ANDREW
Quattro anni prima
Mi chiudo la porta sul retro alle spalle e mi lascio scivolare lungo il muro in pietra. Mentre una strana morsa mi attorciglia ogni singolo organo che ho in corpo, non posso fare a meno di lanciare uno sguardo attraverso le finestre super lucidate e scintillanti del salone.
I miei genitori sono proprio lì, impeccabili nei loro vestiti casual per stare in casa ma che in realtà di comodo hanno ben poco. Se qualcuno li guardasse ora, proprio come sto facendo io, non potrebbe fare a meno di notare come sembrino essere pronti per andare a prendere un tè dalla regina d'Inghilterra.
Ma visto che quel qualcuno sono solo io, posso assicurare che no, non hanno nessun invito al Palazzo Reale che possa giustificare la perfezione che trasudano da ogni fibra della loro persona.
È che, molto più semplicemente, nella mia famiglia siamo cresciuti come se avessimo la costante paura di dover ricevere degli ospiti indesiderati. E così non smettiamo mai di essere impeccabili e perfetti.
Ma in realtà é tutta apparenza, rifletto nascosto dietro la finestra mentre non posso fare a meno di studiare i miei genitori. Ora che non sanno di essere osservati e pensano di essere soli, invece di lasciarsi andare e rilassarsi, se possibile sono ancora più rigidi del solito.
E soprattutto, sono sempre più lontani. Ho cominciato a notarlo poco prima dell'estate, quando ho iniziato a guardare con curiosità sempre più invadente i genitori dei miei amici.
Per ogni bacio o carezza che gli altri si davano, i miei mettevano un centimetro in più a separarli. Prima un passo, poi un altro e così via, fino a quando si sono trovati a camminare ai poli opposti della loro esistenza senza neanche rendersene conto.
È come se, col passare del tempo, avessero continuato a stare insieme per inerzia. E così io ho perso il conto delle volte in cui, a fare da sottofondo ai nostri pasti, c'era solo il rumore delle posate.
Dovresti essere contento, non fanno che dirmi i miei compagni. Tuo padre ha finanziato la squadra, adesso il centro sportivo non deve più chiudere e possiamo continuare a giocare.
Sarai fiero di tua madre, aggiungono le professoresse. La sua iniziativa di beneficenza per quei bambini dall'altra parte del fiume è stata la più finanziata.
Poi però la porta di casa si chiude alle loro spalle e tornano a essere due estranei, tenuti insieme solo da due figli che cominciano a farsi domande senza mai avere risposte.
Con un sospiro mi rendo conto che, da quando mi è arrivata quella telefonata, i miei pensieri non hanno fatto altro che virare sempre di più verso il punto più estremo del "depressometro". Così scrollo le spalle e mi allontano definitivamente dal perfetto quadretto familiare che i miei genitori mettono su ogni giorno della loro vita.
Mi lascio cadere con un tonfo su una delle altalene che abbiamo in giardino. Ovviamente, non posso fare a meno di aggiungere mentalmente: nel giardino della famiglia perfetta non possono proprio mancare due altalene da far invidia ai bambini di tutto il vicinato.
A mia discolpa, per giustificare almeno un po' l'umore funereo che mi sto ormai trascinando dietro da un po', posso solo dire che avere tredici anni è tutt'altro che semplice per la maggior parte del tempo.
Sì, insomma, ho tredici anni solo da due settimane e mi sembra di aver ricevuto un biglietto di sola andata per l'inferno. Ma soprattutto: perché parlare con le ragazze è diventato improvvisamente così difficile?
STAI LEGGENDO
Tutto per un bacio
RomanceProssimamente in arrivo con una CE Charlie ha diciassette anni, due papà e un'unica grande prerogativa: è assolutamente nella media. Non eccelle negli sport né ha voti da far impallidire. Non è la ragazza che fa girare tutti quando passa nei corrido...