Prologo

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Morte. Né avvertiva l'odore. Morte e oscurità e il puzzo dello zolfo.
Ciarran D'Arbois ruotò lentamente su sé stesso, osservando la quiete della notte, il fitto sottobosco degli alberi a qualche centinaia di metri, il lungo tratto di strada buia, non asfaltata, isolata.
Sul ciglio della strada c'era un'auto, quasi appiattita dallo schiato, un lato squarciato come se la lamiera fosse stata di carta, i bordi accartocciati e anneriti dal fuoco. Le braci lanciavano ancora bagliori nel cielo notturno, sebbene le fiamme si fossero affievolite con il passare delle ore, restando deboli e basse. Non c'era traccia di un secondo veicolo, i resti metallici ritorti della station-wagon erano troppo distanti dagli alberi perché questi potessero aver causato l'incidente.
Ma lo stregone sapeva cosa aveva provocato l'avaria: qualcosa che non apparteneva a questo mondo. Arricciò il labbro, disgustato, e coblo sguardo abbracciò le ombre.
Paura. Orrore. Questi i sentimenti che percepiva, primordiali a naturali si raggelavano nell'aria, mentre una massa appiccicosa colava dai due morti stesi sulla strada. Pallida e sanguinante, la donna giaceve a terra, i lunghi arti scomposti in mondo innaturale. L'uomo era tranciato a metà, in una pozza di sangue brillante che tingeva la ghiaia sottile.
L'aria tremolava intorno ai corpi mentre le anime fluttuavano senza meta, incerte, confuse, strappate prematuramente ai loro involucri. Guardavano Ciarran con speranza e disperazione, ma lui volse lo sguardo, malgrado nell'intimo si struggesse perché non poteva salvarli. Per mille anni era vissuto a guardia del confine che separa le dimensioni, il confine tra il mondo degli umani e il regno dei demoni, e non era ancora riuscito a dominare la sua empatia.
Davvero ridicolo. Dopo tutto ciò che aveva visto, secoli e secoli di sofferenze e morte, avrebbe dovuto ormai trovare il modo di non lascirsi coinvolgere. I membri dell'Alleanza degli stregoni - una confraternita di esseri magici che mantenevano l'equilibrio tra il soprannaturale e il reale - lo avrebbero definito un folle se avessero saputo della sua debolezza. Chi erano i due morti?
Eppure, una parte di lui voleva riportare le anime nei corpi, guarirli con il potere della sua magia, dare loro una seconda possibilità per vivere quella vita strappata via brutalmente.
Ma salvarli avrebbe significato rompere il Patto, l'eterno accordo che governava le azioni di tutti coloro che avevano una predisposizione alla magia, un accordo più antico di qualsiasi tempo unano.
E così si allontanò, si mosse veloce verso il muro che tratteneva l'orda dei demoni, un muro impenetrabile alla vista umana ma a lui ben visibile. La barriera era danneggiata da uno squarcio profondo. Proiettando sottili fasci luminosi con la punta delle dita, sfiorò leggermente i bordi lisi del baratro. La fenditura continuava a vomitare ricordi di fumo e fetore di zolfo. Carpiw le informazioni necessarie, cogliendo il sengno distinto del demone, l'odore di marcio prutescente.
Ciarran sareva che qualcuno era riuscito ad attraversarlo, un terrore antico e forte, un essere terribile e oscuro sguinzagliato nel mondo degli umani. Sentiva la forza orribile e, insieme, l'insinuarsi della debole traccia dei demoni minori, inferiori nella scala gerarchica. Quelli non erano riusciti a passare dall'altra parte. Una magra consolazione.
Chiuse velocemente la falla. Era il suo compito, il suo più alto dovere. Ricacciare indietro i demoni. Proteggere l'umanità, per ciò che era, per ciò che sarebbe potuta diventare un giorno. La barriera mutò d'aspetto, piegata al suo volere e alla potente magia delle sue mani.
Richiuse lo squarcio. Udì un suo lieve, un rantolo, e solo allora si accorse della bambina.
La trovò distesa in un fosso, a dieci passi di distanza. Il respiro era debole e irregolare, il corpo squarciato, le viscere riverse attorcigliate sul ventre e sull'erba. Il braccio sinistro dilaniato e la gamba quasi del tutto recisa. Una pozza lucida di sangue circondava il suo corpicino. Si chiese se fosse ancora viva, ma pensò che forse lo era solo per la forza di volontà.
Che tragica perdita.
Una rapida valutazione di quanta scarsa forza vitale le rimanesse rivelò come sarebbe andata a finire. Aveva perso troppo sangue. Aveva riportato troppe ferite. La bambina sarebbe morta. Le cure umane non avrebbero potuto fare niente per lei.
<<Mammamia>> sussurrò. <<È tu ...tutto buio.>>
Si sentì attorcigliate lo stomaco.
<<Mammaria>> disse ancora, le parole si udivano appena. << Il pancino... mi fa male.>>
Guarirla e quindi interferire nel corso naturale della vita umana era proibita dal Patto, ma almeno poteva darle un po di sollievo, alleviarle le sofferenze. Ciarran invocò il suo potere, la avvolse con la magia, le offrì quanto poteva. Prese il dolore su di sé; voleva soltanto che passasse nell'aldilà senza patire l'agonia.
La bambina sbatté le palpebre, voltò la testa; Ciarran capì in un istante che lei lo vedeva, vedeva la sua aura e il suo potere, la sua magia, anche se non avrebbe dovuto perché aveva scelto di rifrangere la luce di nascondersi alla vista umana.
Incredulo, si raggelò nel vedere le dita della bambina si contraevano. La bambina catturò con pugno un fascio della corrente ondulata del suo potere, tirò a sé il nastro splendente e lo adagiow sul pancino. Ciarran ritrasse il potere dibscatto, riprese il controllo della magia, ma lei lo trattenne veloce, lo dissolse e benché segnata ormai dalla morte, si salvò.
Impossibile.
La bambina aveva agito infrangendo tutte le leggi del Patto, ma non c'era nulla che Ciarran avrebbe potuto fare per fermarla. Gli avrebbe strappato via la magia. Era guarita.
La ragazzina era un'eccezione in cui non si era ma imbattuto prima, e per un attimo su concentrò solo su di lei.
All'improvviso si irrigidì. Sapeva di aver tardato a voltarsi per invocare le grandi riserve della sua magia. Astuto, furtivo, un demone stava arrivando alle sue spalle.
Troppo tardi.
E poi di solo dolore.

Il bacio del demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora