CAPITOLO DUE

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Sentii bussare alla porta, cercai di aprire gli occhi ma appena incontrarono la luce del sole si richiusero in fretta. Mi sentivo stordita, come se fino ad ora avessi solo sognato tutta la mia vita, così cercai di aggrapparmi a ciò che ricordavo fosse reale. I miei genitori, Grace e l'ultima battaglia del campionato, alla mia affezionata spada cromata nera e al mio arco in legno con le piume di una vecchia aquila bianca attaccate sulla punta.
Cercai di sentire la sensazione di quando stringevo le mie armi fra le mani e il cuore iniziava a palpitare più rapidamente tamburellandomi nelle orecchie. Massima concentrazione.
Come se fossi appena resuscitata mi misi a sedere di scatto prendendo un lungo respiro, subito la mia mano si strinse a quella di una donna, mia madre. I suoi lunghi capelli biondi e i suoi occhi verdi, mi ricordavano quanto fossi fiera di assomigliare a lei, da sempre il mio esempio nella vita, la mia forza.
"Piccola mia, come ti senti?" chiese subito mio padre sedendosi accanto a me sul letto d'ospedale.
"Credo bene, è già passata la notte?" Istintivamente portai la mano sulla ferita e abbassai subito lo sguardo per la vergogna. Mia madre mi scostò i capelli lunghi dietro l'orecchio, fece scivolare la mano lungo la guancia e arrivata al mento mi fece alzare il volto, ma i miei occhi rimasero comunque bassi, "Ari, non importa, non devi sentirti imbarazzata con noi" Disse per farmi stare serena, "non sono imbarazzata, ma mortificata, vi ho delusi entrambi, mi sono distratta e..." venni interrotta dalla voce di mio padre. "Lilibeth cara, posso parlare da solo con nostra figlia?"
Mia madre mi sorrise e chinandosi baciò la guancia a suo marito prima di chiudersi la porta alle spalle. Sentendomi meno sotto pressione, abbracciai l'uomo che mi aveva insegnato tutto quello che so, la persona che ha sempre creduto in me, e ancora legati, mi sussurrò all'orecchio:"Ari, dimmi cosa ti ha detto ieri sera", subito sciolsi l'abbraccio, mi sentii pervadere da una paura primitiva, una creatura, un Fae mi aveva toccata, mi aveva parlato facendomi sentire il suo alito sulla pelle, mi portai la mano sul polso, come se potessi ancora sentire le sue unghie affilate sulla mia pelle, sentivo l'ansia assalirmi ma, cercai di calmarmi, era tutto vero, non lo avevo sognato. Garret, mio padre, notai che continuava a guardare negli angoli del soffitto, come se avesse paura che qualcuno potesse sentirci e vederci, "ieri sera?" chiesi fingendomi confusa sentendo ancora i brividi sul collo per quella sua domanda sussurrata, spaventata.
"Mi hanno informato i medici, dicevi di aver visto un fae, cosa ti ha detto?" percepii agitazione e rabbia nel suo tono, mi chiedevo se fosse solo apprensione per me, o per qualcos altro, i suoi occhi color nocciola stavano cercando di scavarmi dentro. Voleva informazioni.
"Nulla, non mi ricordo, i medici l'hanno vista? Forse l'ho solo sognato" -cercai di essere convincente - mio padre mi ha sempre insegnato a seguire l'istinto, e in questo momento mi stava dicendo che lui stava nascondendo qualcosa, "vista? Era una donna allora. Ari per favore, devi dirmelo se hai parlato con un fae" Potevo vedere le gocce di sudore scendergli dalla fronte quando passò la mano nel ciuffo castano.
Mi maledii per aver lasciato scappare un dettaglio che dava a pensare che l'avessi vista, non avrei dovuto usare il femminile; alla fine, era solo un mostro.
"Credo di non sentirmi bene, ho bisogno di andare in bagno", esordii prima di dargli una risposta sbagliata. "Lilibeth, entra per favore, accompagna Ari in bagno", mia madre aprii subito, come se fosse stata lì tutto il tempo ad origliare, "certo" Disse affrettandosi a porgermi il braccio come appoggio.
Mi chiusi la porta del bagno alle spalle e la guardai finalmente negli occhi, non potevo persuadere mio padre, ma forse con lei ci sarei riuscita, "dimmi cosa nasconde papà, perché mi chiede del Fae?" I suoi occhi verdi riflettevano nei miei, occhi gemelli, conoscevo bene quello sguardo spaventato, è lo stesso che fece tanti anni fa, quando sonnambula scomparsi nel bosco di Morketheim per essere ritrovata la mattina, distesa su un mucchio di foglie autunnali, da allora mamma chiude sempre la porta a chiave.
"Quindi lo hai visto davvero?", mi chiese accorciando la distanza che ci separava, era così vicina che potevo sentire il suo battito tamburellarmi nelle orecchie, o forse era il mio ad essere così veloce. Le presi le mani, "no, ma se fosse vero, perché papà è così preoccupato di saperlo?", bisbigliai per non farmi sentire, ogni camera aveva un bagno, sarei stata sospetta ad andare in quelli pubblici. "È solo spaventato che possa succederti qualcosa tesoro." Sentii la sua voce tremare e capii che anche lei mi stava mentendo. C'era uno strano odore nell'aria, cannella che mi bruciava le narici. Perché i miei genitori dovrebbero nascondermi qualcosa? No, non lo capii da quello, me lo sentivo dentro come se i miei sensi si fosse sviluppati, mi accorsi che ad ogni bugia un odore di cannella si propagava vicino a chi pronunciava le parole sbagliate, ma non sempre. Forse sto solo impazzendo, cosa mi sta succedendo?! La cosa certa è che non posso parlarne, con nessuno, sicuramente è colpa di quel Fae.
Sentimmo bussare alla nostra porta, "Signorina Gibson, appena ha finito la aspetto in camera per gli ultimi controlli, così poi la lasceremo uscire", mia madre, come per scappare dal mio interrogatorio, aprii subito la porta, "eccoci" esordì lei mentre mi accompagnava al lettino.
Chiesi ai miei genitori di uscire perché non volevo mi vedessero in ulteriore difficoltà, ma in realtà volevo solo parlare con il medico, mi ricordavo della sua pelle color miele, è stato lui a sedarmi. "Lei ha visto il Fae?" gli chiesi mentre mi stava provando la pressione.
"No, ma tu hai detto di averlo visto, questo me lo ricordo" disse guardandomi dritta negli occhi, "mi sono resa conto che in realtà mi ero solo appisolata, era solo un brutto sogno", cercai una confessione da fargli, ma se non potevo fidarmi nemmeno dei miei genitori, perché avrei dovuto raccontarlo a lui? Non capivo tutto quell'astio nei confronti di mio padre, ma era come se una voce mi urlasse in testa di non dire niente, di tenere la bocca chiusa, non controllavo più i miei pensieri. Quando il medico mi disse di non aver visto nessuno oltre a me, non sentii nessun odore bruciarmi le narici, suppongo quindi che sia stato sincero. Solo io e quel Fae eravamo sicuri di esserci visti. Forse è stata lei a provocarmi questo senso nuovo, il percepire le bugie.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 10, 2023 ⏰

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