
Quando uno sta male, di solito, il primo consiglio che ti danno è quello di distrarti, uscire, chiamare un'amica, concentrarsi su altro, anche se, riflettendoci, in questo modo non si fa altro che reprimere il dolore, ingannare la mente per qualche istante, finche il pensiero doloroso sparisce.
In realtà non se ne va mai, rimane sempre lì, sotterrato, represso, irrisolto, e prima o poi potrebbe balzare fuori per farti stare solo peggio.
Vorrei imparare a convivere con il dolore, accettarlo, esprimerlo, perché il dolore è uno stato d'animo che esiste, e così come la felicità va vissuto.
Sono incazzata nera con me stessa, con la me "cattiva", non riesco a perdonarla, la guardo e piango, per tutto il dolore che mi ha causato, per tutto quello che mi ha fatto e che continua a farmi.
Sono riuscita solo ad abbracciarla, con discrezione, non la odio, ma penso ci vorrà del tempo per perdonarla.
Oggi, per la prima volta, mi chiede scusa, queste scuse le sento sincere, ma non al cento per cento.
Non riesco ancora a fidarmi perché ho paura che mi tradisca di nuovo, ho paura che mi faccia ancora del male, la sento ancora un'estranea, ho paura che mi menta, ho paura che mi pugnali alle spalle, ed ho la sensazione che ci vorrà molto tempo prima che mi riappacifichi con lei.
Ho capito che si sente sola, ha tanta rabbia dentro, rabbia repressa, rabbia dovuta a delle ferite che si porta dentro, mi fa un pò pena.
Ha uno sguardo triste, pieno di sofferenza, sembra un pulcino bagnato in questo momento, si sente così piccola.
Fa del male per impedire agli altri di ferirla per primi, e se l'è presa con me senza che io gli abbia fatto nulla.
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Forse c'ho creduto troppo
General FictionDiario di sfogo. "Arriva un momento in cui devi capire se ne vale ancora la pena o se l'unica cosa da fare è mollare la presa. Ma non basta urlarsi contro che è finita, non sarà mai un addio a sancire la fine di un sentimento, di un pensiero che ti...