Day 1~ Mattina

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Lato A

Nuova regola: mai, e poi mai, comprare un qualsiasi liquido ad una persona a cui state per spezzare il cuore, poiché potrebbe lanciarvelo addosso per ripicca.
«Quindi mi stai lasciando?» Chiyo strabuzzò gli occhi dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
Jun annuì, poco sicuro, allungando le gambe muscolose; erano seduti davanti al konbini del loro quartiere, bardati fino ai denti per cercare di non farsi riconoscere nonostante il clima mite.
«Ma perché?» chiese stringendo forte la granita che Jun le aveva appena preso, al gusto di limone.
Perfetto, così se mi finirà negli occhi brucerà pure da morire.
«Ti ricordi quando siamo andati in quel love hotel?»
Chiyo annuì, pensosa, iniziando a farsi un'idea di ciò che lui volesse dirle.
«Ci hanno beccati, grazie all'intervento del boss la cosa non è diventata di pubblico dominio, ma ci siamo andati molto vicini, e io penso… » che tu non ne valga la pena, «… che non dovremmo rischiare la carriera».
Chiyo rimase in silenzio mentre Jun pregava che credesse a quella montagna di bugie che le stava raccontando. Il labbro tremolante come quando da piccola cercava di non piangere..
Doveva essere convincente, così lei non avrebbe insistito o chiesto ulteriori spiegazioni.
Alla fine disse solo:«Non vuoi neanche provarci?»
Jun fece spallucce, il sudore che gli colava da una tempia lungo tutto il viso.
Un paio di bambini gli sfrecciarono di fianco, seguiti a ruota da una madre apprensiva che li pregava di rallentare.
Le porte automatiche del kombini si aprirono con un bip e da dentro arrivò il classico "Irasshaimase!" delle commesse.
«Davvero? Non dici niente?» Chiyo si alzò di scatto, sbattendo i tacchi rosa confetto per terra.
«Stiamo insieme da-» iniziò con un tono di voce troppo alto per i suoi gusti, attirando gli sguardi dei passanti.
«Abbassa il volume Chi-chan,» si asciugò le mani lungo i pantaloni nonostante fossero asciutte, sentendo il bisogno di muoversi, di fare qualcosa…e che quel qualcosa non fosse guardare Chiyo negli occhi.
«Stiamo insieme da dieci anni, e non ti azzardare a chiamarmi così, non ne hai il diritto!»
Jun ringraziò mentalmente i bambini che, comprati degli anpan, stavano uscendo dal negozio, offrendogli un diversivo per guadagnare tempo.
Pensa ad una scusa plausibile, pensa ad una bugia che possa sembrare verità.
«Pensa ai tuoi fan, come si sentirebbero nello scoprire che non sei una ragazza pura ed innocente? E il tuo agente? A questo almeno ci hai pensato? Non voglio che tu faccia la stessa fine di Minami Minegishi», gli venne in mente solo quello con cui controbattere.
Chiyo gli prese la mano, stringendo piano:«Per te io rischierei tutto».
Ma io no.
«Non te lo lascerò fare, non per me.»
E lasciò che le sue dita sgusciassero fuori da quelle della ragazza.
Chiyo sembrò sul punto di mettersi a piangere, ma poi cambiò idea e, senza dire una parola, raccolse la sua borsa costellata di petali di ciliegio e se ne andò, e, rifletté il ragazzo, più che arrabbiata gli era sembrata delusa.
Dopo poco capì che non sarebbe tornata e decise di andare anche lui, continuando a ripetersi che aveva fatto la cosa giusta.
E la prima è andata.

Se Jun avesse dovuto descrivere la sua vita avrebbe detto che era come un treno; uno deragliato forse, ma quello era un dettaglio di poco conto.
Ciò che realmente importava era che fosse di nuovo sui binari ora.
Lo infastidiva il modo in cui, però, il suo andamento rassomigliasse più quello di un anziano con problemi alla sciatica che non quello di un giovane che deve correre a casa della fidanzata per approfittare dell’assenza dei genitori di questa.
Da qui era nata la sua risoluzione nel dare una marcia in più alla sua giornata e rivoluzionare completamente la sua vita.
Così quella mattina, con gli occhi ancora incrostati, aveva scritto una lista delle cose da fare e si era diretto al konbini vicino casa sua.

L'edificio di Akihabara in cui lui e il suo gruppo si esercitavano era, come amava dire il loro agente, “sfolgorante quanto la stella del loro talento”.
Jun doveva ancora capire cosa diamine significasse dopo quasi cinque anni che se lo sentiva ripetere.
Era quel tipo di grattacielo che ti fa venire le vertigini e strabuzzare gli occhi a causa del sole che si riflette contro i vetri degli uffici.
Nuotando contro il fiume di turisti che affollavano le strade, Jun controllò il cellulare, si accorse di essere in perfetto orario, se non leggero anticipo, e dopo aver fatto l’identificazione all’entrata decise di prendersela comoda.
Comprò uno di quei frullati proteici che aveva il permesso di concedersi una volta ogni tanto e iniziò a bere avidamente.
Con passo molleggiante si diresse verso gli ascensori, ma quando vide un ammasso di capelli color acquamarina si distrasse, andando a sbattere contro una colonnina e imbrattando il suo amato giacchino rosso.
Dove aveva fallito Chiyo, aveva avuto successo qualcun altro.
Sentì una risata meschina arrivargli alle orecchie e una mano andò a bloccare le porte dell’ascensore che si stavano per chiudere:«Hey Jun, serve aiuto?» fu la domanda beffarda.
«Da tutti tranne che da te.»
L’altro scrollò le spalle e lasciò che la portiera si chiudesse:«Buona fortuna a trovare un altro ascensore e arrivare in tempo allora», lo sfottè facendogli l’occhiolino.
Jun andò nel panico mentre controllava l’orologio: prendere quel dannato bibitone, di cui metà gli era finito addosso, gli aveva portato via veramente troppo tempo.
Corse verso l’altro ascensore ma un segno rosso su cartoncino bianco gli fece venire il latte alle ginocchia mentre la maglia zuppa gocciolava sul pavimento.
Doveva rompersi proprio oggi?!
Maledicendo i kami, e chiedendo scusa subito dopo, Jun controllò a quale piano si sarebbe fermato quello funzionante e sbuffò, pronto a distruggersi le ginocchia nel tentativo di recuperarlo.
Questa impresa verrà ricordata per sempre, pensò imboccando la tromba delle scale.
Era convinto di farcela, lo era veramente, ma verso il settimo piano i suoi polpacci presero a bruciare quanto le fiamme dell’inferno e si rassegnò all’idea che sarebbe arrivato alle prove in ritardo e grondante di sudore e frullato.

Quando giunse al suo piano, strisciando sugli scalini freddi e aggrappato al corrimano, gli parve di vedere una luce. Che fosse la sala prove o l’aldilà poco gli importava ad essere del tutto onesti.
Entrò con il fiatone proprio mentre il loro agente faceva il suo nome:«Qualcuno di voi ha visto Jun?»
«Ha avuto un incontro improvviso con una bella bionda, boss,» rispose Karino non appena lo vide entrare col fiatone:«Eppure io ci ho provato a fargli prendere l’ascensore».
Jun lo fulminò con lo sguardo mentre l’uomo si sistemava gli occhiali:«Non voglio neanche sapere come ti sei ridotto in queste condizioni, dimmi solo che hai qualcosa con cui cambiarti, ti prego».
Jun deglutì e rimase in silenzio:«A livello mentale e spirituale sì, a livello materiale…»
«Gli presto qualcosa di mio, tanto abbiamo quasi la stessa taglia», lo salvò Haruto, buttato sul pavimento lucido a massaggiarsi la gamba destra.
Jun gli si inginocchiò davanti:«Ti sarò debitore per tutto il resto della mia vita!»
Haruto gli sorrise e liquidò quella gratitudine con un gesto della mano.
Karino e Momo assistettero a quella specie di teatrino con ilarità mentre Minato parlava con il boss; quando Jun si fu cambiato la riunione poté ufficialmente cominciare.
«Come sapete oggi è un giorno molto importante, e non solo perché saranno le prime prove dopo…ciò che è successo, ma anche perché ci sarà la vostra prima intervista per il comeback», iniziò Seno-san:«Si terrà tra circa tre ore, quindi avete tutto il tempo di esercitarvi e prepararvi. Haruto», lo chiamò rivolgendosi al loro Face of the Group:«Conto in particolar modo su di te per sponsorizzarci al meglio e, a proposito di questo, al termine del servizio dovrai prendere parte ad un evento speciale stasera, una sorta di party di lancio per il nuovo album, ti farò avere tutte le informazioni più tardi».
Haruto annuì senza neanche alzarsi, una calma placida negli occhi che ricordò a Jun perché fosse proprio lui a rappresentarli tutti davanti al grande pubblico.
«Non sarà troppo per un giorno solo?» si intromise quel pugno in un occhio che era Karino, coi suoi capelli assurdi e il suo orecchino pendente tanto brillante da accecarlo.
«Sono sicuro che Haruto non ci deluderà», fu la risposta pratica e convinta che diede Seno-san, e tutti gli altri annuirono.
Karino guardò con un’espressione che Jun non seppe decifrare verso Haruto, ricevendo in cambio un pollice alzato da quest’ultimo.
«Direi che è arrivato il momento di provare!» Momo fece partire la musica fronteggiando la parete rivestita di specchi e qualsiasi cosa i due si stessero per dire sparì tra le note.

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