1

2 0 0
                                    

La maggior parte delle persone che ho incontrato nel corso della mia vita, sembravano felici.

Dico sembravano perché, chiaramente, non ho il potere di leggere nella mente della gente.

 Quasi tutti erano sorridenti, e mostravano fieri i denti bianchissimi e le labbra carnose in segno di saluto.

E io, penso, ero una di loro.

Fino a qualche settimana fa, ero la persona più felice del mondo; nel pieno della mia adolescenza, l'unica cosa che ho sempre voluto è qualcosa di fisso, una specie di luce, di sicurezza, e dopo tempo l'avevo trovata.

Mi sentivo in pace con me stessa; mi trovavo bella sia esteticamente che interiormente, avevo la vita che sognavo, semplice ma perfetta, mi svegliavo col sorriso sul volto ogni mattina ed era raro ogni tipo di pianto; avevo un ragazzo e una relazione invidiabili, eravamo come cresciuti insieme, lui sapeva tutto di me e io tutto di lui.

Ma poi, di punto in bianco, le nostre strade si sono dovute separate, malgrado io abbia fatto di tutto affinché non accadesse.

I miei genitori hanno provato in ogni modo a loro possibile di migliorare la mia situazione, con regali e dedicandomi tempo, ma (mi dispiace per loro) hanno fallito.

Ed ora eccomi qua, che penso in modo consistente al mio malessere e a come porre fine a tutta questa sofferenza.

Sapete, le persone sbagliano. Com'è normale che sia

Ma non lo ammettono. Mai. 

Vogliono sempre sembrare perfetti, uguali a tutti gli altri, perché la normalità per loro è sicurezza, e sicurezza è felicità.

E se la felicità non fosse veramente questo? Voglio dire, perché dovremmo provare felicità nel fare sempre le stesse cose nello stesso modo?

Perché la felicità e la normalità dovrebbero essere associate, anche se involontariamente, a una specie di abitudine? La sicurezza di rifare sempre le stesse cose non crea noia dopo un po'?

Non avrò mai risposta, credo.

Tutta questa mia riflessione, avviene tra le coperte del mio letto;

è una serata non troppo calda, non ho nulla addosso tranne la biancheria intima nera, e dopo l'ennesimo pianto sfociato nell'autolesionismo non troppo grave, per così dire, decido di alzarmi dal letto e di affacciarmi alla finestra.

Casa mia è fuori città, a circa dieci metri oltre il giardino c'è la strada. Quella finestra, dalla quale ora sto fissando le macchine sfrecciare poco distanti le une dalle altre, è al primo piano. Troppo basso per "porre fine alle mie sofferenze", ma non troppo per procurarmi un enorme male fisico e finire all'ospedale.

Ci ripenso quasi subito, con un guizzo della testa torno per stendermi a letto. Anche se un secondo dopo mi dico che quella dell'elevato male fisico non era poi una proposta così malvagia.

Ormai, il letto è troppo comodo per alzarmi una volta di più, non ho né la voglia né la forza per farlo.

Non mangio da giorni, eppure non sento la fame: mi sento solo... debole.

Impotente.

Mi domando perché non ho pieno controllo della mia vita;
 perché tutti se ne vanno prima o poi; perché esisto. 

Mi sento sbagliata in un mondo di persone giuste.

Ho un flashback. Una scena, come vista dall'alto, di me sdraiata nello stesso letto 4 anni fa. 

Soffrivo dello stesso male, avevo le stesse reazioni che sto avendo ora.

Invece di andare avanti, retrocedo.

"No", penso, "sono più di questo". Tiro su col naso, mi asciugo le lacrime che mi sono scese inconsciamente coi palmi delle mani,  e afferro il cellulare.

Segna le 2 e 47 del mattino.

Ultimamente dormo davvero poco. Il cuscino mi preme sulla schiena, lo ammorbidisco con un paio di pugni non troppo forti e mi appoggio nuovamente.

Indosso le cuffiette. Riparte la musica. La playlist si chiama "NON DISTURBARE!!!! :(: depression mood"; l'ho creata anni fa ma continuo a pensare che esprima appieno le mie emozioni, quando la uso.

Peccato che ho il brutto vizio di stancarmi facilmente delle canzoni, quindi subisce spesso cambiamenti drastici.

Il telefono si accende, con una vibrazione di circa un paio di secondi: le solite e-mail di merda.

Fisso lo schermo senza muovermi finché questo non si spegne; sento il vuoto dentro di me, farsi sempre più grande.

O forse è solo il buio della notte che mi avvolge, chissà. Mi ripeto che anche sta notte non dormirò per nulla, ma forse questa volta mi sbaglio: crollo poco dopo, con ancora la musica nelle orecchie e il pc a lato del letto, acceso. 

Le ore passano veloci, quando dormi. Il problema è sempre quando sei sveglio.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11, 2022 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

noi siamo luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora