“𝓥𝓲𝓮𝓷𝓲 𝓽𝓾 𝓭𝓪𝓵 𝓬𝓲𝓮𝓵𝓸 𝓹𝓻𝓸𝓯𝓸𝓷𝓭𝓸 𝓸 𝓼𝓸𝓻𝓰𝓲 𝓭𝓪𝓵𝓵 ’𝓪𝓫𝓲𝓼𝓼𝓸, 𝓫𝓮𝓵𝓵𝓮𝔃𝔃𝓪?”
𝓒𝓱𝓪𝓻𝓵𝓮𝓼 𝓑𝓪𝓾𝓭𝓮𝓵𝓪𝓲𝓻𝓮, 𝓘𝓷𝓷𝓸 𝓪𝓵𝓵𝓪 𝓑𝓮𝓵𝓵𝓮𝔃𝔃𝓪*
C’è qualcosa di bello, nei cadaveri. Quasi poetico. Quando una persona muore diventa più bella, è inevitabile: porta un leggero strato di cipria sul volto, i suoi capelli sono acconciati a dovere, indossa sempre il vestito migliore. E anche se il ragazzo era stato orribile e grottesco il giorno che era morto, anche se il suo volto era paonazzo e gli occhi fuori dalle orbite, anche se aveva un crocifisso che spuntava dalla sua gola e dal suo retto, macchie di sangue che gli colavano tra le cosce, quel giorno era bellissimo.
Le sue guance erano state schiarite con il trucco, i suoi occhi chiusi. Tutto il sangue era stato ripulito e lui era stato vestito di tutto punto, con un abito portato da sua madre in lacrime. Suo padre non si era presentato.
Kenton lo guardava così sistemato, cercava di scordare la visione che aveva avuto la notte prima, quando aveva trovato il suo corpo straziato in quel modo orrendo, umiliato ed esposto davanti agli occhi di tutti quelli che potevano vederlo. Non ci riuscì. L’immagine del bel ragazzo curato davanti a lui non si sovrappose a quella del corpo martoriato, e lui continuò a vedere quelle minuscole gocce di sangue tra le gambe, quella pelle rossa e gonfia, gli occhi spalancati.
Strangolamento. Questo era stato ciò che l’aveva ucciso, ma non si potevano vedere i lividi intorno al collo in quel momento, coperti dal trucco e dal colletto. Qualcuno aveva stretto la gola di Cedric sino a ucciderlo, poi l’aveva spogliato e l’aveva umiliato con le due croci, messo sull’altare. Doveva essere qualcuno con una forza discreta, che aveva dovuto sollevare il suo cadavere di un certo peso per adagiarlo sul marmo gelido.
Tutti i ragazzi del dormitorio, come sempre, sospettavano di William, per tre motivi: lui non si era trovato nel dormitorio al momento del fatto; il suo arrivo aveva rappresentato l’inizio di tutti quei guai; e tutti si rifiutavano di credere che chiunque altro di loro, che conoscevano così bene, avrebbe potuto macchiarsi di un crimine tanto efferato.
Non avevano potuto raccontare di essere stati insieme tutta la notte, perciò Kenton non avrebbe potuto scagionarlo. La versione ufficiale era stata che William si era recato ai servizi durante la notte e che Kenton era andato a cercare Cedric, notando la sua assenza. William aveva negato di essere stato presente al momento del ritrovamento, perché non potevano rivelare di essere stati in giro per il collegio insieme.
Kenton avrebbe voluto dire ai compagni che William non era il responsabile di tutto questo, che avevano passato le ore nella sala della musica a darsi piacere e scambiarsi effusioni e confidenze, e che, ancor più importante, era una creatura buona, amabile, che non l’avrebbe mai fatto.
Non poteva.
Così inghiottì le risposte a quelle accuse, con una furia nel petto, e inghiottì anche la bile che ristagnò in lui quando vide Hunter sorridere al funerale, scherzare coi suoi amici come se niente fosse successo, o peggio, come se quello che era successo gli facesse piacere.
Era seduto su una delle panche della cappella, Thomas da un lato e Eustace dall’altro, e non stava piangendo anche se voleva farlo. Era domenica, la messa si sarebbe tenuta comunque, ma nessuno si aspettava che sarebbe stata un funerale
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Le Ombre del Saint Cuthbert
RomanceLondra, 1856 Il collegio di Saint Cuthbert Mayne, per ragazzi ricchi che hanno bisogno di una raddrizzata, ospita da ormai dieci anni il sedicenne Kenton Walker. La vita di Kenton prosegue nel freddo delle stanze del collegio, tra punizioni corpora...