"Buongiorno dottor Balestra, voleva vedermi?"

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Le porte del grande ascensore si aprirono al settimo piano, e di fronte al giovane ragazzo si presentò un lungo corridoio bianco e spoglio, stranamente silenzioso.
In forte contrasto con la confusione e il movimento che aveva trovato all'ingresso dell'ospedale e nei piani inferiori.

Avanzò a passo lento, timoroso, scorrendo le porte di tutti gli uffici, fino ad arrivare all'ultimo.
Sulla porta grigia, una piccola targhetta con un'elegante incisione.

'Dr. Balestra Simone,
Primario reparto cardiochirurgia'

Il ragazzo deglutì, poi avvicinò il pugno chiuso sulla superficie fredda e bussò piano.
Non passò molto prima che, dall'interno della stanza, tuonò un severo "Avanti" .

Abbassò la maniglia ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Rimase vicino ad essa, e alzò la testa notando una grossa scrivania nera che occupava la grande parete a vetri, di fronte a lui.
Dietro essa, il dottor Balestra se ne stava seduto su una poltrona scura, con una postura seria e severa che contrastava la morbidezza della seduta.

"B-buongiorno dottor Balestra, voleva vedermi?" la voce del ragazzo risultò insicura e si maledì mentalmente.

Era certo di aver fatto il suo lavoro in maniera impeccabile nell'ultimo periodo, ma conosceva benissimo il motivo per il quale il primario lo aveva convocato. E non riguardava per niente l'ambito lavorativo.

Il dottore si alzò e abbandonò la scrivania, iniziando a camminare a passo lento per la stanza, con le mani dietro alla schiena.

"Voglio che lei si renda conto della gravità di quello che è successo questa notte nel mio reparto" - iniziò poi a parlare, con una calma nella voce così strana che il ragazzo sentì immediatamente l'ansia salirgli dallo stomaco e le gambe molli, e ringraziò mentalmente di essere seduto sulla sedia.

Non osò voltarsi appena dietro di lui, dove il medico si era fermato.
"M-mi dispiace, signore. Non accadrà più" balbettò, con lo sguardo fisso sulla finestra davanti a lui.

"Ci può giurare!" Simone alzò di colpo la voce e il ragazzo sussultò appena, serrando gli occhi. "Come diamine le è venuto in mente di fare sesso durante il suo turno di lavoro, in uno squallido stanzino nel mio reparto?"

Aveva raggiunto di nuovo la sua scrivania e adesso si trovava appoggiato ad essa, esattamente di fronte all'infermiere che, in evidente imbarazzo, lo guardava con un'espressione dispiaciuta sul volto.

"Non so come era abituato nel suo vecchio ospedale, ma qui ci sono delle regole chiare da rispettare. E le garantisco, signor Ferro, che fare sesso durante il l'orario di lavoro non è assolutamente tra queste."

A quel punto, l'infermiere prese coraggio e parlò.
"Ho capito, ho detto che mi dispiace e non capiterà più" - si rese conto di aver usato un tono un po' strafottente, così prima che il primario potesse replicare, aggiunse abbassando il tono - "..signore."

"Non mi parli in questo modo" il dottore lo riprese, rilassando un po' la postura, e l'infermiere alzò gli occhi al cielo. Gesto che non passò inosservato agli occhi di Simone.

"E non alzare gli occhi al cielo quando parlo, è una cosa che mi manda fuori di testa" la stanchezza che incombeva sul medico dopo 10 ore di turno era evidente; inoltre si stava spazientendo di quella conversazione, e questa cosa il ragazzo poté notarla dal fatto che aveva improvvisamente smesso di dargli del lei.

Così, approfittò della situazione e si concesse il lusso di osare un po', inoltrandosi in una situazione che poteva essere un'arma a doppio taglio.

"Perché sennò? Che succede, signore?"

Bruciamoci | Simuel OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora