UN UOMO DI PAROLA

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<<Posso aiutarla?>>

<<No, la ringrazio. Sto solo dando un'occhiata>>

Erano esattamente 20 minuti che quell'uomo dava "un'occhiata" ed erano ben 20 minuti che cercavo di capire cosa cercasse. Passava da un reparto all'altro, da un genere all'altro senza mai prendere qualcosa. L'ora di chiusura era passata già da un pezzo e dopo 8 ore di lavoro ero sfinita. Ormai conoscevo bene quel tipo: tutte le sere entrava nella libreria, si faceva il suo bel giretto e poi andava via soddisfatto, senza comprare niente. Non era una novità, ormai sapevo già come sarebbe andata a finire.

<<Signore, le devo chiedere di fare in fretta perché è chiuso>>

Niente, non mi dava retta. Continuava a sfogliare quei libri come se non avessi detto niente. Dopo qualche altro minuto si avvicinò chiedendomi di incartare un libro fantasy per un regalo, per una persona importante.

<<Per lei, signorina>> disse rendendomi il pacco.

<<Come dice?>>

<<So che a lei piace molto questo genere, soprattutto se si tratta di magia. Ho pensato potesse farle piacere>>

<<La ringrazio, ma non posso accettare>>

<<No, la prego. L'ho osservata molto nell'ultimo periodo e ho visto quanto sudore mette per questo lavoro, si vede che è innamorata della lettura. Buona serata, Anna>> e sparì dal negozio.

Quindi era per questo che stava sempre qui, mi osservava. Non sapevo se esserne felice o spaventata, effettivamente era un po' inquietante ma decisi di non darci molto peso. Chiusi il negozio e mi avviai verso casa. Durante il tragitto ripenso all'avvenimento e al suo volto: quegli occhi azzurri così profondi, così puri... e anche così ingannevoli. Non sapevo se fidarmi di lui, cosa dovevo fare? E poi come faceva a sapere il mio nome? Io non avevo nemmeno il documento addosso. Anche a questo non diedi peso.

Arrivata a casa buttai la mia borsa bianca sulla sedia della scrivania e mi scaraventai sul letto esausta. Finalmente la giornata giunse al termine e potevo raggiungere il mondo dei sogni.

Il viaggio venne interrotto dalla sveglia, quella maledetta. Il mio sonno durò poco purtroppo, come al solito. Era un mese circa che non riuscivo a riposarmi per bene, avvicinandosi il Natale aumentò la clientela e quindi si faceva il tutto più faticoso.

"Ancora qualche giorno e potrò tornare alla vita normale" pensai alzandomi.

Sulla sedia avevo già l'outfit del giorno: un paio di jeans e una maglietta blu, dicono che stia bene con la mia carnagione chiara e devo dire che mi piace molto. Non per niente è il mio colore preferito.

Una volta preparata presi la macchina e corsi a lavorare, c'era già gente fuori... cominciamo bene!

<<Buongiorno, entrate pure>> dissi sorridendo.

La libreria si riempì immediatamente ed io ero piena di lavoro. Clienti che andavano e venivano, libri su libri da incartare. Rimasi dietro al bancone per tutto il tempo con carta e scotch tra le mani.

"Sono le 20.00. Il biondino non si è fatto vivo per tutto il giorno, strano."

<<Ah, ma che m'importa. Bene, almeno oggi posso chiudere>> dissi girando la chiave.

<<Anna, buonasera>>

Una voce proveniente dalle mie spalle mi fece sobbalzare. Di nuovo lui, era una persecuzione.

<<Che ci fai qui? Mi hai spaventata...>>

<<Volevo invitarti a cena, ti va?>>

In realtà non sapevo se accettare la sua proposta, però infondo non avevo niente da fare e così mi dissi: "Perché no..."

Edward mi portò in un ristorante di lusso: le posate erano d'argento, le tovaglie color champagne. Al centro del tavolo c'erano delle candele che il cameriere accese una volta accomodati. Una donna vestita di bianco si mise al centro della sala e iniziò a suonare una dolce melodia. Era tutto così perfetto.

Quella sera fu l'inizio della mia storia: iniziammo a frequentarci sempre di più fino a quando non mi chiese di sposarlo. Mi sentivo la donna più felice del mondo, toccavo il cielo con un dito. Accettai, non ci pensai due volte. Il sogno di una vita si stava realizzando: ora sposa, domani una famiglia... non potevo chiedere di più. Avevo trovato un uomo che mi amava davvero, che mi accettava per quella che ero. Si trattava di un uomo speciale, unico. "Non ne esistono come lui" pensavo.

Fu tutto fantastico, ricordo come se fosse ieri: io avevo un vestito da principessa sul rosato e i capelli erano raccolti in un elegante chignon. Lui era lì che mi aspettava, il suo sorriso era tutto per me. Era la mia occasione per brillare. Dopo una vita di inganni, di sconfitte, di delusioni... potevo finalmente essere felice. Sentivo che il mio modo stesse per cambiare, stavo per voltare pagina.

Avevo ragione, la mia vita stava cambiando. Le cose, però, non andarono come previsto. In maniera molto radicale cominciò a controllarmi, a proibirmi delle cose. Dovetti lasciare il mio lavoro perché altrimenti non sarei stata una degna donna di casa e di conseguenza nemmeno una brava mamma. Lo accontentai, era ciò che voleva. Un giorno mi vietò di mettere il rossetto rosso, il mio preferito, anche se stavo andando solo al compleanno di una mia cara amica. Lo accontentai, era solo geloso. Inizialmente la cosa mi faceva piacere perché associavo la sua gelosia con una dimostrazione d'amore, io credevo alle sue parole. Lui mi amava, era pazzo di me. L'unica cosa che voleva era che io fossi solo sua, infondo aveva ragione: Quale persona non vorrebbe che il proprio partner fosse solo suo? Era normale che fosse geloso, ci teneva... lo dimostrava così, il suo bene.

Una sera arrivai tardi a casa dopo aver soccorso mia sorella, si era sentita male per strada e mi chiamarono. Era urgente, così la portai immediatamente all'ospedale e restai lì fino a quando non la mandarono via. Edward non mi credette, disse che ero una poco di buona e affermò di volermi uccidere.

Iniziò a gridare: <<Io ti uccido!>>

Cominciai a cadere in depressione senza rendermene conto. Vedevo tutto nero, avevo paura di dire qualcosa di sbagliato. Non volevo farlo arrabbiare.

Mi allontanai pian piano da amici e parenti così da essere tutta per lui, era ciò che voleva. Qualche volta capitò di arrivare a pranzo in ritardo perché la maestra di Giacomo, il mio bambino, voleva parlarmi della sua condotta. Risultava avere problemi comportamentali: alzava le mani alle bambine, altre volte si metteva in un angolo della classe e piangeva perché aveva paura. Facendo tardi non avevo ancora cucinato e mi diede uno schiaffo. Non ero in grado di fare la moglie, non ero in grado di fare la mamma. Me lo meritavo, tutto ciò che voleva era una donna ed io non lo ero... non sapevo fare niente. Disse ancora di volermi uccidere, ormai erano tre anni che succedeva e Giacomo sentiva tutto. Ripeteva le medesime cose alle bambine. Cercai di spiegargli che era sbagliato il suo comportamento ma lui puntualmente rispondeva con "anche papà lo fa con te". Era diverso, stavamo parlando di due cose totalmente differenti. Non poteva certo paragonare l'atteggiamento di suo padre con lui, cosa c'entrava? Forse aveva ragione, decisamente.

Mi arrivarono le mestruazioni, non mi diede nemmeno i soldi per acquistare gli assorbenti. Mi arrangiai con un asciugamano rovinato. Il mio corpo diventava sempre più debole, la mia mente sempre più vuota e la mia vista sempre più buia.

Ieri era ubriaco, abbiamo litigato di nuovo. Mi aveva vista parlare con un signore, il padre di Ettore, l'amichetto di Giacomo. Sono una prostituta senza vergogna. Ha mantenuto la sua parola, non sono più con loro. Adesso li vedo da quassù. Infondo era un uomo di parola, ha mantenuto la sua parola: mi prese per il collo e mi strangolò. Ti amo, Edward. 

UN UOMO DI PAROLADove le storie prendono vita. Scoprilo ora