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Avevo questa storia nelle bozze da un pochino, e non ho mai trovato il "coraggio" di pubblicarla. Però, ragionando, mi dispiaceva che il lavoro di due notti insonni non vedesse la luce del giorno. Così eccomi qua, a mostrarvi questo ammasso di parole partorite dalla mia, non proprio sana, testolina :D 

Spero che il frutto della mia fantasia vi possa piacere! 

P.s. :  se eventuali errori che non ho scorto vi saltano all'occhio potete pure farmelo notare. 

P.p.s : non sono romana e il dialetto non lo so, quindi perdonatemi se nella parlata di Manuel manca questo particolare, o non viene espresso al meglio :c





Se a Simone venisse chiesto una singola parola per descrivere Manuel, senza pensarci troppo, risponderebbe con tono sicuro: fuoco.

Perché questo è Manuel: una favilla che raramente s'affievolisce, un vulcano che scoppia al minimo sguardo, al più piccolo dei contatti, facendo volare lapilli da tutte le parti e ferire chi o cosa ha attorno in quell'attimo.

Una fiamma che s'intensifica dal nulla, capace di espandersi anche senza un venticello che l'alimenti, correndo veloce e ardendo con una bramosia quasi inaudita, mai vista prima.

Un fenomeno naturale e, proprio per questo motivo, disastroso, irruento, che frana sulle altre persone cancellandone ricordi, gioie, dolori; questo è il destino che capita a chi si trova nelle sue vicinanze al momento dello scoppio, colpiti e pietrificati al proprio posto fino a che il mare di calore non si ritira, permettendoli una fuga immediata, il più lontano possibile da quella cosa.

Per i più fortunati, se così si possono definire, la sorte ha riservato un altro futuro: vedere da lontano quel cataclisma, assistere a quella calamità senza poter far niente per fermarla, costretti a guardare da lontano, solamente avendo il privilegio di non essere stati distrutti nell'avvenimento, per poi tornare: un passo dopo l'altro, sempre molto cautamente, per evitare un successivo rigetto di scintille; la cenere che sporcava le suole delle loro scarpe, in punta di piedi per non rompere l'assordante silenzio che era calato, con le orecchie sempre all'erta pronti a fuggire di nuovo al minimo rumore che, in quella angosciante quiete, poteva presagire un'evento simile.

Questo, per le altre persone, era l'estenuante descrizione della parola fuoco usata per dipingere quel ragazzo, visto da tutti, e da sempre, come la persona da cui stare a mezzo passo di distanza, colui da cui non bisogna aspettarsi niente perché è troppo imprevedibile, troppo fuori dagli schemi.

Da tutti, ma non da Simone.

Per lui il fuoco di cui parla quando accenna al suo ragazzo era un concetto totalmente diverso da quello che aveva spesso sentito dire, e quante volte si era scottato brutalmente con le sue fiamme: quando si trovavano a litigare, la voce alta per ridurre la distanza emotiva che si erano presi e i piedi puntati al pavimento per non accennare nemmeno un passo verso la figura fisica dell'altro. Entrambi troppo impegnati a urlarsi contro le peggio offese, mirando a colpire e intaccare l'anima dell'altro ragazzo: anime che, non molto dopo, si sarebbero intrecciate fino a formarne una sola, stringendosi strette come i corpi dei due ragazzi dopo che l'atto finale li pervadeva entrambi.

E' il fuoco della passione, quella che è sempre stata dentro di lui e che, forse per mancanza di coraggio, non aveva fatto uscire allo scoperto così spesso.

E' il fuoco che vede nei suoi occhi quando lo trova a parlare con Dante di filosofia e di filosofi, smontando e ricostruendo a modo loro teorie di innumerevoli anni fa, spaziando tra Kant, passando per Nietzsche e finendo con Schopenhauer.

E' la superficie bollente della sua pelle, calda anche il ventidue di dicembre, sopra cui le dita di Simone si divertono a disegnare linee e curve senza un rigore logico, giusto per il gusto di farlo.

Come il fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora