The 72th Hunger Games

capitolo 2

Sono davanti al palazzo principale, in un ampio spazio dove si svolge la mietitura ogni anno.
C'è una bambina di circa 7 anni che piange e si attacca alla gamba della sorella di circa 17.
So che quelle due sono orfane.
La madre era malata e morì mentre il padre si suicidò per il troppo dolore lasciandole li sole, con il pericolo che ogni anno la sorella più grande verga sorteggiata e sia costretta a lasciare sola la sorella.
Non la conosco molto bene, ci avrò parlato circa due o tre volte.
Spero con tutto il cuore che non esca e che quella povera bambina scampi il pericolo di rimanere da sola.
Ci mettiamo tutti in fila per farci pungere il dito e per poter poi piazzarci divisi tra maschi e femmine in attesa di sapere chi saranno il "fortunato" e la "fortunata" che dovranno andare a ammazzarsi.
Nello spiazzo di gente vedo Aron, un ragazzo bello e pieno di se. Sta parlando con gli amici e dice quanto vorrebbe che il suo nome venga estratto.
Tra le ragazze vedo Elizabeth, bionda, occhi azzurri, alta e forte. Anche lei spera di uscire. Non potrebbero far andare loro e basta ?
No, figuriamoci, per Capitol City c'è più divertimento a veder estratti giovani pieni di paura.
Arriva il mio turno e sento un lieve dolore al polpastrello mentre poi premo il dito sul foglio.
Passo oltre e mi metto in fila accanto alle altre ragazze.
Alcune sono patetiche. Vestiti ricchi e colorati per andare a morire.
"Amber" sento pronunciare da una voce accanto al mio orecchio.
Mi volto e vedo Lilian, una ragazza che segue i corsi di addestramento con me.
"Lilian" dico piano.
Lei si mette vicino a me con le mani dietro la schiena e scruta la folla, il palco, il cielo.
Lo fa ogni anno, e ogni anno ripete ...
"Mi piace guardare bene questo posto, mi piace parecchio e potrebbe essere l'ultima volta che lo vedo"
Ecco, come non detto. Puntuale come l'odiosissima sveglia che mi tormenta ogni mattino.
"Lo so ..." dico vaga.
Nel frattempo tutti i ragazzi del distretto si sono messi in ordine impeccabile, in attesa.
Quando il silenzio è l'unico suono udibile sul palco sale una donna alta, magrissima, con un vestito oro fino a metà coscia, l'immancabile parrucca cosparsa di glitter luccicante e un cappello pieno di perle e altre pietre. Il tutto è molto fuori luogo.
Tiffany. Così si chiama la donna di Capitol City. Un nome che può andar bene solo per una di lì.
"Buongiorno a tutti ...ragazze e ragazzi benvenuti alla mietitura del 72esimi Hunger Games !!!" urla e tutti iniziano a applaudire mentre le mani di Tiffany sono in alto, verso il cielo. Quando le abbassa il silenzio ritorna a regnare.
"Io sono Tiffany e come ogni anno terrò la mietitura" continua sorridendo.
Io la vedo un po' come un angelo della morte. Sotto i tanti strati di trucco deve nascondersi una donna molto bella e raffinata come un angelo. E ogni anno viene a scegliere due di noi per portarli nell'arena, dove li aspetta la morte.
Un angelo della morte appunto.
Sta ancora parlando ma io sono assorta nei miei pensieri e vengo riportata alla realtà dal video che ogni anno ci mostra "l'utilità" degli Hunger Games.
Penso che il presidente Snow sia un uomo crudele e malvagio. Sotto quei vestiti candidi e quel volto ci sta un mostro.
Il video finisce e Tiffany ricomincia a parlare:
"Ora che il video è finito possiamo passare a sorteggiare i due fortunati giovani che quest'anno andranno all'arena ...come insegnano le buone maniere, prima le ragazze" dice e cammina verso il grande contenitore di vetro mentre il rumore dei suoi tacchi è l'unico suono che accompagna il battito sempre più forte del mio cuore.
La sua mano piena di anelli si cala nella boccia e come se sapesse cosa cercare guarda i biglietti con faccia pensierosa e ne prende uno sorridendo.
Ritorna al centro del palco e si avvicina al microfono mentre alza il bigliettino mostrandolo, ancora chiuso.
"La fortunata ragazza che parteciperà ai giochi è ..."
Segue un attimo di silenzio mentre lei traffica con il biglietto e lo apre.
Lo legge e poi lo gira verso di noi.
Da qui non si vede ma lei non si attarda a dire ...
"Amber Rosewood"