14. Talk me.

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«Sbrigati non posso dedicarti molto tempo» «Il tempo per un caffè, non mi sembra chiedere molto» «Muoviamoci»
Si siede impaziente di ascoltarmi o di andarsene?!
«Rick» sussurro. «Vuoi muoverti?!»
La cameriera arriva a prendere le nostre ordinazioni.
Non ci posso credere, queste cameriere che ci provano con ogni maledetto cliente di sesso maschile sarebbero da licenziare seduta stante, sono odiose e lui ci sta pure. Da prendere a sprangate sui denti, entrambi.
«Cosa prendi tesoruccio?»
Oh mio Dio,vomito.
«Quello che vuoi tu?» le fa l'occhiolino.
Ti prego risparmiamelo.
«Mi sembri il tipo da cappuccino» gli si avvicina facendo ben notare le sue prosperità, ma questa volta ha sbagliato e lui non fa altro che una faccia leggermente schifata.
«Un the verde e- lo guardo intensamente prima di completare l'ordine- un caffè nero» finalmente si accorge della mia esistenza e con una smorfia prende nota, mentre un leggero sorriso compare sul volto di Riccardo.
«Ti prego non guardarle il fondoschiena con quegli occhi da maniaco» mi copro gli occhi con le mani, come fanno i bambini per non vedere il finale di Bambi.
«Solo invidia» sbuffa guardando il resto delle persone presenti in quel bar.
«Sei patetico. Ti accorgi di come ti stai comportando? Sono giorni che non parliamo più, che non mi guardi più negli occhi, che mi eviti» non ho ancora la sua attenzione.
«Riccardo!» sbraito sbattendo le mani sul tavolo ed alzandomi di scatto. Finalmente ho la sua attenzione e quella di tutti gli altri clienti e pure quella dei dipendenti.
«Io non so cosa ti ho fatto e..che stupida -porto una mano alla tempia- volevo farmi perdonare in qualche modo pensando fosse colpa mia, ma sai una cosa?! Tu ed i tuoi sbalzi d'umore potete pure andarvene a quel paese e non tornare!» mi rimetto la giacca ed esco in strada.
Mi dirigo al parco, non so dov'altro andare per smaltire tutta questa rabbia se non andando in un posto dove regna la tranquillità.
Dopo un'ora a calciare un indifeso sassolino calpestando svariate volte lo stesso terreno decido di tornare a casa.

Sto per inserire le chiavi nella serratura, ma la mia solita goffagine le fa cadere.
Che nervi.
Prima che mi possa piegare a recuperarle qualcun'altro lo fa per me, le sue mani mi cingono i fianchi tirandomi più vicino al suo petto. Ascolto il dolce sussurro delle sue labbra che articolano ogni sillaba:«Non farlo mai più»
E vorrei urlare, e vorrei ucciderlo, e vorrei fargli tanto male, ma riesco solo ad annuire. Mi porge un delicato bacio sulla guancia e rimanendo dietro di me apre la porta d'ingresso.
«Cosa ti è preso nelle ultime settimane?» chiedo entrando in casa.
«Niente»
«Fanculo»
Strabuzza gli occhi sorpreso della mia esclamazione poco femminile. «Cosa non dovrei più fare?» mi sento veramente rintronata quando gli porgo continue domande, anche se si tratta di cose che veramente non ho capito. Si avvicina. «Non devi mai più andartene mentre stiamo litigando» non mi lascia aprire bocca che risponde anche al quesito successivo:«Perché se ti succedesse qualcosa e l'ultima cosa che ti ho detto fosse una qualche strana maledizione non lo sopporterei» appoggia la sua fronte alla mia.
«Rick un po' ti ottimismo, non voglio morire a questa puerile età, non portare sfortuna» sorrido.
«Ok, scusa» ricambia il sorriso e vedo, riesco a vedere il colore dei suoi occhi caratterizzato costantemente da quella scintilla che pochi riescono a mantenere crescendo, quel luccichio che Peter Pan aveva paura di perdere. Mi guarda, sembra combattuto, poi appoggia le labbra sulla mia fronte, proprio tra le sopracciglia. Chiudo gli occhi, non voglio che niente possa rovinare questo momento, nemmeno una mosca. Rimaniamo così, fermi, nessuno si muove, lui con le labbra premute contro la mia fronte, con le mani intorno alla mia vita e le mie appogiate al suo petto.

Il tempo di tornare alla realtà e lo trovo già con la mano sulla maniglia della porta, già pronto ad andarsene.
«Cos'era, il bacio della morte?» chiedo, gira lentamente il volto e posso notare un leggero sorriso, ma decide di non rimanere: abbassa la maniglia ed esce, ed ora sono io a decidere di non fermarlo ancora.

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