Vieni via con me

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Liberarsi di Sbarra - con l'aiuto di Dante - aveva consentito a Manuel di dedicarsi con maggiore attenzione alla scuola, verso la quale aveva sviluppato un certo interesse, e allo stesso tempo di guadagnare dei soldi aggiustando le moto di qualche amico o conoscente, nel tempo libero.

Il fatto che Anita avesse poi ottenuto finalmente un lavoro stabile gli aveva permesso di mettere da parte quei soldi, e Manuel se ne sarebbe servito per un solo scopo: la patente. Ragion per cui, solo cinque mesi dopo aver compiuto diciotto anni, era già in grado di guidare, e l'unico tassello mancante, per completare il mosaico perfetto che aveva in mente, era una macchina tutta sua.
Una macchina lo avrebbe reso indipendente, avrebbe avuto la certezza di non doverla condividere con nessuno, a differenza di quanto capitava con la sua moto, dunque non appena gli si era presentata l'occasione, non l'aveva sprecata.

Un anziano signore che possedeva un'autorimessa doveva disfarsi della sua Mini Cabrio nera di cui ormai non si serviva più e Manuel gli aveva proposto di vendergliela ad un prezzo bassissimo; se avesse accettato, avrebbe poi lavorato per lui tutta l'estate.

Simone gliel'aveva sempre detto che "tu con quel faccino che te ritrovi convinci tutti", omettendo la ragione per cui quel faccino facesse sempre effetto su di lui, ma Manuel non gli aveva mai creduto; tuttavia dopo aver concluso quell'affare, e considerando che in fin dei conti era riuscito a convincere Sbarra a fidarsi di lui, dopo avergli letteralmente rubato una moto, ne era ormai convinto.

Insieme proprio a Simone, Manuel aveva trascorso ore nel suo garage a lavorare su quella macchina, non perché dovesse effettivamente essere aggiustata, ma semplicemente perché era convinto di doverla rendere più sua, più da Manuel. Dedicava così tanta cura a quel veicolo che più volte Simone ha desiderato di poterne ricevere almeno un quarto, soprattutto perché un pomeriggio l'aveva definita la sua bambina.

"Questa è la mia bambina Simò, guarda qua, nessuno la può toccà, nessuno" aveva detto, con particolare enfasi sul nessuno, ma poi, qualche giorno dopo, aveva anche promesso a Simone che gli avrebbe personalmente insegnato a guidare, e l'avrebbe fatto con quella macchina.

«Ma che ce devi fà a scuola guida, te 'nsegno io, co 'sto gioiello» aveva detto, e Simone aveva improvvisamente sentito il peso di quella responsabilità, sebbene in quel momento non stessero facendo nulla.

«Tu? Vuoi insegnarmi a guidare con la tua macchina? Quella che nessuno deve toccare? E se faccio danni?»

«Ma che c'entra Simò, te sei te, non sei nessuno» aveva risposto Manuel, aggiungendo poi «basta che non me finisci in ospedale perché non te ce voglio vedè più finché campo eh» facendo affogare Simone con la sua stessa saliva.

Il più alto aveva poi incolpato la sigaretta che stavano condividendo, ma la realtà è che quelle non erano cose che si dicono ad un amico, nonostante loro fossero ancora solo quello, dopo quasi due anni.

***

L'intera estate tra il terzo e il quarto anno l'avevano trascorsa insieme, utilizzando la moto di Manuel per spostarsi anche se Simone aveva ripreso a guidare, per il semplice fatto che averlo stretto a sé, piuttosto che saperlo da solo sulla sua vespa, faceva stare il primo più tranquillo, anche se non l'avrebbe mai ammesso.

Durante l'estate successiva però Manuel ha una scusa che gli permette di non far guidare Simone: la macchina. Un motivo in più per amare la sua Mini è proprio che può passare a prenderlo ogni volta che vuole senza dover trovare un pretesto.

Liberi anche dalla preoccupazione dell'esame informale che l'anno precedente li aveva privati della spensieratezza che di solito caratterizza quella stagione, avevano goduto a pieno di ogni momento trascorso insieme.

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