Anno 1804 nel giorno 12 Febbraio.
La pioggia cadeva battente sulla fredda città di Königsberg.
Schopenhauer guardava Kant.
Il suo Kant, il suo maestro e la sua guida filosofica.
Il giovane tedesco osservava impietosito quell'uomo che per anni era stato il noumeno dei suoi pensieri.
Lui Arthur Schopenhauer, il più grande filosofo prussiano aveva basato la sua intera vita a criticare e ha cercare di smontare un uomo; che ora era inerme su un letto bianco, che non rammenta neanche il suo nome.
Arthur si avvicinò lentamente al letto, si accomodò su una sedia di legno e guardò il suo volto invecchiato.
Immanuel Kant era ormai da mesi che soffriva di una brutta bestia: l'alzheimer.
La famiglia e la moglie del tedesco erano ormai consapevoli della precarietà della sua vita, che con dedizione aveva dedicato alla scienza e alla matematica.
Kant gemeva nel sonno, aveva gli occhi chiusi e le labbra secche; era tormentato da incubi e nonostante le cure, sembrava che la strada di ritorno fosse ormai solamente un ricordo offuscato.
Schopenhauer era zitto, non proferiva parola perché aveva paura di svegliarlo.
il tedesco era ancora giovane e mai aveva pensato alla morte, ma ora in quel momento, in quella stanza bianca e fredda sembrava di avercela così vicino.
Coraggiosamente allungò una mano verso Kant e gli toccò il palmo gelido; il giovane filosofo aveva sempre sognato di poterlo conoscere, immaginando come sarebbe stato parlare con lui.
Si vedeva come Platone con Socrate.
Il prussiano non apprezza per vari motivi il filosofo ateniese, ma ora in quel preciso momento si sentiva come lui.
Il giovane Platone aveva assistito alla morte ingiusta di Socrate da parte di Mileto che accusandolo di calunnia lo mandò a morire.
Il giovane allievo non ha potuto fare nulla e rammaricato ha assistito impotente alla congiura.
Schopenhauer osserva gli occhi chiusi e umidi dell'anziano; il giovane si era ripromesso che non sarebbe stato come Platone, che sarebbe riuscito a salvare il suo maestro, ma ora lui si sentiva ancorato a terra incapace di agire.
"Mi dispiace" gli sussurrò a bassa voce; successivamente il tedesco con delicatezza sollevò la gelida mano e gliela bacio.
"So che non credi nella transizione dell'anima, ma io sperò che un giorno potremmo rivederci"
Detto questo si sollevò dalla scomoda sedia e si avviò verso una finestra sporca.
le luci notturne di Königsberg e la fredda pioggia di febbraio facevano sembrare questa meravigliosa città tetra e oscura.
"Mio signore avete intenzione di restare per cena?" Chiese una giovane donna dai mossi capelli rossi.
"No mia signora, attendo la fine della bufera e poi tornerò nella mia dimora, vi ringrazio comunque per l'invito" gli risponde silenziosamente Schopenhauer.
La fanciulla abbandonò la stanza dopo avergli fatto un lieve inchino.
Il vento funesto scuoteva i rami dell' acero lì di fronte, facendoli sbattere contro il vetro della finestra, il rumore assordante rombo per l'intera stanza svegliando il povero Kant.
Un improvviso colpo di tosse fece voltare di spavento il povero Schopenhauer.
"Mio maestro siete sveglio?" Chiese allarmato, Kant si voltò verso la voce sconosciuta e improvvisamente ci fu un attacco di tosse talmente grassa che fece gemere dal dolore il povero filosofo.
Schopenhauer si apprestó ad andare verso il letto e a versare in un piccolo bicchiere un po' d'acqua fresca.
Immanuel si voltò verso il giovane e con voce strozzata gli disse: "chi siete voi?" "Mi chiamo Arthur Schopenhauer" rispose il tedesco, "Non vi conosco" disse successivamente il suo conterraneo.
Il giovane gli sorrise e con voce calma disse "naturalmente"; l'anziano lo guardò stranito e successivamente gli ricambiò il sorriso.
Kant Immanuel si voltò verso la sporca finestra è chiese nuovamente "Voi chi siete?"
Schopenhauer si girò stranito e successivamente un altro pesante colpo di tosse che lo fece piegare in due dalla sofferenza.
Il vento e la fredda pioggia si erano attenuate e il giovane capì che era giunta l'ora di andare, "credo di dover tornare a casa" disse malinconico.
Kant l' osservò stranito e poi richiese nuovamente "voi chi siete?"Schopenhauer non resistette più, afferró velocemente il tondo cappello e il soprabito.
Prima di uscire dalla camera riguardò per l'ultima volta Kant e gli disse" addio amico mio".
i due uomini si guardarono perplessi e Schopenhauer si permise di versare una piccola lacrima.
Non furono mai nemici e forse nemmeno amici, ma di un segreto il giovane si portava nel cuore, i due filosofi qualche anno prima avevano iniziato ad avere una ricca
corrispondenza di lettere.
I due discutevano della distinzione tra fenomeno e noumeno (cosa in sé).
Per Kant il fenomeno è l'unica realtà accessibile per la mente umana, mentre il noumeno è un concetto limite, che permette di definire che cosa sia la conoscenza.
Ripensando a questo uscì dalla buia stanza e chiuse la porta alle sue spalle; il giovane seppe nell'animo che questa sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe rivisto l'anziano filosofo.
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~ la pioggia porterà via anche i ricordi~
FanfictionImmanuel Kant morì il 12 febbraio 1804, Königsberg e Arthur Schopenhauer non ebbe mai modo di conoscerlo, ma tra i due risulto esserci una forte corrispondenza di lettere.... >storia completamente inventata<