Roma

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Era stato tutto molto veloce. Gabriele era stato appena chiamato per la cena, ed io, animata da quella strana euforia e certa che non sarebbe rientrato prima di mezz'ora, ero entrata per il solito giro in camera sua. E nonostante non fosse cambiato nulla dal giorno precedente, la trovai più accogliente e mi sentii meno fuori posto. Ma nel momento stesso in cui mi rilassai e iniziai a guardarmi attorno, sentii la maniglia della stanza abbassarsi e il ragazzo urlare verso le scale che sentiva freddo e prendevauna felpa. Io non riflettei, lasciai le redini al mio istinto, e il mio istinto ovviamente si scordò all'istante di tutto quello che avevo imparato in quel poco tempo a Roma. Per citare un dettaglio fra le tante cose che in quel momento ignorai ci fu il fatto che lì non sapevano volare. Così sfrecciai veloccisima verso la porta spalancata, puntando verso il punto più in alto del cielo che riuscissi a immaginare. E anche se quando la porta si aprì io stavo già fuori diretta verso la stella più lontana, sentii il suo sguardo posarsi sul riflesso sfocato delle mie scarpe. Fu per un secondo, un millesimo di secondo anzi, che non mi vide, ma bastò a farmi prendere un accidente e probabilmente a farlo raggellare, e mentre mi allontavo saettando sentii l'eco della sua porta finestra, per la prima volta, chiudersi.

Una cosa che mi piaceva molto di quella città erano le rovine. Certo, non avevo ben chiara la differenza fra nuovo e antico, a Gaia il presente era semplicemente la netta continuazione del passato e non rimanevano tracce della sua evoluzione, ma non ci misi molto a capire che quegli strani edifici diroccati appartenevano ad un tempo diverso. Inoltre prima di mandarmi lì mi avevano dato qualche base su come si vivesse e su cosa mi sarei trovata di fronte (insegnandomi anche la lingua fra l'altro), perciò una volta visti di persona avevo soltanto dovuto collegare teoria e prassi. Avevo perfino letto qualche cartello per turisti di vari monumenti! Mi affascinava molto questo aspetto di quella società, questa possibilità di tornare indietro nel tempo, del tutto nuova per me. Così, più cauta che con Gabriele, avevo preso l'abitudine di esplorare le rovine volando, ovviamente di sera quando tutto diveniva più relativo. Mi piaceva molto, quei luoghi mi calmavano quando la nostalgia si faceva più acuta e mi aiutavano a riflettere su quello che avrei dovuto fare in futuro.

Così in quella tiepida serata di inizio ottobre, dopo aver passato ore a sfrecciare nel cielo cercando di bruciare l'adrenalina e rifiutandomi di ascoltare i numerosi pensieri, mi diressi dove mai avevo osato spingermi: il Colosseo, la più affascinante di tutte le rovine. E proprio a causa di questo fascino, con la sua mole e la sua solennità, avevo avuto timore ad avvicinarmi, oltre al fatto che fino a fine settembre era stato aperto perfino di notte. Ma quella sera era perfetta, le ombre erano scure al punto giusto e l'anfiteatro era chiuso al pubblico. Così iniziai a rallentare delicatamente fino a planare verso una delle arcate più alte.

Sicuramente quel piccolo dettaglio non ha fatto capire nulla a Gabriele, e non sono fra l'altro nemmeno certissima che mi abbia visto. Probabilmente l'avrà stranito parecchio, ma comunque, per quanto siamo diversi come società, il meccanismo che regola la nostra psicologia è lo stesso, e prevede che per un fatto che non si riesce a spiegare entri subito in gioco la negazione, ovvero il cervello rinnega quel che ha appena registrato."Me lo sarò immaginato" avrà sicuramente pensato. 

Atterrai sul marmo fresco e mi nascosi dietro un pilastro, sentivo delle voci in lontananza, ma il monumento era deserto all'interno. Devo ammettere che era ancora più bello da vicino, ma al buio risultava un po' inquietante. Iniziai a volare raso terra, sfiorando la saggia pietra con le dita e pensando a quante volte nel corso del tempo era stata toccata.

Certo, nonostante non sia successo nulla, dovo stare pià attenta: d'ora in poi limiterò l'orario delle visite e non entrerò in camera, in fondo so gia abbastanza di lui da poter fare un approccio diretto. Ed era proprio su questo che devo concentrarmi.

Lentamente mi calmai, ma continuai a volare per molto tempo, godendo della luna e del fascino delle cose perdute. E devo ammetterlo, quando mi allontanai svogliata da quel posto magico, mi sentii vuota. Ci sarei tornata, su questo non c'erano dubbi e chissà, magari la prossima volta non sarei stata sola.

Sulle ali del DestinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora