Il mattino seguente mi svegliai di soprassalto ansimando e con il sudore sulla fronte: avevo sognato qualcosa di estremamente ansiogeno ma che in quel momento non riuscivo proprio a ricordare. Presi il telefono e controllai l'orario: le 7:53; mi alzai dal letto e passandomi una mano fra i lunghi capelli castani entrai in bagno. Mi guardai allo specchio: avevo il viso pallido e piccole goccioline di sudore rotolavano lungo le tempie, solleticandomi. Aprii meccanicamente il getto della doccia e mi spogliai lasciando il pigiama sul letto; lasciai che l'acqua bollente lavasse via tutto il sudore e l'ansia di qualche istante prima; quando la pelle era ormai rossa a causa della temperatura elevata uscii dalla doccia e mi asciugai i capelli
<Dove diavolo li ho messi?!> misi a repentaglio tutta la stanza in preda all'ira, non riuscivo a trovare i miei pantaloni di lino; nonostante il sole fosse rovente tirava un vento piuttosto fresco che sì, permetteva di non sudare, ma era fastidioso, perciò optai per dei pantaloni lunghi ma leggeri, se solo li avessi trovati!
Rimisi in ordine tutto il casino presente nella stanza e indossai una tuta grigia con una maglietta a maniche corte bianca e le air force. Recuperai il cellulare, le chiavi della camera e della macchina, le cuffie e mi diressi nel parcheggio
<Buongiorno signorina Wolff> mi sorrise Josette, la ragazza del bar
<Buongiorno, un caffè per favore> le sorrisi di rimando e mi accomodai su una delle poltroncine che ridavano sui box della Ferrari; alcune visioni del sogno della notte scorsa invasero la mia mente, tanto che distolsi lo sguardo e mi passai una mano sulla fronte, attirando l'attenzione della barista
<Ecco a te cara, tutto bene?> posò la tazzina con un biscottino sul tavolino dinanzi a me e mi scrutò con quei suoi occhi neri
<Sì, solo un giramento di testa> sorrisi guardandomi intorno sperando che ci credesse, e fu così, perché annuì e se ne andò; non avevo ancora ben chiaro il sogno che avevo fatto, sapevo solo che era spaventoso: Lewis che teneva in braccio El con gli occhi spalancati, papà con il viso corrucciato e io che non riuscivo ad aprire bocca; questo era quello che avevo visto, niente di più e niente di meno. Finito il caffè e mangiato il biscottino salutai Josette dirigendomi dal mio migliore amico
<Buongiorno Lew, ma che-> mi bloccai sulla soglia della porta del suo motorhome e fissai incredula mia figlia che sbaciucchiava amabilmente il pilota della Mercedes, che ricambiava le sue effusioni amorose!
<Non ti sembra un po' piccola per la tua età?> gliela tolsi di dosso e le scoccai un bacio sulla guancia destra cullandola un po'
<Andiamo Bella, è come se fosse mia nipote> disse alzandosi e venendomi incontro
<Mm, El è solo mia, sai che sono molto gelosa> strinsi a me la piccola aspirando il suo profumo, e un altra visione offuscò la mia mente: El che rideva e giocava lontano da me e io che volevo raggiungerla ma ero bloccata da delle persone che mi tenevano stretta; nemmeno quando chiamai il suo nome lei mi degnò di uno sguardo, era felice anche senza di me...
<Scusami> diedi la bambina a Lewis e corsi in bagno a vomitare, non perché stessi male, ma per la paura
<Grazie> ripresi El e prima ancora che Lewis potesse chiedermi qualcosa mi diressi a passi svelti all'esterno per prendere una boccata d'aria; poco più in là del ristorante trovai i box dell'AlphaTauri e senza stare troppo a guardare andai avanti, passando dinanzi ai box della McLaren e arrivando così di nuovo a quelli della Ferrari, dove andai a sbattere contro qualcuno
<Mi dispiace tanto, non ti ho vista> iniziò lui
<No scusami tu, ero distratta> risposi io alzando gli occhi sulla figura dinanzi me: due occhi brillanti catturarono immediatamente la mia attenzione; il ragazzo difronte a me era alto, snello e veramente affascinante; quando si chinò per raccogliere le chiavi dell'auto che avevo perso lo seguii in tutti i suoi movimenti, tanto che divenne leggermente rosso dall'imbarazzo e si grattò la nuca
<Ehm...scusami ancora> tossicchiò
<Tranquillo, è stata anche colpa mia> sorrisi e strinsi a me la piccola che si era avvicinata un po' troppo al ragazzo, che allungò una mano presentandosi
<Piacere, Charles> gliela strinsi di rimando e mi presentai anch'io
<Piacere mio, Isabella> mi guardò a lungo e si soffermò su El, guardando i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi capelli e la sua pelle, poi disse
<È tua figlia?> lo chiese con gentilezza, non con arroganza come la maggior parte delle persone
<Sì, come lo hai capito?> in effetti non riuscivo a spiegarmi come avesse fatto a dedurlo in così poco
<Ti somiglia molto> sorrise. Quel sorriso mi riportò alla mente l'unica persona che mi ero ripromessa di dimenticare, l'unica che non avrei mai voluto rincontrare, eppure erano così simili. Scacciai dalla mente tutti i cattivi pensieri e dopo essermi scusata di nuovo con Charles mi allontanai per tornare indietro, ma altre visioni invasero la mia mente facendomi tremare le ginocchia
<Bella, ti senti bene?> mio padre mi strinse saldamente a lui per non farmi cadere a terra e prese la bambina
<Sì, sto bene, perché continuate a chiedermelo
tutti?!> all'ennesima visione scoppiai, perché non riuscivo a ricordare per filo e per segno ciò che avevo sognato ma vedevo solo delle scene confuse e senza senso, diamine! Mi chiusi nel motorhome di Lewis con El e non uscii più, ero troppo agitata
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SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc
FanfictionIsabella, a soli diciannove anni, si ritrova a fare i conti con una situazione difficile. Su di lei gravano il giudizio altrui, il peso delle aspettative e la consapevolezza di non essere ciò che gli altri desideravano che fosse. Al suo fianco un...