La morte non fa paura

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L'idea di morire non fa paura.

Non fa quasi mai paura.

Alla fine, è come addormentarsi. In fondo, nemmeno te ne accorgi.

Si tratta di un processo naturale, del semplice corso della vita.

Perché, in fondo, riceviamo tutti una sentenza di morte nel giorno della nostra nascita, dal primo spiraglio di luce che i nostri occhi vedono.

Eppure, quando ci ritroviamo vicino a questo evento inevitabile, quando esso ci colpisce da vicino, portandosi via chi amiamo, rimaniamo lì inermi a domandarci il motivo per il quale sia successo.

La morte è quasi sempre ingiusta, del resto.

L'intera esistenza umana, a volte, pare esserlo.

Delle volte viene da domandarsi perché continuare a vivere, se a tutto c'è una fine?

E la risposta non c'è.

Nessuno è mai stato in grado di formularla.

La morte è onnipresente.

Ogni giorno da qualche parte del mondo qualcuno si spegne - centinaia e centinaia di persone - ed è assurdo pensare come ogni cosa vada avanti, incurante di tutti quei respiri spezzati, di quei cuori che hanno smesso di battere.

Di esistenze che sono divenute niente.

Quindi, che senso ha?

Non fa paura la morte.

Fa paura quello che c'è dopo.

Fa paura il buio eterno.

Fa paura la consapevolezza di essere dimenticati prima o poi e di non aver lasciato nemmeno un segno.

Fa paura sparire e atterrisce la certezza che le nostre ceneri le porti via il vento troppo velocemente.

Ancor prima che qualcuno possa pronunciare il nostro nome per un'ultima volta.





Fase 1 - Negazione:
La perdita di una persona cara causa uno shock emotivo e fisico, che porta ad ignorare un simile evento. Si è consapevoli dell'accaduto, ma esso diviene impossibile da accettare.


«Manuel, vuoi - vuoi metterla la cravatta?».

La voce di Anita rimbomba in quella stanza mezza vuota. C'è soltanto un letto e un armadio a tre ante di legno color nocciola.

Dovevano finire di arredarla.

La donna è in piedi, con quel pezzo di stoffa nera in mano. Sbilancia il peso del corpo da un piede all'altro, scrutando la figura del figlio, seduto sul bordo del letto perfettamente sistemato e rimboccato, con un piumone beige.

Manuel è immobile da quelle che sono ore. O forse sono minuti o una manciata di secondi.

Non ne ha idea. Ha smesso di scandire il tempo o esso si è semplicemente bloccato da quando è successo.

Che è successo?

«Manuel?» la donna tenta ancora di richiamare l'attenzione del ragazzo, con nulli risultati. Muove qualche passo lento nella sua direzione, fino a che non gli può sedere accanto. Posa un palmo sulla sua coscia. «La mettiamo la cravatta?».

La domanda che viene ripetuta lui non la sente.

È buffo perché da quando é successo, la realtà si è fatta improvvisamente silenziosa. Ogni cosa ha cessato di far rumore.

The five stages of griefDove le storie prendono vita. Scoprilo ora