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Il cielo era incredibilmente azzurro, quella mattina di maggio. Dal balcone lasciato aperto entrava una brezza piacevole e, nonostante fossero soltanto le sette e trenta, Simone si svegliò riposato. Per la prima volta dopo molto tempo, quella mattina non sentiva la testa pulsare e questo lo mise subito di buonumore; dopo l'incidente soffriva spesso di emicranie, ma ormai sembrava conviverci piuttosto bene, dopo tutto quel tempo. Si alzò dal letto disordinato e si affacciò al balconcino per godersi l'aria frizzante. Forse anche quel pomeriggio avrebbe piovuto, come i giorni appena trascorsi, ma in quel momento c'era un sole caldo, quasi estivo, che comunque lo fece sorridere. Si accorse solo qualche secondo più tardi che in basso, proprio sotto al suo balcone, c'era nonna Virginia che si occupava diligentemente delle sue piante.
"Nonna?" la chiamò e quella alzò rapida il capo, per rivolgergli un sorriso dolcissimo. Simone adorava la nonna, perché ogni volta che lo guardava sembrava davvero vedere la cosa più bella del mondo. Lo faceva sentire speciale e, anche se lo sapeva che era di parte, lui si crogiolava in quelle attenzioni.
"Amore della nonna! Scendi e mi aiuti?" sollevò la palettina verde che teneva stretta nella mano inguantata, già polverosa di terriccio.
"Ma sono le sette!" si lamentò, mentre comunque si accingeva a tornare in camera per togliere il pigiama ed indossare qualcosa di comodo. Era sabato, avrebbe potuto dormire un po' di più e invece eccolo che andava a fare giardinaggio con sua nonna settantenne alle sette del mattino.
Sentì Virginia ridere e si sbrigò ad indossare la tuta grigia che aveva riposto sulla sedia il giorno precedente. Per un attimo, solo per un attimo, lo sguardo gli cadde su una foto che, suo malgrado, teneva ancora appiccicata al legno chiaro della scrivania con lo scotch trasparente.
Nella foto c'erano due ragazzi, che Simone faticava un po' a riconoscere e non perché fossero cambiati chissà quanto fisicamente, quanto perché era cambiato lui, in quei mesi. Nello scatto, lui e Manuel erano sulla sua Vespa bianca, Simone stava indicando Dante, autore dello scatto ed entrambi ridevano forte, tanto forte che qualche attimo dopo avevano rischiato di cadere dal motorino. Era una bella foto, solo che le cose erano cambiate e ogni volta che la vedeva il cuore faceva un guizzo di cui non era contento. Forse avrebbe dovuto toglierla, con la scusa che lo scotch avrebbe potuto rovinare la superficie della scrivania. Che cretinata, si disse.
Lui e Manuel erano ancora amici, certo, lo sarebbero stati sempre. In quella fotografia, però, Simone di Manuel era innamorato, e adesso non lo era più; o almeno, diceva a tutti e a se stesso di non esserlo più. Perché rassegnarsi al fatto che tanto Manuel non lo avrebbe amato mai era più semplice che continuare ad avere quel sorriso ebete e nebuloso in ogni foto. Lo aveva deciso quando, qualche settimana prima, Manuel gli aveva raccontato del suo terzo appuntamento con Giulia, quella che era a tutti gli effetti la sua ragazza.
Proprio in quel momento, il cellulare trillò allegro, segnalando l'arrivo di un messaggio. Simone guardò lo schermo distrattamente mentre si sistemava l'elastico del pantalone.
Era Manuel, ovviamente: chi altri avrebbe potuto mandargli un messaggio alle sette e mezza del mattino?

"Oggi vengo da te? 🤡"

Simone si corrucciò, prima di digitare velocemente: "Ma non dovevi vederti con Giulia?"

"Seh ma le ho detto che me volevo vede' un po' co' te. Allora?"

Si morse l'interno della guancia, per sopprimere la maledetta sensazione di calore che gli si propagò nello stomaco: "E richiamala"

"Ma perché oh che fa"

Simone a quel punto pensò che Manuel fosse un po' un idiota e che lui fosse ancora più idiota perché gli stava ancora sotto: "C'ho da fare, esco con uno oggi", lo scrisse anche se non era vero. Lo scrisse perché era assurdo che Manuel desse buca alla sua ragazza per stare con lui di sabato pomeriggio senza che avessero nulla di organizzato. E poi, magari, poteva farlo diventare vero quel messaggio. Poteva rispondere a quel Giacomo che gli aveva chiesto di uscire; poteva impegnarsi un po' di più a togliersi Manuel dalla testa. Ci pensò mentre si infilava una maglietta un po' sgualcita e si infilava le Converse velocemente.
Manuel non gli aveva più risposto. Era passato qualche minuto quando lo schermo del cellulare si illuminò di nuovo.

Rosa di maggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora