Prologo

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Italia, correva l'anno 1938. In una piccola villa ai confini di Napoli, due nuovi occhi si stavano aprendo su un mondo che stava lentamente vorticando verso l'oblio. Sono gli occhi marroni di Chiara, figlia di un soldato tedesco che ha viaggiato fin laggiù in cerca di una bella vita e di una napoletana di nobile casata.
La loro vita scorreva serena e tranquilla fino a quando, nel 1940, le prime bombe iniziarono a piovere vicino al Vesuvio. La famiglia si rifugiò nel seminterrato ma, quando passavano dei veicoli con strane croci nere circondate di rosso e bianco, il padre di Chiara saltava fuori dal loro nascondiglio e correva a combattere, tornando sempre con del cibo.
La guerra infuriò per ben quattro anni buoni, e dopo l'armistizio la guerra in Italia era perlopiù una faccenda fra italiani e tedeschi. Tutto però prese una svolta, per Chiara, l'otto gennaio del '45.
Dei calci e degli ordini in una strana lingua tempestavano la porta del seminterrato. La madre strinse Chiara a sé, temendo il peggio. La porta in legno non resse a lungo e fecero irruzione sette soldati. Chiara li guardò: avevano delle uniformi meno scure e decorate di quella del padre. Dissero alle due di uscire, che ormai la guerra era giunta ad una sorta di equilibrio. Le due si guardarono: i soldati sorridevano e ispiravano fiducia. Decisero di uscire all'esterno, accerchiate dai soldati. Nel cielo, intanto, un bombardiere tedesco se la faceva da padrone. Il pilota guardò sotto di sé e vide una chiazza verde pistacchio, colore nemico. Senza pensarci due volte si lanciò in picchiata, sganciando l'ultima bomba rimastagli. Solo le orecchie più acute udirono il sibilio della bomba, quelle dei soldati, che fuggirono trascinando la madre di Chiara, che tuttavia non era riuscita a portare con sé la bambina. La bomba scoppiò a poche decine di metri da lei, ma era una bomba di basso calibro, e riuscì a cavarsela. Ma a caro prezzo...
***
Chiara aprì finalmente gli occhi dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre. Si trovava in un ambiente dalle pareti bianche, freddo, calmo. Era stesa in un letto del medesimo colore e, finalmente, focalizzò sullo sfondo due figure:quella alta, scura e slanciata del padre ed una molto simile, forse un po' più giovane, che dava l'aria di essere un medico. Non appena la notarono, corsero vicino al letto da lei. Il padre iniziò a parlare in un tedesco stretto: "oh, Chiara... Finalmente hai aperto gli occhi. Temevo non lo avresti fatto più..." Le accarezzò la guancia con la mano guantata. Chiara tentò di guardarsi le braccia, le sentiva bruciare, ma il padre le prese il mento e le fece distogliere lo sguardo. Scosse la testa, e Chiara non capiva. Disubbidendo, abbassò lo sguardo. Urlò a pieni polmoni:la sua pelle candida era bruciata come un osso secco nel deserto, arso dal fuoco della guerra che richiede sempre un caro prezzo. Non si sentiva più i capelli, e notò che glielo avevano tagliati, quasi a caschetto.
A seguito di quell'urlo, la porta cigolò e fece il suo ingresso la madre, che però si limitò a guardarla con un misto di disgusto e pietà. Poi uscì, il padre guardò la figlia, o ciò che ne rimaneva, e le sorrise dolcemente.
***
Passarono i giorni, fin quando, in uno di questi, il medico prese una siringa e s' avvicinò alla bambina. Anche lui parlava in un tedesco molto rude, duro, ma cercava di renderlo il più dolce possibile con scarsi risultati.
"Dovrai subire un intervento, giovane Chiara. Nelle tue condizioni attuali, la tua sopravvivenza non è garantita. Tutta la scienza tedesca è alla nostra mercé, faremo di tutto per salvarti."
Faremo di tutto per salvarti.
Detto questo, infilò la siringa sotto pelle, e la ragazza crollò.
***
Si risvegliò nella stessa stanza in cui, pochi giorni prima, aveva subito l'intervento. Al solito, ad accogliere il suo risveglio ci furono solo i due soldati. Entrambi sorrisero, e a Chiara venne spontaneo ricambiare.
"Sei bellissima, lo sai?" Disse il medico, porgendole uno specchio. Quando si guardò, Chiara esibì un sorriso da orecchio ad orecchio: la sua pelle bruciata aveva lasciato il posto ad una pelle bianca, quasi innaturale. I suoi capelli erano diventati corvini, e i suoi occhi, schiarendosi, avevano decisamente migliorato le prestazioni visive. Abbracciò entrambi, farfugliando un 'danke' convinto al medico, che rise. Poi corse fuori, verso la madre.
"Mamma! Mamma! Guardami!" Piroettò su sé stessa e guardò soddisfatta la madre. Peccato che lei non fece lo stesso. Anzi, per tutta risposta si alzò e se ne andò via, sbattendo la porta dietro di sé. Dapprima Chiara inclinò la testa con fare interrogativo, poi le prime lacrime iniziarono a scendere. In quel momento stava affogando in un mare di emozioni: dapprima felicità, poi rabbia, tristezza, delusione. Ma alla fine vinse la tristezza per aver deluso la madre, e le prime lacrime iniziarono a scendere dai suoi nuovi occhi. Il padre le mise le mani sulle spalle e guardò con astio la porta appena sbattuta da sua moglie.
"Puttana. Puttana che non sei altro." Sussurrò, quasi a sé stesso. Sull'uscio il medico guardava i due asciugandosi le mani con un panno.
"Arzt!"
Il medico lo fissò. La SS fece un segno col capo, e l'altro si precipitò dalla bambina e la portò con sé.
***
Da allora, tutta la vita di Chiara prese di velocità. Poco dopo quell'evento che aveva segnato una piccola ma indelebile crepa nel suo cuore, lei e il padre si trasferirono in Germania, e lei cambiò nome in Katrine Schneider. Riprese ad andare a scuola, e la vita continuò a scorrere. Era l'anno 1947. Tuttavia, il destino non aveva smesso di prendersi gioco di quella povera anima.
Di ritorno da scuola, in un giorno come tanti, mentre saliva le scale per tornare a casa, si ritrovò schiacciata fra quattro soldati. Riconobbe le uniformi chiare, e la rabbia montò. Due di loro presero a braccetto il padre e lo scortarono fuori.
"No!"
Si precipitò contro di loro, ma uno la prese da dietro e la tenne ferma.
"No! Fermi! È l'unica persona che mi vuole realmente bene!!!" Il soldato la guardò. Poi rispose, glaciale: "Potevi trovarti qualcosa di meglio di uno sporco nazista, non credi?" Lei si girò di scatto. Gli altri soldati erano già lontani. Lei osservò il padre. Sperava si girasse, cacciasse uno dei suoi sorrisi rassicuranti e dicesse 'va tutto bene', ma non successe. Lo chiamò, lui si girò, ma la guardò con occhi spenti, sconfitti, occhi non suoi.
È finita.
Il soldato la lasciò andare e lei cadde in ginocchio. Le lacrime smisero di uscire copiose, anche le ultime rimaste erano già sfociate dai suoi occhi.
"Non mi abbandonare..." sussurrò.
***
Il tempo passava e Katrine venne assegnata ad una coppia di tossicodipendenti. Come regalo per il suo tredicesimo compleanno, nel 1951, le lasciarono un biglietto sul frigo che diceva così: "Sei grande abbastanza, ormai. Cavatela da sola, non vogliamo mocciosi fra i piedi. Con affetto, mamma e papà." Katrine prese il biglietto e lo stracciò con violenza. Quei vili non erano degni di potersi chiamare genitori. Non avevano la minima idea di cosa aveva fatto suo padre, un vero padre, per lei. Fu allora che un'idea folle le balenò in mente. Un'idea talmente folle da poter funzionare. Ormai con le spalle economicamente scoperte, doveva trovare un lavoro. Ma di talenti non ne aveva. In compenso, era veloce ed abile, sia fisicamente che a nascondere le sue emozioni dietro una maschera di cemento. O almeno, quando era necessario farlo. Fu così che divenne una Mercenaria della Morte, una ragazza che si metteva al servizio di coloro che volevano una vendetta o, semplicemente, uccidere qualcuno. Era molto semplice: più la pagavano, più lei faceva esattamente ciò che volevano. Se desideravano una morte più cruenta, il prezzo saliva. Dato che non rivelava mai il suo nome, troppo rischioso, iniziò a dare la caccia ad un soprannome. Ne aveva sentiti parecchi, quasi tutti riferiti ai suoi occhi. Uno la colpì in particolare: "Drachenauge". "Occhi di Drago". Da allora, si sarebbe chiamata così.
Ed eccola lì, a saltare da un tetto all'altro col mantello al vento, killer che voltò le spalle al mondo intero per aiutare l'unico popolo che, al momento opportuno, ha saputo aiutare lei.

Spazio autrice
Salve popolo di wattpad! È la mia prima storia che scrivo, spero vi piaccia. Questo è un capitolo di prova, se volete che continui, ditemelo con un commentino o una stellina.
~Bye ♥

DrachenaugeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora