Flames

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Quella ragazza.
Quella ragazza ormai è mia, così mia, da cambiare completamente la mia vita. Mi rende nervosa, ma allora stesso tempo felice. So che osservarla da lontano per tre mesi non è servito a molto.
Però io sono strana, diversa da lei.
Così sono stata per tre mesi a guardarla uscire da quel pub, solito giorno, solita ora. Stessi passi svelti di sempre.― Penso, mentre metto la mano sul cambio e corro sulla strada, non soffermandomi troppo sui semafori rossi. Mi tremano le mani. Dopo tanto tempo, ho davvero paura. Ma non una paura normale, una paura da farti tremare tutte le ossa, da farti portare alla pazzia. Una lacrima mi solca il viso. Scuoto la testa con convinzione. ― No, non deve per forza essere successo qualcosa. Sono stupida, dovevo proteggerla da lui.
Chiunque si sarebbe avvicinato a quella ragazza, l'avrei ucciso.
È una promessa e io le promesse le mantengo sempre. Amo quella ragazza. Il mio è un amore contorto, maniacale, strano. Il suo sorriso, però, mi mette al sicuro da tutte le cose sbagliate di me stessa, del mondo intero.― Giro una curva e vedo quell'edificio abbandonato che ormai conosco a memoria. Spengo la macchina e scendo dall'auto. Mi sudano le mani e me le strofino sulla stoffa del pantalone. Sospiro. Un altra fitta allo stomaco e potrei crollare, qui per terra, davanti a tutti, o a nessuno. Come non ho mai fatto prima di allora.
Però non faccio nulla di tutto questo, rimango a guardare quella che una volta sarebbe dovuta essere una fabbrica, in cerca di Blake. Una volta lo ritenevo un fratello, ora per me può anche bruciare all'inferno.
Il messaggio che mi ha madato, diceva:

Tra dieci minuti davanti alla fabbrica.

L'unica fabbrica in questo posto è questa. Quel figlio di puttana.
Prendo il cellulare e fisso l'ora. É mezzanotte e mezza.
Mi infilo un coltello nella cintura e inizio a camminare a passo spedito, quasi correndo, verso quel cazzo di posto. Non ho paura di lui. Questa è la mia guerra, per lei. Stringo con le dita il manico del coltello, pronta ad usarlo.

«Blake, brutto pezzo di merda.» Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, la rabbia mi sta accecando viva.
Aggiusto la mia giacca di pelle sulle spalle e mi avvicino all'entrata.
Questo è solo l'inzio, mi ripeto.
Sento dei sighiozzi, sono lontani. Spalco la porta arrugginita ed entro. La riconosco.
Comincio a guardarmi intorno e mi mordo il labbro con forza, sperando di trovarla. Giro per quel posto immenso per un po'.
Fin quando la vedo lì, distesa in terra che mi guarda a malapena, mentre respira a fatica. Non so cosa le sia successo, non voglio saperlo.
Corro da lei, non mi importa di morire, se lui fosse da queste parti. Mi inginocchio accanto a lei e le accarezzo la guancia. Le lacrime mi scendono giù per le guancie, senza nemmeno accorgermene quasi.
Le bacio la fronte e le sussurro: «Non avere paura, ci sono qua io, ti salverò. Io ti amo.» Singhiozzo, tra una parola e l'altra. Sento un "anche'io" smorzato, avendoci messo tutta la forza per dire quelle due parole.
Ce la farà, penso tra me e me mentre prendo il cellulare e chiamo qualcuno. Da sola non riuscirò a salvarla.

O forse è la fine.

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Questo non lo ritengo un capitolo, ma un semplice prologo, forse.
Vbb, spero vi piaccia.ಠ_ಠ

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