M'ama, Non m'ama
continuavo a dire
sperando che tu
potessi diventare reale
per vivere
quel tanto desiderato amore.Bellis era sempre stata affascinata dal mondo degli uomini, lei figlia del Dio Belus, e che di nascosto andava in quella piazza nel borgo di Ninfa a cantare di mitiche storie d'amore. E fato volle che un giorno incontrò lo sguardo mesto del giovane Florio, rimanendo incantata dal verde menta dei suoi occhi, che le ricordavano della sua radura natia. In lui aveva visto un cuore gentile e ferito, che aveva bisogno d'amore. Per questo intonava i canti più soavi, affinché il suo cuore potesse trovare calore.
E finì lei stessa per innamorarsi di un giovane che sapeva sarebbe stato difficile amare, ma al quale non volle rinunciare. E così per lui continuò a cantare, tutti i giorni a venire da quello dello sguardo galeotto.
Non sapeva che ogni dì Florio andava in quella piazza, e prima che Bellis iniziasse a cantare le lasciava un fiore bianco, come la pelle della giovane. Lei lo coglieva e dolcemente adornava la sua chioma dorata, e poi lasciava la sua voce volare. Florio da lontano la mirava, sentendosi ogni volta sempre più affascinato dall'eterea bellezza della Ninfa. La sera tornava a casa, guardava la luna e le chiedeva Come posso amare un fiore di tale bellezza? Io che non ho mai saputo dare al mio cuore una certezza? Poi, chiudeva le sue pesanti palpebre e Morfeo lo faceva addormentare con un tormento che gli faceva battere il cuore.
E poi il giorno benedetto da Eros arrivò, perchè Bellis anziché fuggire raggiunse il giovane Florio. Gli prese una mano ed entrambi sentirono le farfalle volare nel loro addome. Delicatamente gli mise un fiore tra i capelli, bianco, come quello che le aveva donato quel giorno.
Florio, vieni con me nel giardino di Ninfa a passeggiare. Domani, sotto il ciliegio perennemente in fiore, io ti aspetterò. E prima di ritirarsi gli diede un dolce bacio vellutato, su quella guancia che la vita gli aveva indurito a suon di schiaffi. Poi la bella giovane se ne andò svanendo tra la folla, lasciando lui attonito in quel luogo dove nel silenzio, le canzoni li avevano fatti innamorare.
"M'ama!" urlò di gioia il giovane all'improvviso, sfiorando quella guancia abbellita da un bacio così puro e delicato, poiché sapeva che il suo amore era ricambiato.
Quella sera tornò a casa, si sdraiò sul suo letto e Morfeo lo fece addormentare con la luce dell'amore nel cuore. Le palpebre finalmente si chiusero leggere, non più tormentate dalla paura.
Per l'eccitazione Florio all'alba era già sotto il ciliegio, con lo stomaco chiuso per i battiti veloci del cuore. Il sole doveva ancora spuntare e lui, che aveva camminato per giungere al giardino, si addormentò su una delle radici del grande albero lasciando che i petali rosa dei fiori gli accarezzassero il viso. Ben presto il sole si levò alto nel cielo, e il dolce profumo di rose e lavanda svegliò il ragazzo, che si trovò davanti il tenero sorriso di Bellis la quale si era sdraiata accanto a lui. Florio si scusò balbettando, per paura di aver fatto una brutta figura, ma lei gli accarezzò i capelli corvini per rassicurarlo. Mio giovane Florio, con me non ti devi scusare.
E dopo un silenzio che aveva fatto incontrare le loro anime, lui la baciò, suggellando il loro amore.
I due passarono il pomeriggio a camminare accanto al fiume, fino a quando Belis non dovette rientrare, promettendo a Florio un altro incontro. E non sarebbe stato l'ultimo.Per mesi, i due si videro di nascosto donandosi l'uno all'altra facendo l'amore. Ma un giorno, nella prima settimana della primavera, Bellis uscì da sola con le altre ninfe, che gioiose alla notizia del suo fidanzamento decisero di celebrare. Il tramonto e le lucciole brillavano più del solito. Il lago di ninfa era uno specchio cristallino, mentre le giovani danzavano accompagnate da dolci e allegre melodie. Un dipinto meraviglioso che però celava un terribile presagio nello sfondo, sfocato e tenebroso.
Tra i cespugli di more, si nascondeva Vertumno, il dio dei boschi e delle stagioni che da anni guardava la ninfa dalla splendida voce con il desiderio di possederla. Quando seppe che avrebbe sposato un vile essere umano, andò su tutte le furie, perché una ninfa come lei non poteva amare un mortale. Venne posseduto da una rabbia tale da condurlo a tramare un piano nefasto per un inverno intero. E quella sera, attese il calare della notte, quando i grilli e le cicale facevano abbastanza rumore, per cogliere le giovani quando ormai erano troppo stanche per potersi difendere. Bellis si stava per addormentare, quando i servi del Dio la rapirono mettendole un cappio al collo. E come da piano, le ninfe non poterono fare nulla perché esauste e spaventate. Provarono invano a trattenerla, aggrappandosi alle tee vesti della giovane, che purtroppo si strapparono, lasciando un pezzo in mano alle amiche.
Bellis sparì nel buio dei rovi, stretta tra le grinfie di misteriose creature. Le ninfe piansero disperate per ore, prima di tornare a palazzo e avvertire il Dio Belus dell'accaduto. Ma Selene aveva visto tutto, dall'alto del cielo, e nel silenzio di quella notte buia aveva già deciso cosa fare.
A mezzanotte si diresse a casa di Florio, che stava guardando le stelle mentre disegnava un ritratto della sua amata, immaginando la loro vita insieme. Scese dal cielo in quelle sue vesti candide e argentee, facendo sobbalzare il povero innamorato che cadde sul pavimento della sua stanza. Incredulo si stropicciò gli occhi, capendo che non era un sogno.
Mio giovane Florio, tu che mi hai pregato notti intere, cercando il modo migliore per amare una ninfa che aveva già scelto di donare a te il suo cuore. Non sai quanto mi duole doverti dire di questo gesto meschino che il destino ha voluto tirare. Disse la Dea con uno sguardo addolorato. Gli sfiorò il viso facendolo alzare da terra.
Oh mio Florio, la tua Bellis è stata rapita da un Dio che ha dimostrato ancora una volta che l'amore rende tutti umani. Nel bene, e nel male. Vertumno, colui che governa le stagioni e i boschi. Questo è il suo nome... Ti prego, mio piccolo uomo: vai a salvare Bellis prima che suo padre, il Dio Belus, scateni una guerra. Se andrai sotto la quercia più anziana del giardino, lo troverai. Ma ti devo avvertire, ci sarà una battaglia dura e sanguinosa se deciderai di andare. Per questo ti lascio questo pugnale, so che lo saprai usare. Concluse il suo avvertimento, lasciandogli un bacio d'incoraggiamento sulla fronte. Poi svanì di nuovo nel profondo blu della notte.
Il cuore di Florio si contorse dal dolore, mentre lo stomaco lanciava forti fitte dalla rabbia e i suoi respiri si facevano sempre più ansiosi. Il suo viso si corrugò d'ira, e per sbaglio rovescio un po' di vino sul ritratto della giovane che avrebbe dovuto sposare. Un cattivo presagio che non lo spaventava, bensì lo riempiva di determinazione.
Non dormì quella notte. Si sdraiò sul letto e fissò il soffitto pianificando il salvataggio del suo fiore.Ora sei mia! Ninfa, non scappare! Io ti rapirò cento volte ancora, fino a quando la tua voce non mi vorrai donare. Gridava Vertumno, mentre inseguiva Bellis che correva per i cunicoli bui della dimora del Dio, cercando di fuggire. Lei non avrebbe mai donato la sua purezza ad un cuore che conosceva solo un amore condizionato al proprio Ego.
Corse veloce. L'ossigeno era poco dentro il tronco di quell'albero, a stento la faceva respirare. Dopo minuti che sembravano secoli, giunse fuori. Provo ad allontanarsi il più possibile, ma Vertumno ordinò alla quercia di allungare le sue radici e intrappolarla, soffocandole una caviglia e facendola cadere a terra. Te l'ho detto che da me non puoi fuggire. La minacciò il Dio, sussurrando in modo viscido al viso stanco di Bellis. Sarai mia.
Florio, da lontano, aveva assistito a tutta quella scena. Quel giorno i suoi occhi erano rossi di rabbia, più della sera precedente. Impugnava il pugnale benedetto dalla Dea Selene, mentre con passo felpato si avvicinava. Provò ad attaccare Vertumno puntandogli il pugnale alla gola. Gli provocò solo un taglio che lo fece allontanare dalla giovane.
Il Dio allora gli si rigirò contro, colmo di collera. Sguainò anche lui una spada e l'alzo verso Florio.
Mortale, osi sfidare il Dio dei boschi? Sciocco. Preparati a dire addio al tuo fiore.
E iniziò uno scontro cruento, nel quale la divinità non cessò di usare ogni suo potere. Florio pur continuando ad accusare potenti e codardi colpi, rimase in piedi, usando la sua scaltrezza per ferire il più possibile il dio. Sanguinava da parecchie ferite, e per questo dopo l'ennesima sciabolata cadde a terra. Bellis piangeva e urlava dal dolore, mentre vedeva il suo fiore combattere con tale ardore. Vertumno, invece, udiva solo il desiderio che nutriva il suo ego e che gli stava facendo commettere un terribile omicidio.
Posò un piede sopra il petto del giovane umano, che non aveva più forze in corpo ormai. Quello scontro per il dio era un gioco, mentre per il giovane significava perdere quel tutto che aveva iniziato a dare un senso alla sua vita. Con un briciolo di forza, strinse il piede del Dio come sua ultima minaccia, mentre gemeva per il dolore.
Hai detto di essere un Dio. Eppure io vedo un umano, incapace di gestire le sue emozioni e che ha trasformato la mancanza d'amore in odio. Non potrai mai amare, fin quando la rabbia ti farà disprezzare la tua solitudine. Non potrai mai amare Bellis, che è una luce pura e gentile, mentre tu sei ancora pieno del tuo ego fin troppo vile. Sussurrò Florio con una voce spezzata e provata, che però scivolò sul Dio come acqua sulla cera di una candela.
Florio non aveva più forze. Il suo sangue aveva macchiato il prato e aveva raggiunto la povera Bellis, alla quale la rabbia del Dio aveva strappato la purezza. Era intrappolata tra le radici della quercia, quando Vertumno uccise il suo ragazzo dagli occhi menta. Il dolore fu talmente forte da farla liberare. Un grido straziante si levò quel giorno. Tutto il giardino di ninfa udì quella disperazione, mentre il Dio godeva di una mera vittoria.
Ella s'accasciò a terra. Il suo cuore si era spezzato. Una delle ultime lacrime scese sul prato, gridando: Non sarai mai amato, Vertumno.
Bellis chiuse gli occhi, ripensò al suo Florio e al fiore bianco che era solito regalarle. E con il dolore ancora inciso negli occhi, si trasformò proprio in quello: una margherita che nessuno avrebbe potuto cogliere. Vertumno smise di ridere, e invano si chinò a fermare questa metamorfosi d'amore. Si accasciò su quel piccolo fiore iniziando a piangere, lagnando un Perché non m'ama? Perché non m'ama?
Le risposte le aveva avute, ma ci sono Dei che non vogliono ascoltare e capire il vero significato dell'amore. Tanto quanto noi esseri umani, che oggi innocentemente giochiamo a m'ama, non m'ama, sperando che il nostro amore sia ricambiato.
STAI LEGGENDO
Se i fiori potessero parlare
RomanceCosa raccontetebbero i fiori, se potessero parlare? Quali storie si nascondono tra quei petali di ogni colore? Storie di amori impossibili, di amori spezzati, ma anche di quegli amori eterni che vivono ancora, in quelle parole che cercano di far vol...