One-shot

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La tempesta di neve imperversava fuori dalla finestra della mia camera. Il vento ululava.

Mi nascosi sotto le coperte.

"Non è niente, non è niente, non è niente. È solo la neve".

La neve, unita all'acqua e al vento, batteva violentemente sul vetro della mia finestra, graffiandola.

Tremavo come una foglia nonostante sotto le coperte ci fossero più di venti gradi.

La porta della mia camera si aprì cigolando.

Mi strinsi più che potevo al mio gattino di peluche.

Rumore di passi. Lenti. Molto lenti.

"Lui è qui. Lui... lui vuole mangiarmi".

Le lacrime di terrore che tentavo con tutta me stessa di trattenere da quando mi ero chiusa nella mia cameretta per cercare di dormire ormai rigavano il mio visino tondo. Tenevo gli occhi serrati. Non volevo guardare.

Poi accadde. Mi tolse la coperta e io gridai stritolando tra le braccia il mio pupazzo.

«Yuki! Yuki, calmati! Sono io!». Due braccia forti mi strinsero forte mentre cominciavo a piangervi all'interno.

La tensione iniziò a scemare. La paura si sciolse insieme alle lacrime.

«Calma, piccolina. Va tutto bene».

«Papà», singhiozzai facendo cadere il peluche sul pavimento, «il vampiro cattivo... lui era qui, vero? E tu l'hai cacciato via».

Mio padre, sospirando, mi strinse più forte. «Tesoro, quante volte dove dirti che sono sei anni che il vampiro cattivo non c'è più?». Mi scostò leggermente da sé per poter asciugare i miei occhioni cioccolato.

«No, non è vero», piagnucolai imbronciata. «Lui c'è sempre. Con il viso sporco di sangue. Mi cerca. Mi trova. Mi tormenta tutte le notti».

Papà si tolse gli occhiali e sospirò di nuovo. «Yuki, nessuno può farti del male». Mi diede un bacio sulla fronte e si alzò avviandosi verso la porta. Immediatamente afferrai la manica del suo pigiama. «Papà!».

Lui si voltò guardandomi con quei suoi occhi color grano. Poi sorrise prendendomi in braccio. «Va bene. Puoi dormire con me questa notte. Ma è l'ultima volta, siamo intesi? Devi imparare che è solo la tua testolina a che pensare che ci sia il vampiro quando fuori nevica forte».

Lo abbracciai. «Grazie, Papà!».

Ci avviammo verso la sua stanza.

«Aspetta!», dissi all'improvviso prima di mettermi a letto.

«Cosa c'è?»

«Ho dimenticato Kazenamero in camera». Corsi immediatamente in camera mia a prendere il gattino di peluche che avevo lasciato per terra per poi ritornare alla velocità della luce nel lettone di mio padre.

«Ora va meglio?», sussurrò coprendomi per bene sotto il piumone del suo letto.

Annuii e mi raggomitolai vicino a lui.

«Nessuno ti farà del male», mormorò lui mentre mi prendeva la mano.

Un sorriso si dipinse sul mio viso lasciando posto solo ai miei sogni che mi accolsero nelle loro braccia insieme a Morfeo che mi stava aspettando già da qualche ora.


***


La mattina dopo mi svegliai presto. Mio padre aveva già abbandonato il letto.

Posso dormire con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora