Alicante

295 11 7
                                    


Alicante

Une orange sur la table

Ta robe sur le tapis

Et toi dans mon lit

Doux présent du présent

Fraîcheur de la nuit

Chaleur de ma vie.

- Jacques Prévert

Fuori, nevica lento.

Le campane della Chiesa hanno suonato le 4 del mattino poco fa.

Si respira già aria di Natale.

La temperatura è scesa di qualche grado sotto lo zero, quest'anno Spoleto si è tinta di bianco prima del solito.

Ma qui dentro, fra le mura della mia camera, dell'inverno non c'è alcuna traccia.

I nostri vestiti sono a terra, sparsi sul pavimento senza troppa cura, e l'aria è tiepida, come quella che si respira in primavera quando tutto rinasce, più verde e rigoglioso di prima.

Sorrido al sospiro caldo che mi solletica la pelle, leggero come quelle mani che mi hanno accarezzato e che ho stretto forte fino a qualche momento fa.

Il mio cuore deve ancora rallentare il suo battito, ma dubito ci riuscirà tanto presto. Non adesso che Anna è di nuovo con me, tra le mie braccia, accoccolata contro il mio petto, gli occhi chiusi e il respiro affannato.

E non rallenterà, perché ha sperato per molto tempo di poter tornare a battere così. Non vuole tornare indietro, io non voglio tornare indietro. Per nessun motivo al mondo.

Sfioro la schiena nuda della donna che amo con la punta delle dita, mentre lei si sistema meglio nel mio abbraccio.

Fatico quasi a crederci, che finalmente siamo di nuovo insieme. Qui, così. Uniti come fossimo uno solo corpo e una sola anima. Uniti come i nostri cuori che battono ora all'unisono, che seguono di nuovo la stessa melodia.

Dopo tutto quello che è successo, mi ero convinto che, per quanto ci amassimo, non saremmo mai potuti tornare ad essere ciò che eravamo. Che l'amore non sarebbe bastato a far funzionare di nuovo le cose. Che io non le sarei bastato, per essere felice.

Certe volte ripenso a quella mattina in piazza, quando mi ero rassegnato all'idea che per lei sarei stato al massimo un amico, se fossi stato abbastanza forte da accettarlo.

Nel mio "magari le cose andranno meglio dopo il tuo funerale", c'era la speranza di riuscire ad essere ancora parte della sua vita, in qualche modo. In qualunque modo. Perché avevo capito vedendola in quel letto d'ospedale, che senza di lei, il mio faro, la luce che mi ha sempre guidato a fare la cosa giusta, io viaggiavo - e viaggio - come Ulisse senza meta, in balia del vento e delle onde, incapace di guidare la mia nave in porto.

E ci avevo provato, a farlo. A sforzarmi di essere solo un amico. Avevo messo tutto me stesso in quel tentativo di celarle, in ogni istante, quello che continuavo a provare per lei, perché era l'unico modo che avevo per poter ancora far parte della sua vita.

I due anni che ci stiamo lasciando ora alle spalle sono stati un'agonia, perché il fatto che pian piano tra noi le cose fossero tornate esattamente come prima che ci lasciassimo mi lacerava dentro. Perché eravamo di nuovo noi due, ma non era più lo stesso. Perché lei non era più mia e io non ero più suo. Perché eravamo ancora l'uno il posto nel mondo dell'altra e lei la parte migliore di me, ma il passato non si poteva cancellare. E si sa, le macchie finiscono per riaffiorare sempre. Anche se usi la vernice giusta.

AlicanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora