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Bianca spalancò gli occhi in preda al panico.
Quella stanzetta striminzita da studentessa fuorisede sembrava soffocarla più del solito.

Un timido raggio di sole filtrava dalla finestra colpendole la fronte madida di sudore, mentre il petto faticava a riempirsi di ossigeno.

Bianca socchiuse le labbra, mentre uno strano formicolio si impadroniva delle sue gambe, rendendole impossibile qualsiasi movimento .

Sdraiata sul letto, come spesso le accadeva, era in preda ad una crisi di panico.

La mente sembrava divenire annebbiata, nulla più aveva senso. La solita scrivania perdeva di significato e i suoi contorni divenivano indefiniti, le pareri parevano soffocarla.

Con l'ultimo briciolo di forza, afferrò la scatola di ansiolitici che teneva sempre a portata di mano. Con le dita tremanti estrasse una piccola pasticca e la deglutì con fatica, sentendola percorrere il suo esofago fino allo stomaco.

E poi il buio.

Chiuse gli occhi mente sentiva il suo corpo tornare nuovamente sotto il suo controllo.

Sospirò, era tutto finito.

Bianca combatteva con gli attacchi di panico da circa un anno, da quando gli esami si erano fatti più ardui, i tirocini in ospedale si erano moltiplicati e mille rapporti si erano sgretolati.

La sua storia, un po' come quella di tutti, non era rosea. Era cresciuta con la madre, un padre assente e due nonni amorevoli che l'avevano sempre fatta sentire il fulcro delle loro esistenze. Aveva sempre amato studiare, aveva un passiona sfrenata per le scienze e per il corpo umano, tanto da scegliere di intraprendere gli studi per diventare medico.

Era cresciuta in un paesino ai confini del mondo conosciuto, con i soliti quattro amici che si era sempre fatta andar bene, nonostante sognasse di scappare da quella realtà troppo lontana dai suoi ideali.

A 19 anni aveva mollato tutto, si era trasferita a Roma ed aveva cominciato a plasmare il suo futuro.

Ed in quel momento, dopo aver superato l'ennesimo attacco di panico, pensava a quanto facesse schifo sentirsi costantemente in ansia, come se tutti fossimo destinati a correre verso un obiettivo che deve essere raggiunti nell'arco di tempo "ritenuto più giusto" dalla società.

Con la fronte ancora madida di sudore, si rotolò tra le lenzuola, afferrò un cuscino e vi nascose la testa al di sotto.

Voleva solo stare bene con se stessa,voleva non essere così perfezionista, voleva essere leggera. Durante le crisi, sognava di essere una piuma leggiadra volteggiante, tentando di scansare quello strano senso di pesantezza che si sentiva costantemente addosso.

Eppure nessuno le metteva pressione, nessuno a parte se stessa e la sua ambizione.

Bianca amava l'ordine, il rigore, amava spuntare le cose da fare sulle sue interminabili liste, adorava raggiungere la vetta dei suoi obiettivi.

Ma questo suo estremo perfezionismo l'aveva portata a sviluppare un eccessivo senso critico nei confronti di se stessa, a tal punto da autosabotarsi in continuazione.

Non appena raggiungeva un obiettivo, doveva procedere con il piano successivo, senza ammettere a se stessa il minimo fallimento o errore.

Questo la stava distruggendo, lentamente. Era talmente presa dal cercare di combattere quella sua sadica vocina interiore, da non permettere a nessuno di ammirare la bellezza del museo della sua mente.

I pensieri erano solo suoi, nessuno poteva permettersi di entrare nel suo mondo.

Erano le 9 in punto.

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Silenzio, solo quiete interrotta dai suoni della città.

Era tutto ciò che Luigi desiderava in quel momento.

-Non possiamo permetterci di mantenerti ancora.-

Quelle parole lo stavano trapassando, come un dardo infuocato. Non era mai stato il secchione della classe, non aveva mai avuto voglia di studiare, ma il conservatorio era tutto ciò per cui viveva. I suoi risultati non erano stati brillanti ultimamente, ma era troppo preso dalla scrittura per studiare chitarra e pianoforte.

-Vi prometto che studierò tutti i gironi, la smetto con la scrittura e mi focalizzo sugli esami- cercò di ribattere il ragazzo al padre dall'altra parte del telefono.

-Devi concludere i tuoi studi, non puoi continuare ad andare avanti a rilento. Ti abbiamo già dato la nostra fiducia ma non ci hai dimostrato molto-

Quelle parole colpirono dritte al cuore di Luigi, quasi fossero velenose. Sentire i propri genitori parlare in quel modo farebbe male a chiunque, pure alla persona più insensibile ed apatica sulla faccia della terra.

-Pa', lo sai che ho avuto problemi-

-Non tirare fuori la storia di Sofia-

Altro tasto dolente. Quel nome non smetteva di perdere significato, nemmeno dopo tre mesi e mezzo. Sofia era la nemesi di Luigi, l'origine di tutti i suoi dolori, ma anche l'ultimo appiglio che lo teneva aggrappato alla realtà.

-Sai che mi ha spezzato- replicò il ragazzo, mordendosi il labbro superiore, come a voler bloccare le parole che stavano sfuggendo al suo controllo.

-Luigi, tu non puoi fermarti, non ora. La vita ti darà tante di quelle mazzate, ed un tradimento è solo L'antipasto di una cena amara e marcia-

Quanto era vero, ma Luigi sognava ancora di poter trovare un posto, un posto che non fosse quella stanza in affitto a trecento euro al mese.

-Lo so-

Lo sapeva, lo sapeva davvero che il mondo non era fatto di bambagia, ma cercava sempre di non ridurlo ad un cumulo di macerie. Voleva trovare, tra i calcinacci e i tetti crollati, una strada che fosse solo la sua.

-Ultima chance, Luigi. Se non ci dimostri di tenere al conservatorio, io e mamma sentiamo di sostenerti in questo di percorso-

Una lacrima stava rigando le guance pallide di Luigi.

-Promesso-

-Gigino, mi raccomando-

Suo padre riattaccò proprio quando qualcuno cominciò a bussare alla porta della stanza di Luigi.

Il ragazzo si alzò del letto, si sfilò rapidamente la felpa grigia nella quale si rifugiava quando il mondo diventava un po' troppo cattivo con lui.

Si avvicinò alla maniglia, esitando appena, per poi aprire la porta, a testa bassa, consapevole dell'errore che stava commettendo.

-Non hai detto a tuo padre che sono qua-

Luigi scosse la testa, fuggendo lo sguardo della ragazza davanti a lui.

-Stiamo sbagliando, Sofia-

La ragazza lo afferrò per un polso, avvicinandosi alle sue labbra.

-Solo sesso, nulla più.-

Luigi annuí, per poi lasciarsi andare in un lungo e passionale bacio.

Sofia era la sua debolezza, quella cicatrice che non si rimargina mai, quell'errore dal quale non si smette mai di imparare.

La ragazza si chiuse la porta alle spalle. Le mani di Sofia sfioravano la schiena di Luigi, toccando tutti i suoi punti deboli, come abili dita di musicista sui tasti di un pianoforte.
Il ragazzo si lasciò andare, avido di amore, quello stesso sentimento che Sofia non poteva dargli. Almeno non più.
Cercava in quei brandelli di rapporto costruito sulla fisicità quei sentimenti che nessuno mai gli aveva dato.
Era una relazione malata, anzi, non era nemmeno una relazione.

Eppure, si cibava di quel "nulla", di quel "qualcosa che potrebbe essere ma che non sarà mai".

-Baciami- lo supplicava lei.

-Sofia...-

Non fece in tempo a continuare la frase, che la ragazza prese a baciarlo con ardore e passione.

Era spacciato.

Erano le 9 in punto.

TIENIMI STANOTTE / LUIGI STRANGIS Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora