Conforto

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Marinette si stringeva le ginocchia al petto, la fronte appoggiata su di esse mentre gli ultimi spasimi del pianto la stavano lentamente abbandonando. Tikki guardava sconsolata la sua padrona non sapendo cosa fare per aiutarla, appollaiata sulla sua spalla ogni tanto sospirava ed abbassava gli occhi.

Marinette finalmente sollevò il viso e con la mano asciugò come poteva le lacrime, gli occhi arrossati come le guance ed il respiro rotto.

"Marinette?" Chiese titubante la piccola kwami sfiorando la guancia della sua portatrice con la zampetta.

"Sto bene Tikki, ora passa"

Era da più di una settimana che quel "ora passa" veniva pronunciato ogni sera di ritorno dopo una ronda e dopo una crisi di pianto. Aveva perso tutti i miraculous, aveva puntato sulla persona sbagliata e aveva tradito la fiducia di tutta Parigi: dopo tutto questo nulla sembrava possibile per la povera guqrdiana. Era sempre più difficile fingere di stare bene, a scuola, con Chat Noire, con i suoi genitori. Il suo era stato un fallimento su tutta la linea e mai come allora l'essere Ladybug le era sembrato così pesante.

Alya le stava accanto costantemente nella vita reale poiché era l'unica che potesse capire i veri sentimenti dell'amica, Chat Noire la seguiva passo passo durante le ronde e durante gli attacchi di Papillon. Quest'ultimo aveva ormai acquisito poteri spropositati e godeva del fallimento della supereroina come nessun altro al mondo: da quando aveva conquistato tutto quanto si limitava a minare psicologicamente la ragazza facendo comparire a qualunque ora del giorno e della notte l'immagine che aveva decretato la sconfitta di Ladybug, tramite il miraculous dell'illusione, senza lasciarle tregua. Nemmeno il gatto sapeva più cosa fare per aiutare l'amica che non era più nemmeno in grado di sorridere.

"Marinette Dupain-Chen?" chiamò la signorina Bustier. Nessuna risposta

"Marinette!" sussurrò Alya dandole una gomitata per richiamare l'amica alla realtà.

Marinette alzò lo sguardo dal tablet ed accennò un "Presente" a fior di labbra, poi chinò nuovamente la testa sul suo banco. Adrien notò lo sguardo spento e perso dell'amica e le fece un timido sorriso. Lei ricambiò ma era evidente che il suo era solo un gesto di cortesia.

"Tutto bene, Marinette?" chiese il ragazzo sottovoce mentre la professoressa era girata intenta a scrivere alla lavagna.

"Tutto bene, sono solo un po' stanca" rispose mogia la corvina.

La risposta non convinse per nulla il biondo che interrogò Nino con lo sguardo, ma anche lui non aveva idea di cosa le passasse per la testa e scosse il capo.

La giornata finì, finirono i compiti, le lezioni di scherma e di cinese, Adrien si chiuse in camera sua. Lanciò le scarpe lontano e si buttò sul letto, il pensiero rivolto all'amica che da giorni era così avvilita da non saperlo più nascondere. All'inizio pensava fosse una preoccupazione generale dovuta agli ultimi avvenimenti, in fondo moltissime persone a Parigi avevano sviluppato una strana forma di nevrosi o di depressione dovute all'incidente, ma Marinette non sembrava proprio il tipo da farsi condizionare così a lungo da simili emozioni.

"Dev'esserle successo qualcosa" disse "Spero che non sia nulla di irreparabile. Spero che i suoi parenti stiano tutti bene, che non ci siano problemi di soldi o che... Plagg, ma mi ascolti?" esclamò il ragazzo notando che il kwami stava sbaciucchiando un pezzo di camembert.

Il kwami lo guardò, ingoiò in un sol colpo il pezzo di formaggio e fece una smorfia "Ma cosa mi chiedi? Cosa vuoi che ne sappia? Scrivile e fatti dire come sta"

"Non posso mica scriverle un messaggio per sapere queste cose, sono argomenti delicati. E poi è ora di cominciare la ronda" disse il ragazzo balzando dal letto e dopo aver detto le parole magiche uscì dalla finestra più veloce di un fulmine.

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