1. Rose bianche, pasta, parco

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Avevo finalmente trovato il coraggio di chiedere a Mattia di uscire. Avevo avuto una cotta per lui sin dalla prima superiore e avevo trovato nel suo coming out l'occasione perfetta per invitarlo fuori a cena.
Era il nostro primo appuntamento e avevo comprato delle rose bianche, che erano simbolo di purezza, e che mi ricordavano così tanto lui. Le appoggiai sui sedili posteriori, mentre accesi la macchina per dirigermi verso casa sua.

Accostai davanti alla sua abitazione, una graziosa villetta con un giardino perfettamente curato. Suonai il campanello e aspettai che uscisse.

Era bellissimo con quegli occhi azzurri così luminosi e quei boccoli biondi che sembravano morbidissimi. Gli aprii la portiera della macchina e lui mi rivolse un sorriso a trentadue denti prima di accomodarsi all'interno della vettura. Feci il giro prendendo tra le mani il mazzo di rose, per poi tentennare un po' prima di salire sul posto del guidatore. E se fosse troppo sdolcinato per un primo appuntamento? E se non gli fossero piaciute? E se avesse interpretato quest'uscita per fare una semplice conoscenza?

Misi da parte le paranoie e salii, ricordandomi mentalmente che dovevo godermi la serata che desideravo da anni. Mi sedetti e poi lo guardai, pensando ancora una volta che fosse bellissimo. Gli porsi le rose arrossendo.
«Queste sono per te.» Gli dissi poi, abbastanza imbarazzato. Lui le prese e le guardò sorridendo, per poi guardare me.
«Grazie mille, sono stupende.» Mi disse, e tra l'imbarazzo generale misi in moto la macchina, per recarci al ristorante che avevo prenotato.

Era un posto molto carino in riva ad un fiume, contornato da un giardino ben curato. Proprio per questo, e anche per avere più privacy, avevo prenotato un tavolo all'esterno. Il cameriere ci condusse fino lì, per poi darci il menù e congedarsi. Mattia si guardava attorno con aria sognante.
«È bellissimo qua.» Mi disse ad un certo punto, quando finì di scrutare l'ambiente.
«Già, è proprio per questo che ho scelto questo ristorante. L'atmosfera è magica.»
Lui mi fece un cenno d'assenso, per mostrarmi che era d'accordo con ciò che avevo detto. Fummo interrotti dal cameriere.
«Allora ragazzi, avete deciso?»
Noi ci guardammo, consapevoli di non aver nemmeno toccato il menù.
«Per me una pasta allo scoglio.» Dissi io, e lui mi imitò.
«Anche per me, grazie.» Disse infatti.

Appena il cameriere finì di prendere le ordinazioni e se ne andò, noi ricominciammo a parlare. Ci raccontammo i nostri sogni, le paure, le speranze. Parlammo letteralmente di tutto e di più, anche mentre mangiammo. La sua compagnia era piacevole, non mi ero mai trovato così bene con una persona a primo impatto.

Il cameriere tornò per chiedere se volessimo il dolce, e di comune accordo decidemmo di prendere una porzione di tiramisù in due.
In cerca di più contatto appoggiai la mano sul tavolo, in una tacita richiesta a Mattia di avvicinare la sua. Lui capì subito, e intrecciammo le mani insieme, mentre ci guardavamo sorridendo.

Quel ragazzo, in quelle poche ore che eravamo stati insieme mi aveva capito, aveva già intuito le tacite richieste che gli facevo, troppo timido per esplicitarle. Nessuno mai lo aveva fatto, tutti mi chiedevano di parlare, di spiegare cosa volessi, mentre lui non lo aveva fatto, anzi.

Arrivò il dolce e per il primo assaggio ci imboccammo reciprocamente.
Finita la cena chiesi il conto, che pagai io nonostante la richiesta del ragazzo di fare a metà, che rifiutai espressamente.
Uscimmo dal ristorante e decidemmo di fare una passeggiata. Era davvero una bella serata: c'era un magnifico paesaggio tutt'intorno, si vedevano le stelle nel cielo e l'atmosfera era rilassante. Per non parlare della compagnia: il ragazzo che mi era sempre piaciuto stava uscendo con me. Sembrava un sogno.

Delicatamente gli presi la mano e dopo qualche metro di camminata ci sedemmo su una panchina in un parco.
Parlammo davvero molto quella sera, e io mi innamorai della sua voce e del luccichio che i suoi occhi emettevano quando parlava di qualcosa che gli piaceva.

Ad un certo punto incominciai ad accarezzargli il dorso della mano con le dita e lui mi guardò, per poi avvicinarsi di più a me, fino a quando le nostre gambe non entrarono in contatto.
A quel punto ero accecato dalla voglia di baciarlo. Quelle labbra carnose mi invitavano tremendamente a farlo, ma dovevo mantenere il mio autocontrollo: non sapevo se a lui sarebbe andato bene. Quindi appoggiai timidamente una mano sulla sua coscia, mentre con l'altra continuavo ad accarezzare la sua, per poter vedere la sua reazione e capire se mi avrebbe respinto o meno.
Lo guardai negli occhi, per poi guardare le sue labbra e ancora una volta, lui mi capì. Fece un cenno d'assenso col capo, permettendomi di fare ciò che gli stavo chiedendo. E infatti, senza esitare ulteriormente, poggiai le labbra sulle sue, dando vita ad un dolce bacio che durò qualche minuto, prima che ci staccassimo. Lui mi guardò sorridendo e io gli diedi un bacio sulla fronte. A quel contatto lui arrossì e io decisi che se ne avessi avuto l'occasione in futuro, l'avrei fatto arrossire ancora un miliardo di volte.

Visto che si era fatta una certa ora, ritornammo alla macchina, per poi partire.
Appena accostai davanti a casa sua, lui parlò.

«Sono stato davvero bene stasera, grazie per tutto.» Mi disse, con la solarità che lo contraddistingueva.
«Sono stato molto bene anche io.» Gli risposi, avvicinandomi timidamente per poi stampargli un dolce bacio sulle labbra.
«Ci vediamo.» Aggiunsi, prima che scendesse dalla macchina.
Lui, dal suo vialetto mi fece "ciao" con la mano, con il viso coperto dall'enorme mazzo di rose che gli avevo regalato.

Rose bianche [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora