Fear

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Batto ripetutamente la suola delle mie scarpe nere sull'asfalto. Sento il rumore dei miei passi. Cammino così velocemente che per un momento mi sembra di correre, ma non sto correndo. So bene dove mi sto dirigendo.
Arrivo davanti al muretto il quale per molto tempo è stato il mio miglior punto di osservazione. E lo è tutt'ora. Lo sfioro con l'indice.
Sembri pazza. Mi dice il mio subconscio. Ed Andrew. Rido per l'affermazione che in questo periodo, mi ritorna spesso in mente. La mia risata risuona in quella strada deserta. Osservo il muretto davati a me, ormai segnato dal tempo con scritte di date o frasi sbiadite, quindi prive di senso. Mi sporgo e guardo oltre il muretto. L'acqua del fiume è sempre così calma. Sorrido al ricordo di quando mi intrufolavo in qualche scorciatoia che portava a quel fiume e restavo lì ore a pensare.
Mi siedo sul muretto guardandomi intorno. Sospiro e fisso la porta del palazzo alla mia sinistra, sperando si apra. Passano minuti, o forse solo interminabili secondi, quando sento quel rumore metallico che riconosco subito.
Una chioma di capelli neri e degli occhi azzurri penetranti esce da quell'edificio. Ecco cosa stavo aspettando: lei. I suo occhi incontrano i miei e il mio cuore accellera i battiti. Continua a guardarmi mentre cammina verso la direzione da dove sono arrivata io, quindici minuti fa. Mi mordo il labbro senza mai staccare il contatto visivo con lei.
«Com'è lavorare in quella merda?»
Le parole mi escono di bocca senza neanche aver pensato di dirle. Mi porto una mano sulla fronte e lei sgrana gli occhi a quella domanda e accellera il passo. Quasi cade.
Io sorrido per la sua reazione e la ragazza dall'altro lato della strada abbassa lo sguardo e scompare, girando l'angolo velocemente.
Scuoto la testa e mi porto entrambi le mani tra i capelli. Cosa cazzo mi è passato per la mente? E se ora è spaventata da me?
Mi vede qui seduta da così tanto tempo, quasi tutti i giorni. Avrà sicuramente capito che sono qui per qualcuno. O addirittura avrà inteso che aspetto lei.
Mi stringo con forza i capelli tra le dita e me li tiro.
No, cazzo. Non voglio che lei stia alla larga da me, più di quanto non lo stia già. Sbuffo esausta.

Il modo con cui mi guarda è così sbagliato, vorrei tanto mi guardasse in modo diverso. Con amore, come nessuno ormai non fa da quando non c'è più lui.
Da allora vedo sguardi vuoti, privi di qualunque emozione: dolore, felicità, paura, eccitazione. Forse, mi sbaglio. Forse non sono gli occhi delle persone, ma io ad essere vuota. Eppure dopo tanto tempo nei suoi occhi vedo qualcosa. Ogni volta che ci guardiamo, nei suoi occhi vedo la paura. La paura del mondo circostante. La mia stessa paura.
Scendo dal quel muretto e mi incammino verso non so dove.

❃❃❃

Sono distesa sul letto e fisso il soffitto da quando sono tornata. I pensieri mi affollano la testa. Non riesco a stare bene. Io sono una cattiva persona, gli altri ― dice sempre Drew― mi temono. Eppure quella ragazza mi rende fottutamente debole.
Mi passo una mano sul viso stanco. Ho bisogno di sfogarmi. Domani devo andare a lavorare. Sospiro irritata, come faccio a chiamare lavoro un posto dove per guadagnare devi rischiare la vita?
Non devo pensare a tutto questo. Mi alzo velocemente ed esco da quella camera.

Apro la porta della stanza vicino alla mia e trovo Andrew disteso sul suo letto intento a guardare la tv. Non è così tardi come credevo.
Lo osservo dalla soglia della porta. È davvvero bello: i suoi occhi azzurri e i contorni della mascella marcati dal chiaro scuro provocato della flebile luce della tv e dell'oscurità. Sorrido.
«Drew.» lo chiamo.
Si gira verso di me e sorride.
«Vieni.» mi dice indicandomi lo spazio di letto vuoto accanto a lui. Mi avvicino e mi distendo appoggiando la testa sulla sua spalla.
Mi accarezza il braccio senza smettere di guardarmi, rimaniamo così per un po'. Perché lui riesce sempre a calmarmi?
Chiudo gli occhi.
«Ho sbagliato tutto. Non dovevo diventare quella che sono adesso.» cerco di non far tremare la voce mentre parlo. Parole, ecco cosa sono, insignificanti e inutili. Parole che avevo dentro da tanto, che mi lacerare e mi fanno stare male.
«Hey, cosa dici? A me piaci così come sei. Come eri quando ti ho conosciuta anni fa.» dice sorridendo appena.
«Non capisci, ho sbagliato tutto. Con la mia― ormai ex― amica, l'unica che avevo, del resto. Con la mia famiglia. E soprattutto con lui, perché non l'ho salvato?» dico sull'orlo del pianto. «Non fartene una colpa, sappiamo entrambi che lo avrebbe fatto comunque, non potevi fare nulla.»
«Invece sì, potevo salvarlo, ci sarei riuscita, perché sono stata così stupida?» Soffoco un gemito di dolore. Non ne posso più. Sento una lacrima scendermi dall'occhio, bruciandomi la guancia.
«Smettila di dire così.» Sussurra quasi più a sé stesso che a me. Respiro cercando di calmarmi.
«C'è una persona ―dico prima che io possa pentirmene― che mi rende debole. Il problema è che non abbiamo mai avuto una vera conversazione.»
Lui mi fissa. «Non farti indebolire da nessuno. Sei più forte di quello che credi.» dice stringendomi a sé.
Andy è l'unica persona che mi ha aiutata in tutti questi anni, non so davvero come avrei fatto senza di lui.
«Questa persona è importante per te?»
Aggrotto la fronte e sussurro: «Più di qualunque altra cosa al mondo.»

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Buuut, non lo so, non mi piace molto come capitolo, comunque gli altri prossimo saranno ancora più lunghi, perché beh, conosceremo meglio Andrew e le protagoniste si conosceranno, ZANZANZAAN.

E nulla, nel prossimo capitolo saprete i nomi delle due ragazze.

A presto.

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